“La musica può educare alla bellezza e alle intuizioni”: a tu per tu con Rosewood

Una vita dedicata allo studio e alla formazione in ambito musicale. Introspezione e sperimentazione.
Dall’amore per la sua regione ai progetti per il futuro. Giordano Conti, in arte Rosewood, conquista un posto tra i sedici finalisti della XXXIV edizione di Musicultura e si racconta così alla redazione di “Sciuscià”.

Sigarette, il singolo che hai presentato sul palco delle Audizioni Live di Musicultura, rappresenta un importante passaggio dalla tua carriera di chitarrista a quella di cantautore. Cosa ti ha spinto a prendere questa importante decisione?
Il passaggio dall’essere chitarrista all’essere cantautore è stato spontaneo e naturale. È semplicemente arrivato in seguito allo sviluppo di un forte interesse verso ambiti musicali a me prima quasi sconosciuti come quello della produzione, del canto e della scrittura. Tutto questo accade durante la quarantena, periodo nel quale ho avuto tempo di dedicarmi alla sperimentazione e in cui ho inconsapevolmente avuto uno stimolo che mi ha portato a conoscere parti più profonde di me. Penso che il cambiamento nello stile musicale sia conseguenza di questa introspezione.

Il tuo primo album, “Impersonale”, contiene solo tracce strumentali ed è un insieme di ambient e post rock. Hai realizzato poi diversi singoli dalla svolta pop con contaminazioni punk-rock, emo, trap e heavy-metal. In che modo coesistono tutte queste dimensioni sonore nel tuo progetto musicale?
Queste dimensioni sonore coesistono in quanto parte del mio percorso di studi e ascolti. Cerco sempre di inserire nella mia produzione artistica le influenze musicali dei diversi stili che ascolto e suono, in maniera più o meno evidente. Inoltre, parlando di “Impersonale” e dei singoli pubblicati successivamente, penso che ci sia uno stile chitarristico coerente e riconoscibile. Da Sigarette in poi cerco di fare in modo che queste sonorità, anche molto contrastanti, coesistano tramite l’espressione della mia personalità, del mio modo di scrittura e del mio stile
canoro. Detto in parole povere, Giordano (o “Rosewood”) è l’aspetto che accomuna tutta la mia produzione.

Hai partecipato all’edizione 2022 de “L’Umbria che spacca”, uno dei festival più conosciuti a livello nazionale che mette in luce i talenti emergenti della nuova scena musicale del territorio umbro. Cherapporto hai con la tua regione in generale e con la tua città (Terni) in particolare?
Adoro l’Umbria. La trovo stupenda da un punto di vista storico, naturalistico e artistico. È la terra nella quale sono cresciuto e nella quale ho stretto i legami con le persone che tutt’ora sono al mio fianco. La mia regione in generale mi ha dato bellissime opportunità per esibirmi, come appunto “L’Umbria Che Spacca” e un’altra importante situazione nella quale in futuro mi esibirò. Verso Terni ho invece un rapporto di amore – odio.  Terni è una città piena di personalità artistiche originali, variegate e di livello, ma ci sono pochi posti attrezzati a dovere che permettano agli artisti di esibirsi in maniera consistente. Fino a ora, ho sentito come se la città non tenesse abbastanza in considerazione e non apprezzasse i talenti musicali del territorio con la serietà che meritano. A ogni modo sembra che la situazione stia migliorando.

Hai dedicato tutta la tua vita alla formazione in ambito musicale. Come pensi evolverà il tuo percorso e quali progetti hai per il futuro?
La carriera artistica è sempre stata e rimarrà il mio focus principale. Ho deciso di affrontare un percorso di studi incentrato sulla musica per poter stimolare il più possibile la mia creatività e per conoscere approfonditamente la materia di cui ho deciso di occuparmi. Per il futuro ho in programma di scrivere tanti brani che siano sempre veri, suonare live il più possibile e fare del mio progetto artistico un lavoro a tempo pieno. Il percorso di studi che ho affrontato mi ha anche dato gli strumenti per essere un didatta. In futuro, contemplo la possibilità di avvicinarmi all’insegnamento, come già accaduto in passato. Trasmettere alle giovani menti la passione, la curiosità per la musica e gli strumenti critici per amarla e comprenderla sarebbe una grande soddisfazione personale; un buon insegnante può cambiare in meglio la vita dei suoi studenti e fare la differenza. Nell’ambitodella formazione personale, ho intenzione di frequentare nuovamente il conservatorio per dedicarmi allo studio del contrabbasso.

Manifestare la propria anima e tutto quello che di più profondo c’è in noi stessi a volte sembra impossibile o comunque estremamente difficile. Tu ci riesci attraverso la musica. Affermi che “la forma frivola non esclude un contenuto profondo, una dose di forte ansia e agitazione”. Credi che la musica abbia un potere curativo?
Credo che la musica sia un mezzo comunicativo molto potente. Oltre ad avere potere curativo, la musica e le parole sono in grado di plasmare le menti. Per questo motivo credo che alcuni argomenti vadano affrontati con più profondità da parte degli artisti e che, in generale, tutti dovrebbero fare molta attenzione al contenuto dei propri testi, cercando sempre di mandare messaggi che stimolino una riflessione o una soluzione pur non escludendo l’esternazione del problema. Come spesso accade nella musica pop gli ascoltatori sono giovani menti in processo di formazione, molto recettive per tutto quello che viene esternato dai mass media e spesso sprovviste di strumenti critici che permettano loro di comprendere il senso e la serietà di quello che ascoltano e vedono. Gli artisti sono fonte di ispirazione e possono diventare modelli costruttivi ma anche distruttivi. L’azione propedeutica della musica può aprire la strada a parti più profonde dell’essere umano e può educare la mente alla bellezza e alle intuizioni, pur non condizionando il pensiero e la libertà di agire di ogni singolo individuo. Per certi versi anche questa è una forma di guarigione.