INTERVISTA – A La Controra di Musicultura, Michele Bovi svela la storia inedita della musica italiana

Ad inaugurare i pomeriggi de La Controra al Cortile del Palazzo Municipale è stato Michele Bovi, che ha raccontato le sue Note segrete: Eroi, spie e banditi della musica italiana; all’incontro, lo scrittore e giornalista ha ripercorso gli anni d’oro della storia della musica italiana, che si sono malauguratamente intrecciati con la criminalità organizzata e i servizi segreti dello nostro Stato.

Poco prima dell’evento, Bovi ha rilasciato un’intervista alla nostra redazione.

Da dove nasce l’idea di questo racconto?

Sono un giornalista e mi sono occupato di musica sempre attraverso dei percorsi paralleli, ma mai direttamente, come recensore di cantanti o giudice di talent. Poco tempo fa ho realizzato per Rai 1 cinque puntate di uno speciale che si chiamava “Segreti Pop”, trattando principalmente di due argomenti: i contatti con la criminalità e la monitorizzazione dei servizi di sicurezza sulla musica italiana; da questi special è nato poi un libro.

Rimanendo in tema, il suo è un libro puntuale e ricco di documenti inediti che presenta un nuovo universo musicale composto da note segrete: quanto è durata e come ha impostato la lavorazione di quest’opera, data la quantità di materiale che vi è all’interno?

Per il programma televisivo ho impiegato circa 3 mesi di lavoro e altri 12 mesi per perfezionare il libro che è inoltre molto illustrato e ricco di immagini inedite.

Molti sono i programmi di successo che la accreditano come il massimo esperto di musica e videoclip e tra i tanti citiamo il programma televisivo “TechetecheTè”: nei filmati vengono ripercorsi oltre 60 anni di storia della televisione italiana. Come sono cambiati l’intrattenimento e lo spettacolo del piccolo schermo? Cosa ne rimane della “classe” della vecchia televisione italiana?

C’era un’altra televisione, dove non esisteva concorrenza; all’epoca la Rai si poteva permettere anche di trattare maggiormente approfondimenti musicali, proprio come voi. L’intento era proprio quello di acculturare il pubblico. Oggi si rincorre l’audience e, di conseguenza, bisogna rinunciare a qualche contenuto culturalmente più alto.

Coltiva da anni la passione per la musica; sono noti infatti i suoi trascorsi da sassofonista. Quando ha iniziato a suonare?

Ho iniziato a sei anni, suonando prima il clarinetto e poi la chitarra. Successivamente mi sono anche iscritto al conservatorio Santa Cecilia di Roma, specializzandomi nel contrabbasso; poi è nata la passione per il pianoforte complementare. Quello che più definirei come il mio strumento è il sassofono: a diciassette anni ero nel complesso di spalla della tournée di Jimi Hendrix.

Secondo lei qual è la nota segreta di Musicultura?

Voi avete la fortuna di non rincorrere nessuno e di non subire la concorrenza; conosco Musicultura perché venni nel 2006, insieme ad un ragazzo di 80 anni, Clem Sacco, che allora era un personaggio totalmente sconosciuto. Musicultura consente di osare nella cultura musicale: ha infatti permesso a Clem di salire sul palco; un artista che, da quel momento in poi, è diventato una leggenda del rock proto demenziale. Quindi ringrazio il Festival.