INTERVISTA – Dub Versus: la koinè mediterranea e l’individualismo anarchico sardo a La Controra

Servi disobbedienti alle leggi del branco – per dirla con De Andrè –, Giacomo Casti e Arrogalla sbarcano a Musicultura con serenità zen, la stessa che traspare durante la loro esibizione, in cui propongono grandi testi della letteratura internazionale mescolati alla bass music. Un esperimento unico nel suo genere, una porta aperta sulla comprensione profonda di poemi, canzoni e parole che oggi più che mai aderiscono alla realtà che circonda il mare: una strada, sì, ma troppo spesso un confine tra civiltà.

Il particolarismo isolano rende i sardi immuni alla gerarchie, alle mafie, a tutte quelle tendenze omologanti che spesso finiscono per livellare la nostra identità. E se da una parte questo li penalizza, dall’altra li salva.

Doppio appuntamento con Dub Versus a Musicultura: oltre che alla Controra, domani sera sarete ospiti all’Arena Sferisterio. Cosa avete in serbo per il pubblico?

Conosciamo Musicultura da anni già come Premio Recanati ed esserci arrivati è una bella possibilità, che può produrne di altre. Portare questi materiali in un contesto così consapevole ci riempie di felicità. Sul palco dello Sferisterio saremo in compagnia di Elena Ledda, la cantante più autorevole della musica popolare sarda sia colta che tradizionale, Massimo Lori, che è un pezzo di punk rock dell’isola e Gianmarco Diana, bassista dei Sikitikis, già vincitori del concorso.

Il mare è il vero concept, più o meno esplicito, del disco, che parla molto della Sardegna. Mare come identità, confine o ponte?

Per degli isolani è normale guardare al mare come una realtà con cui non puoi non fare i conti. Il mare ha un lato positivo e un lato negativo: per noi sardi, uomini mediterranei, significa un po’ isolamento. Oggi, poi, esso è la nuova Shoah, l’olocausto non esplicitato dei nostri tempi. La sfida è rendere il Mediterraneo, che storicamente è un crocevia di rapporti, quello che è sempre stato e non quello che sta diventando, cioè un enorme cimitero. Il nostro contributo di cittadini attivi è quello di andare in direzione ostinata e contraria rispetto a questa tendenza.

Come è nata l’idea del progetto, narrativo e musicale?

L’idea nasce un paio di anni fa dalla volontà di mettere assieme l’esperienza di Francesco, compositore e produttore di musica elettronica con un’attitudine dub legata a uno studio molto meditato sulla tradizione isolana, con la volontà di far suonare la parola poetica con tutte le lingue a nostra disposizione, ovvero italiano, sardo e inglese. Un piede è in quella tradizione che in Giamaica chiamano della dub poetry, mentre l’altro è inserito dentro formule più occidentali come lo spoken word inglese, quello che comunemente è chiamato reading: la parola è declinata in un contesto musicale che non ha paura di confrontarsi sia con la tradizione che con la sperimentazione. Da tutto questo, alcuni mesi fa è uscito Dub Versus, il biglietto da visita che ci ha permesso di finire in un contesto prestigioso come Musicultura.

In che modo si fa largo la sperimentazione musicale in Sardegna?

L’isola è musicalmente ricca, con un alto tasso di artisti e creativi. C’è una scena che va dal jazz alla musica classica, a quella elettronica e contemporanea fino all’hip hop e al rock. Siamo una terra di musicisti, un’isola felice piena di spazi possibilità e luoghi di incontro; c’è inoltre una grande volontà di collaborare. Questa sorta di isolamento che la Sardegna ha avuto ha generato una scena musicale variegata e originale: non siamo omologati ai modelli culturali dominanti italiani e europei, abbiamo sviluppato produzioni in lingua sarda, il che genera ragionamenti anche sul territorio, i paesaggi, fonte di continua ispirazione. La trasversalità ci piace, in un contesto pop inseriamo principi e modelli compositivi contemporanei, utilizzando paesaggi sonori e stratagemmi compositivi elettroacustici e lavorando quindi su più livelli di ascolto: uno legato alla voce e l’altro alla bass music, quella urbana. Una foresta di suoni, un substrato creato grazie all’ausilio di un grande compositore come Marcellino Garau, che ci ha accompagnato in questo progetto.