INTERVISTA – Ron ai vincitori di Musicultura 2017: “Ora è il il momento di mostrare l’anima”

E’ Ron uno dei noti personaggi della musica d’autore che, domenica 25 giugno, ha calcato il palco dello Sferisterio in qualità di ospite d’eccezione della finalissima della XXVIII edizione di Musicultura.

Un nome storico, quello di Rosalinio Cellammare, che ha segnato gli anni d’oro della musica leggera del nostro paese; la sua ultima esibizione al Festival risale al 2006, occasione in cui ha cantato Non abbiamo bisogno di parole.  Dopo un attento soundcheck, in un caldo pomeriggio d’estate, la redazione di Sciuscià ha avuto la possibilità di fare qualche domanda al cantautore.

Si è esibito sul palco di Musicultura per la prima volta nel 2000, quando ancora il Festival si chiamava Premio Città di Recanati; poi, nel 2006. C’è un ricordo che lo lega a Musicultura?

Macerata è sempre un bel vedere: una città che conserva il fascino dell’antico e che allo stesso tempo trasmette tantissimo anche a quelli che, come me, la vivono solo di passaggio. Ho capito, sin da subito, che Musicultura è un festival organizzato molto bene e che riserva grande serietà e rispetto nei confronti di tutti, concorrenti ed ospiti. Ricordo uno scambio di battute tra me e Baglioni, a proposito della qualità del concorso, e anche lui era d’accordo con me.

Noi, ad esempio, ricordiamo bene la sua esibizione allo Sferisterio, occasione in cui ha cantato Non abbiamo bisogno di parole. Gli otto vincitori di Musicultura, invece, di parole ne hanno sempre bisogno da un professionista del suo calibro: quali dedicherebbe proprio a loro, così come a chi decide di intraprendere la carriera musicale?

Quando si tratta di parole da dedicare ai giovani ho sempre un po’ di timore, perchè potrebbero rivelarsi consigli pericolosi per alcuni di loro. Comunque io credo che per gli otto vincitori sia arrivato ora il momento di mostrare la loro anima e tutto il talento che hanno, soprattutto quello della scrittura. Con il tempo mi sono reso conto che all’estero praticamente tutti gli artisti sono autori dei propri brani, cosa che accade meno in Italia; ciò mi dispiace, perché credo che sia importante mantenere vivo il cantautorato.

Oltre ad essere interprete, ha anche scritto numerosi successi come Attenti al lupo, cantata da Lucio Dalla. Quale parte del lavoro di musicista preferisce?

L’aspetto più bello e soprattutto più divertente è stare sul palco e fare concerti in giro per l’Italia. Quando mi esibisco mi sento me stesso, sono rilassato e tranquillo; immagino i miei live come dei regali che mi faccio da solo per sentirmi bene. Dovendo scegliere tra essere interprete o compositore, adesso preferisco cantare dei pezzi, mentre all’inizio della mia carriera puntavo molto di più sulla scrittura e sulla composizione.

Durante la sua carriera ha avuto la possibilità di prendere parte alla realizzazione di diversi lungometraggi, soprattutto durante la fine degli anni ’70. Cosa le ha lasciato, artisticamente e umanamente parlando, questa esperienza nel mondo del cinema?

Il mondo del cinema mi ha regalato tante belle cose. Ho avuto la fortuna di recitare con registi importanti, come Monicelli, Montaldo o Magni. Sul set ho vissuto esperienze molto forti, che hanno arricchito il mio bagaglio personale. Tra i vari progetti, ricordo in particolare “In nome del Papa Re”, diretto da Luigi Magni, appunto. In quell’occasione ho recitato al fianco di Nino Manfredi; fu  un’esperienza ricca di emozioni.

All’interno delle sue canzoni si legge spesso una forte componente sociale, come ad esempio nel brano L’uomo delle stelle. Secondo lei, qual è il vero potere della musica? Cos’è in grado di generare in chi ne fruisce, rispetto alle altre forme d’arte?

Penso che la musica abbia un grande valore aggiunto, che è quello della leggerezza. Attraverso una canzone, anche un argomento percepito come troppo impegnativo o problematico, può essere alleggerito e reso più comprensibile. Trovo che questo sia un aspetto meraviglioso.