De.Stradis: «“Quadri d’autore” per lasciare un riflesso nitido di me»

La redazione Sciuscià intervista i finalisti di Musicultura 2024

Probabilmente lo avrete già conosciuto come frontman dei Westfalia, la band con cui nel 2021 si è presentato al grande pubblico partecipando a X Factor. Vincenzo De Stradis, in arte De.Stradis, è un musicista cresciuto tra le spiagge della Puglia e le aule del Conservatorio di Bologna. Duale il suo percorso artistico e di vita, Duale il titolo del suo EP d’esordio, che dà forma al suo progetto solista. In questo lavoro c’è tutto: la sperimentazione vocale e strumentale con gli amici di vecchia data, l’influenza delle esperienze internazionali con la band, le citazioni tratte dagli ascolti del cuore e la ricerca costante del calore nostalgico della terra d’origine, richiamato dalle sonorità R&B e soul jazz. In Quadri d’autore, il brano selezionato per il Concerto dei Finalisti di Musicultura, Vincenzo si riflette in De.Stradis come in uno specchio d’acqua, cercando di far combaciare i due volti in una perfetta corrispondenza. In questa intervista rilasciata alla Redazione Sciuscià, svela infatti di voler lasciare al pubblico un’immagine di sé nitida e sincera.

La Puglia, il mare, l’estate, le sonorità calde dell’R&B e del soul jazz: le tue canzoni sembrano avere un immaginario e una palette di colori precisi. C’è un ricordo della tua infanzia pugliese – che sia un episodio particolare o una semplice sensazione – a cui sei particolarmente legato e che ti ispira quando componi?

Ho imparato ad amare e ad apprezzare la mia cultura di provenienza solo quando me ne sono andato: è un gioco psicologico che ha colpito molte persone che hanno vissuto una separazione con la propria terra d’origine. Per questo motivo, nella mia musica ricerco spesso quel calore in maniera nostalgica. Avrei tanti ricordi da rispolverare, ma credo innanzitutto di essere una persona abitudinaria che ama la ripetizione e la tradizione; quindi, sono i dettagli e le abitudini che ritrovo ogni anno a regalarmi maggiore emozione e stupore. Ce ne sono molti che mi stanno a cuore, ma forse l’emozione più forte è tuffarmi in acqua ogni volta come se fosse la prima, nuotare in apnea sul fondale e abbandonarmi, dopo un anno di rumore in città, al silenzio del mare.

E poi c’è Bologna, la città dove hai studiato al Conservatorio e attualmente vivi. Come ha inciso il capoluogo romagnolo sul tuo percorso? 

Bologna in Italia è un porto di mare: tutti ci passano e tutti ne restano stupiti per l’energia che regala e, se non sei ben centrato, ha anche il vizio di intrappolarti in una spirale di divertimento. Io a Bologna devo tantissimo: se la Puglia mi ha dato i valori e la stabilità per costruire la persona che sono, Bologna mi ha dato gli strumenti per diventare quello che volevo. Vivo in questa città da 10 anni e ho conosciuto persone incredibili non solo musicalmente, ma anche umanamente, per ricchezza di vissuto e diversità di personalità. Al Conservatorio ho avuto la fortuna di trovare amici, oltre che colleghi, con cui continuo tuttora a far musica: per esempio Antonio Rapa, che suona con me alla batteria, l’ho conosciuto proprio in classe 10 anni fa; come anche Filippo Bubbico, con cui collaboro da sempre. È con lui che ho lavorato alla produzione di Duale.

Parliamo proprio di Duale, il tuo EP di debutto pubblicato nel 2023. A quale dualismo intendevi dar voce?

 Duale è una raccolta di tanti momenti degli ultimi 5 anni, in cui il tema della dualità nell’affrontare la vita mi è tornato spesso in mente. Mi sento una persona “duale”, nel senso che la mia personalità è scissa tra una forte componente razionale, che mi guida nell’affrontare la vita di tutti giorni, e una grande spontaneità e impulsività, che viene fuori nella musica quando ho un’idea o mi esibisco sul palco. Duale è poi il mio modo di affrontare il dolore, che, come ho scritto nel testo del brano Ombre, è sia forza distruttrice che perno per il cambiamento. Duale è anche il modo in cui i miei brani sono stati concepiti: con un’improvvisa intuizione iniziale, seguita da un’idea precisa di come svilupparla e cosa comunicare. Insomma, nonostante creda più in un mondo “multipolare”, ho sempre trovato affascinante il concetto di dualismo.

Anche la tua carriera è segnata da un certo dualismo: porti avanti in parallelo il tuo progetto solista e quello con i Westfalia, band con cui nel 2021 hai partecipato a X Factor. Come riesci a conciliare questi due progetti? E come cambia la tua personalità artistica, se cambia, tra l’uno e l’altro?

Quella di questi due progetti è una dualità un po’ parziale. Sicuramente, quando canto e scrivo con i Westfalia viene fuori un lato della mia personalità più ironico, cinico e rabbioso, che però è frutto di una coscienza collettiva. Il più grande pregio dei Westfalia è proprio che siamo, anacronisticamente, una band vera: tutto il processo creativo viene svolto insieme e, quindi, anche nella parte autoriale si manifesta una volontà di gruppo. I Westfalia puntano poi a un campionato internazionale che forse avrei più timore di affrontare in solitaria, ma che allo stesso tempo mi permette di suonare tanto all’estero e arricchirmi di nuovi stimoli che poi riverso anche nel mio progetto solista. In questi anni, la cosa più bella di aver portato avanti due progetti musicali in contemporanea, e in maniera sana, è stata la possibilità di rinnovarsi continuamente prendendo un po’ dall’uno e un po’ dall’altro: quando abbiamo scritto l’ultimo disco dei Westfalia, per esempio, ho esplorato artisticamente dei mondi che ora sto portando anche nel nuovo lavoro discografico come De.Stradis; la stessa cosa accade spesso anche all’inverso.

Il brano con cui sei stato selezionato per il Concerto dei Finalisti mi fa pensare che la tua musica sia molto visiva: sembra nascere da uno spiccato spirito di osservazione e voler creare, appunto, immagini sonore. È così? Se sì, che immagine di te vorresti lasciare al pubblico di Musicultura?

Nella musica mi piace molto trasmettere attraverso le citazioni. È una caratteristica che credo di aver assorbito, anche se in maniera molto diversa, dai primi dischi di Caparezza, artista che mi ha folgorato al liceo. Forse, quando in Quadri d’autore canto «i miei occhi hanno la tua firma» rivelo inconsciamente questo mio guilty pleasure. Questo è per ora il pezzo più sincero che abbia mai scritto, ci tengo molto. La prima immagine che ci vedo è il movimento dell’acqua paragonato a quello della gente che si muove fluidamente per le strade. È questa, forse, l’immagine di me che vorrei lasciare al pubblico di Musicultura: un riflesso nitido su uno specchio d’acqua calma e trasparente, che mostri la mia copia più sincera.