INTERVISTA. Mark Harris, al pianoforte e con i dischi dei grandi artisti a La Controra di Musicultura 2018

Lunedì 11 giugno, in occasione de La Controra, Mark Harris ha intrattenuto il pubblico di Musicultura rivelando le sue testimonianze sulla canzone d’autore italiana.

Durante l’incontro, l’artista americano ha svelato tanti aneddoti sui protagonisti di alcuni degli album omonimi più di successo, gli stessi che hanno rappresentato un punto di svolta e di rinascita per artisti come Finardi, Jannacci, Gaber, De Andrè, solo per citarne alcuni. Harris vanta una brillante carriera: un percorso musicale, il suo, iniziato in America e che negli anni è proseguito in Italia, dove attualmente il musicista vive. È produttore, cantante, arrangiatore e ha lavorato con i più grandi nomi della musica italiana e internazionale; ha rilasciato, alla redazione di Sciuscià, questa intervista.

Ha vissuto tra America e Italia abbracciando la musica nei suoi vari generi; ha collaborato con grandi artisti internazionali, ma anche italiani, tra cui De Andrè, Bennato, Gaber, Jannacci, Daniele e molti altri. Qual è stato il suo primo incontro artistico in Italia?

La prima volta che ho lavorato in Italia è stato con Alan Sorrenti, in sala d’incisione; ci siamo conosciuti grazie ad un amico musicista che era stato chiamato per un progetto a cui poi ho lavorato io. Successivamente ho collaborato con Tony Esposito, nel suo primo disco. Da lì a poco c’è stata la mia esperienza con i Napoli Centrale. Devo dire però che il primo cantante che ho incontrato in Italia è stato Little Tony, nel 1967: da bambino vivevo in una casa sopra ad una trattoria e nei dintorni lui stava girando un film. Gli ho chiesto un autografo, dopo aver saputo chi fosse.

Il percorso di Musicultura, sin dagli esordi, si è intrecciato con quello di Fabrizio De Andrè, primo firmatario del comitato artistico di Garanzia. Avendo lavorato con Faber, vuole raccontarci un momento vissuto insieme? Com’è nata la vostra collaborazione?

Ho conosciuto Fabrizio in occasione della registrazione del retro del 45 giri “Una storia sbagliata” su Pasolini. Sul retro dell’album c’era un pezzo dal titolo Titti. Ci siamo trovati sin da subito. Sono tante le storie da raccontare, sicuramente troppo lunghe.

La musica sta attraversando un periodo in cui è sempre più frequente l’uso dei sintetizzatori e si ricorre ai suoni elettronici. Cosa pensa a tal proposito?

Sono stato uno dei primi a utilizzare i sintetizzatori, lavorando con i computer musical negli anni Ottanta. Già durante gli anni del liceo li usavo per la musica elettronica d’avanguardia. Musica Elettronica Viva era il gruppo formato da Alvin Curran e da diversi compositori americani e faceva cacofonia elettronica; io nel frattempo mi divertivo in mezzo a loro. All’epoca frequentavo anche il sassofonista Maurizio Gianmarco e altri musicisti della scena romana. Mi piace lavorare con i sintetizzatori, però da un po’ di anni preferisco suonare il pianoforte. Non sopporto l’uso improprio di batterie elettroniche e correttori di voce, perché credo che la musica va suonata in diretta.

Riguardo l’attuale scena musicale, c’è un artista emergente che reputa particolarmente interessante? Quali sono i musicisti che sta ascoltando in questo periodo e perché?

Tendo ad ascoltare le cose che mi sono sempre piaciute. Ogni tanto sento qualcosa che m’interessa. Mi piace scoprire su YouTube i brani di giovani artisti, considerando che ci sono tante proposte musicali interessanti. La discografia non sta attraversando un momento felice, soprattutto per ciò che interessa il guadagno. Questo è un discorso che riguarda sia i vecchi, che i nuovi musicisti. C’è anche una parte consistente della cosiddetta “musica finta”, che possiamo definire non nutriente; in ogni caso stiamo vivendo un progresso un progresso in ambito artistico e le cose vanno avanti.

Sono tanti gli artisti che ogni anno si esibiscono sul palco di Musicultura e tutti loro, pur avendo alle spalle carriere differenti, hanno in comune la passione per la musica. Che ruolo ha al giorno d’oggi il mestiere del cantautore?

Il ruolo della canzone d’autore è cambiato molto; credo che la musica di protesta di un certo tipo non sia intrattenimento puro e semplice, anche se potrebbe avere questa funzione. Ci sono alcuni artisti, come Caparezza, che scrivono testi pungenti e belli. Le canzoni, dal punto di vista testuale, non sono cambiate poi così tanto. Anche i rapper trattano temi di protesta e argomenti che però sono meno rilevanti.