INTERVISTA. Sul palco dello Sferisterio, il ritorno di Mirkoeilcane un anno dopo dalla sua vittoria a Musicultura

Vincitore assoluto della scorsa edizione del festival, Mirko Mancini, in arte Mirkoeilcane, domenica 17 giugno è tornato a Musicultura dopo un anno importante che lo ha visto conquistare, tra gli altri, il palco dell’Ariston.

Il cantautore romano da sempre si guarda intorno alla ricerca di un pezzo di mondo da raccontare, che trova spesso nella sua città, a cui è stretto da un forte senso d’appartenenza e da un puro amore; ma anche negli sguardi delle persone che incontra, giorno dopo giorno, lungo il suo percorso. Al Festival è stato accompagnato, come sempre, da Francesco Luzzio al basso, Domenico Labanca alle tastiere e Alessandro “Duccio” Luccioli alla batteria: degli amici, oltre che i suoi musicisti, che gli sono stati sempre accanto, anche quando lo scorso anno ha presentato al pubblico dello Sferisterio il brano “Per fortuna”; gli stessi che lo affiancano ora nel tour “Poco demoscopico” in giro per l’Italia, per far conoscere non solo la musica di un cantautore che sta avendo sempre di più un gran successo, ma anche per far percepire al pubblico le sensazioni che si celano dietro a delle storie, diventate poi canzoni, che hanno il sapore della nostra società, di ciò che stiamo vivendo e delle tante vicende che spesso non vengono prese in considerazione come avviene invece nei testi di Mirko.

Così l’artista romano, in occasione del suo ritorno a Macerata, si è raccontato nuovamente alla redazione di Sciuscià.

“Secondo me”, il tuo ultimo disco, ha un titolo che potrebbe far pensare, a chi non ti conosce, che il punto di vista privilegiato – quello da cui osservi le cose – sia soltanto il tuo. In realtà non è così: ti fai portavoce anche di tante storie che non hai vissuto in prima persona, penso a Beatrice e a Stiamo tutti bene, ad esempio. Credi che l’essenza di un cantautore stia proprio in questo, cioè nell’assumere un ruolo ben preciso di narrazione e di critica sociale? 

Sì, assolutamente. La mia battaglia “benevola”, se così possiamo definirla, è riempire le canzoni di un qualcosa di significativo. Non che nessuno lo faccia; però il vento tira verso una superficialità, una povertà di contenuti che va a favore di un accompagnamento musicale più importante, perché si possa ballare meglio e possano spopolare delle hit che fungono anche sottofondo per lo shopping. A me invece piace l’idea di dedicarsi all’ascolto della musica, magari una mezzora al giorno. Ad esempio, quando sono in macchina metto un disco che non conosco per sentire ciò che un artista ha da dire. Vorrei che le canzoni, almeno in Italia, si riappropriassero dei ruoli che hanno sempre avuto e che sono stati estremamente importanti nella società: penso ai brani di De Gregori, di Dalla, di Fossati e di Califano. Mi chiedo quanti si saranno innamorati o avranno fatto scelte di vita dopo aver ascoltato un loro pezzo. Sarebbe bello che questo accadesse anche oggi.

A proposito di storie da raccontare, Stiamo tutti bene è la storia di Mario, ma anche di moltissime altre persone che attualmente si trovano nella sua stessa condizione. Qual è stato il tuo primo pensiero dopo la decisione del governo italiano di sbarrare l’accesso ai tanti che hanno intrapreso un viaggio proprio come quello di Mario? 

Voglio evitare di schierarmi politicamente, non per mancanza di coraggio ma perché lo trovo semplicemente inopportuno. Un cantautore si occupa di dare un punto di vista e non un’opinione. In Stiamo tutti bene ci sono il mio pensiero e quello di Mario. Mi sono trovato allibito di fronte alle ultime manovre del governo; queste mi hanno turbato perché non hanno preso in considerazione il valore dell’umanità: come può qualcuno decidere della vita di qualcun altro? Non voglio entrare troppo nel merito della questione, mi basta dichiarare ciò che mi viene in mente.

In “Secondo me” c’è una canzone, Da qui, che è una dedica alla tua città. Ci racconti quali sono, per te, quelle meraviglie esclusivamente romane, che non stanno da nessun’altra parte? 

Da romano è un po’ più complicato trovarle, perché l’abitudine gioca un brutto scherzo: per me passare davanti al Colosseo significa soltanto fare tardi. Roma viene spesso considerata per qualcosa che non è e non è fatta solo di grandi monumenti. È certamente una grande città, ma anche un insieme di quartieri, ricco di vie diverse in cui si possono notare realtà differenti. Questo dipende molto dal fatto che, a suo modo, è cosmopolita: ha accolto e accoglie tantissime culture. Per quanto adesso il vento tiri da un’altra parte, Roma rimane un posto in cui la convivenza è piuttosto leale, senza troppi problemi. È un contenitore di mille storie, di tante avventure e ricca spunti; nella Capitale c’è tutto e, proprio per questo motivo, è semplice abituarsi a lei; avrei preferito di più essere un turista, piuttosto che un autoctono.

Se potessi scegliere un qualsiasi artista o gruppo, passato o presente, con chi ti piacerebbe collaborare e perché? 

Mi piacerebbe collaborare con i Beatles e con Francesco De Gregori. Sono anche affascinato, per la maniera in cui scrive e per il modo in cui si propone al pubblico, da Samuele Bersani; una collaborazione con lui sarebbe di certo più realistica di quelle che ho prima citato e mi piace pensare che un giorno questa possa realizzarsi.

A distanza di un anno, eccoti di nuovo qui a Musicultura, stavolta come ospite. In questi mesi hai vissuto tante esperienze e hai ricevuto molti riconoscimenti importanti. Com’è tornare nel posto in cui un po’ tutto è cominciato? 

Ti dico la verità: quando sono arrivato a Macerata mi è sembrato di non averla mai lasciata, di non esser mai andato via da questa città. Mi è anche capitato di tornarci in quest’ultimo anno, per affetto personale: ho preso la macchina e sono venuto per vedere dei posti che mi avevano consigliato e che non ho avuto modo di visitare quando ho partecipato a Musicultura; dei luoghi come, ad esempio, Sirolo. È bello essere di nuovo qui, dove avverto un grande affetto da parte della gente. Mi piace molto quello che si è creato in questo territorio che, nonostante le ultime vicende che ha vissuto, è piena di persone intelligenti e che sanno vivere bene assieme.