Mira a Musicultura 2023: “In ogni azione c’è musica, basta solo saper ascoltare”

Originaria di Casapulla (Caserta), Mira, all’anagrafe Miriana D’Albore, prende lezioni di canto sin dall’età di 9 anni, per poi proseguire gli studi al Saint Louis College of Music di Roma e perfezionarsi in canto pop. La profonda curiosità musicale e la sperimentazione di generi e sonorità differenti la portano
a vivere esperienze quali Area Sanremo e X-Factor 15, fino al concerto del Primo Maggio a Roma nel 2022.
Oggi il suo nome appare tra quello dei 16 finalisti della XXXIV edizione di Musicultura e, per l’occasione, racconta alla Redazione di “Sciuscià” il suo legame indissolubile con la musica.

Da Caserta a Macerata. Come sei approdata a Musicultura e in cosa pensi si differenzi rispetto ad altri contesti musicali da te già sperimentati?
Conosco da tempo Musicultura, credo che sia una bella opportunità per chi come me è ancora agli inizi della propria carriera, basti pensare agli artisti che hanno fatto la storia di questo concorso. La cosa che più mi ha attratto è stata l’attenzione che i giudici riservano ai concorrenti, cercando di comprenderne i tratti distintivi, le peculiarità del progetto e le sfumature della personalità artistica.

Il brano Morire con te presentato alle Audizioni descrive la figura di una donna completamente padrona del suo corpo e protagonista delle sue azioni. Nella vita quotidiana quanto ti senti vicina, o ancora distante, a questo tipo di libertà femminile?
Ogni giorno cerco di avvicinarmi sempre più alla figura di donna ideale e forte descritta nel testo, ma sicuramente non è facile. Penso che ogni donna, anche al giorno d’oggi, debba continuamente scontrarsi con pregiudizi e tabù, che però allo stesso tempo la rendono più decisa e determinata. In Morire con te è la donna a prendersi gioco impavidamente di chi si permette di essere “molesto” e, più in
generale, delle varie forme di stereotipi di genere. Mi auguro che possa essere d’ispirazione per tutte quelle ragazze che ancora non si rispecchiano in una condizione di piena libertà femminile.

Da cosa nasce la curiosità per l’elettro-pop e la sperimentazione continua che ne deriva?
L’attrazione per l’elettro pop nasce innanzitutto dal genere di musica che ascolto – Björk, The Chemical Brothers, Labrinth – anche se non mi limito solo a un genere, cercando sempre di spaziare alla scoperta di nuove sonorità. Sicuramente è stato determinante anche l’incontro con il mio producer che, lavorando su questo tipo di musica, mi ha permesso di sperimentare e intensificare la mia passione.

Parliamo del potere curativo dell’arte. In interviste precedenti hai accennato al rapporto viscerale costruito con la musica, psicologa capace di ascoltare e accarezzare i pensieri. Ti va di descriverci meglio questo legame terapeutico?
La musica è la mia psicologa personale perché quando la vita mi presenta delle sfide da affrontare o una scelta difficile da prendere, mi rivolgo a lei convinta che sappia mostrarmi sempre la strada corretta da seguire. Non mi separo mai dalle mie cuffiette, sono a contatto con la musica in ogni momento della giornata e sfrutto ogni occasione per prendere nota di qualche pensiero o di qualche melodia che sviluppo poi al pianoforte. Il legame che ho con la musica è molto forte, sicuramente terapeutico, cerco di esser sempre in ascolto. In ogni cosa che facciamo, in ogni singola azione, anche se non ce ne accorgiamo, c’è sempre musica, basta solo saper ascoltare. Non riesco a immaginare una vita senza
musica.

Lo spazio musicale per eccellenza è senz’altro il palco, ma ogni luogo può trasformarsi in vetrina artistica se si ha di fronte almeno un paio d’occhi volenteroso di ascoltare. Quale spazio, che non sia un palco vero e proprio, ricordi di aver riempito con maggiore soddisfazione attraverso la tua musica?
È vero, cantare su un palco, di per sé, dà una grande soddisfazione, ma sono altrettanto convinta che ogni momento possa diventare una vetrina artistica: anche quando, magari, degli amici o dei parenti mi chiedono di cantare per loro, in contesti quindi molto diversi da un palcoscenico. Ogni volta sono ben felice di farlo, anche quelle sono occasioni che mi danno un’enorme gratificazione, con la speranza di aver donato con la mia musica belle sensazioni e buoni sentimenti.