INTERVISTA. “C’è ancora bisogno di musica”: Walter Veltroni a Musicultura 2020

Tra le atmosfere barocche del cortile di Palazzo Buonaccorsi, in occasione della XXXI edizione del Festival, Walter Veltroni racconta del suo ritorno alla saggistica presentando il suo ultimo scritto, Odiare L’odio, “un sentimento livido, una lunga bava di lumaca nella vita di ciascuno di noi. (…) Si infila nelle ferite del nostro tempo e progressivamente ci domina 

L’occasione è stata il pretesto per parlare non solo di letteratura, ma anche di cinema, poesia e tanta buona musica. In compagnia di Michela Pallonari, l’ex sindaco romano si è raccontato genuinamente prima al pubblico de La Controra,  dopo alla redazione di “Sciuscià” con questa :

Prima ancora che regista e appassionato di musica, lei è giornalista e politico. La musica è stata da sempre permeata dalla politica e le canzoni sono state utilizzate come strumento di protesta: ritiene che sia possibile individuare una sorta di interconnessione tra politica e musica, considerarle l’una alla stregua dell’altra?

Non credo. Qualsiasi forma di espressione culturale, che sia cinema, teatro o musica può avere una sua ricaduta politica, ma questa non è la forma. È solamente una delle forme attraverso le quali l’espressione artistica si manifesta. Naturalmente, più immediata e meno propagandistica questa forma si rivela e meglio è.  Il cinema di Chaplin era un cinema politico, a suo modo: Tempi moderni, Il Grande Dittatore. Abbiamo tante esperienze, ma persino la grande musica d’opera italiana è stata importante durante il risorgimento. Ma non le identificherei. La musica, il cinema e l’arte sono un mondo dentro il quale ci sono vari colori e intenzioni, che poi possono essere di svariati tipi, perfino civili o politico/sociali.

In uscita quest’anno Il concerto ritrovato, docufilm prodotto dalla società statunitense Sony Music e interamente diretto da lei, che riporta in vita quel mondo ormai sparito del pop d’autore di fine anni ‘70 dominato dal prog pioneristico della PFM e dal cantautorato interpretativo di Fabrizio De André. Nel panorama italiano odierno chi identificherebbe come degno erede spirituale degli artisti sopracitati?

La cosa bella di quel concerto era il fatto che era la prima volta che si incontravano due realtà assolutamente separate, quasi contrastanti, cioè la grande musica d’autore di Fabrizio De André e il rock progressivo della Premiata Forneria Marconi, e incontrandosi generavano una musica totalmente nuova. È sempre quello che avviene quando due persone, due idee, due parole si incontrano: ne generano sempre una terza. È una forma di attività procreatrice. Faccio un po’ fatica, oggi, a trovare qualcuno di simile, in grado di fare un’operazione del genere, perché quello è stato veramente di un unicum. Ci sono in America grandi esperienze di questo tipo, ma in Italia non ne trovo alcuna.

“VELTRONI” è il singolo d’esordio, nonché il brano più conosciuto, della GARAGE GANG, gruppo di post-trapper originari di Ostia. La canzone ha riscosso un successo spropositato svettando sin da subito in cima alla classifica dei brani più ascoltati su Spotify. Ha avuto modo di ascoltarla?

L’ho sentita e l’ho trovata molto divertente. Concettualmente diciamo che per arrivare a decodificare il messaggio c’è voluto tempo, però ammetto che la seconda parte della canzone mi identifica bene con la creatura del Partito Democratico che feci nascere tanti anni fa. Sono dunque contento che abbiano avuto successo.

Il 2020 si porta via il gigante dell’arte italiana e pluripremiato compositore Ennio Morricone, suo concittadino, nonché caro amico e seguace politico. Nell’ottobre del 2007 partecipò infatti alle primarie del Partito Democratico come candidato in una lista a suo sostegno. Crede che il legame pluriennale con il maestro abbia influito in una qualche maniera sulla sua passione per la musica e la cinematografia?

Morricone appartiene a quel tipo di concezione della cultura di cui parlavo prima a proposito di De André perché era capace di fare sia la musica dodecafonica che il riff di In ginocchio da te di Gianni Morandi. In mezzo, la meravigliosa musica da film che ha fatto: era questa la cosa che mi affascinava. Non posso dire che sia stato lui a farmi amare il cinema, ma certamente molte delle sue colonne sonore hanno un’incredibile forza evocativa. Penso a Novecento, ai film di Sergio Leone e a quelli di Giuseppe Tornatore, penso a Mission e penso a tutte quelle pellicole nelle quali l’elemento della musica era talmente forte, talmente intrecciato coerentemente con il film, da riuscire a funzionare anche se slegato da quest’ultimo. 

Il 2020 è stato anche l’anno del Covid-19. Di fronte all’emergenza sanitaria che ha messo in ginocchio l’intero settore artistico, Musicultura non si arrende e si riconferma come ogni anno. Quale consiglio di sentirebbe di regalare non solo ai vincitori, ma a tutti quegli artisti che non hanno mai smesso di crederci e di proporsi nonostante le inevitabili incertezze di questo periodo?

L’emergenza finirà. Non so se torneremo come prima, meglio di prima o peggio di prima, ma sicuramente ci sarà e c’è ancora bisogno di musica, cinema, e immagini. Anzi probabilmente durante questa tragica esperienza inaspettata che ci è capitata abbiamo avuto tempo e modo di consumare molti più prodotti culturali di quanto facessimo quando la vita era troppo veloce, troppo organizzata. Per cui, continuare. Continuare a scrivere, a fotografare, a cantare, suonare, a dipingere. Questo rende il mondo un po’ migliore quindi l’invito è non smettere e basta.