Musicultura è il Festival della Canzone popolare e d’Autore, in cui costantemente intrecciate sono parole e musica. E durante gli incontri de La Controra, note, testi, libri e suoni sono protagonisti; quest’anno, a rendere ancora più chiaro questo inscindibile legame è stato l’evento realizzato in collaborazione con Treccani, Le parole delle canzoni. Renzo Rubino, cantautore di talento e vincitore del Festival nel 2011, e Marco Peano, apprezzato scrittore, hanno dialogato sull’uso delle parole nel linguaggio musicale, riservando particolare attenzione al significato dei lemmi “nostalgia” e “amore”, consultandoli prima sul vocabolario e arrivando poi al significato profondo e soggettivo di cui ognuno può rivestirli. I due artisti hanno condiviso con il pubblico le loro riflessioni su come la musica e la letteratura possano incrociarsi e arricchirsi, animando un incontro emozionante e ricco di contenuti, rivelatore delle sfumature e dei segreti del processo creativo.
L’evento si è aperto con un’esibizione di Rubino, che ha cantato Cara, uno dei brani più amati di Lucio Dalla, e Il postino, il suo pezzo che narra la storia d’amore tra due uomini, ispirazione per il quale è stata Cinzia Otherside, personaggio del fumetto Rat-Man. Poi è stata la volta di Marco Peano, che ha preso la parola esprimendo la sua ammirazione proprio per la capacità di Rubino di raccontare attraverso la musica: «Ti sei dato il compito di fotografare le storie che stanno per cambiare; per fare questo bisogna necessariamente essere bravi a scegliere e scovare le parole giuste».
«Parlare di nostalgia e amore è come immergersi in un oceano di emozioni», ha continuato poi l’autore de L’invenzione della madre e Un bacio in bocca, che nei suoi scritti cerca sempre di catturare l’essenza di sentimenti tanto personali quanto comuni e universali, come la nostalgia, tema che lo affascina particolarmente: «È la mancanza di qualcosa – spiega – che non abbiamo più, ma anche il desiderio di tornare a casa, a un luogo o a un tempo in cui ci sentivamo completi». Rubino ha invece raccontato un aneddoto relativo alla genesi delle sue canzoni di cui protagonista è stata la parola “ispirazione”: «Per me è fondamentale. Non scrivo mai in maniera costruita, ma aspetto che mi raggiunga il sentimento giusto, come appunto la nostalgia. Quest’ultima, nel mio caso, è indissolubilmente legata a mia nonna, donna austera ma dolce, una figura che ha avuto un impatto enorme sulla mia vita. Le ho dedicato una canzone, Patchouli, perché quella è la fragranza che mi ricorda».
Treccani; un cantautore, uno scrittore e il peso specifico delle parole: in un contesto del genere, potevamo noi giornalisti in erba della redazione di Sciuscià esimerci dall’approfondire? No, non potevamo. E infatti abbiamo fatto qualche domanda in più ai due protagonisti dell’evento. Siamo partiti giocando in casa: cosa evoca la parola Musicultura? «Un abbraccio, due identità̀ diverse, due realtà̀ diverse – ha risposto Peano – che si incontrano a metà strada e generano qualcosa di nuovo». E quel qualcosa è ben noto a Renzo Rubino: «In me evoca l’opportunità data ai ragazzi di essere già considerati come professionisti; io mi sentivo trattato così, avevo dei tecnici pazzeschi che erano attenti a ogni mio movimento e così tutto lo staff. È stato come fare un primo passo verso il mio futuro».
Altra domanda, altra parola, che stavolta è un termine che ricorre spesso nei libri di Peano: “identità”: «Sicuramente – spiega lo scrittore – è qualcosa che continua a sfuggire perché́ cambiamo nel tempo, a seconda delle esperienze che viviamo, e quindi siamo molte persone in diversi momenti. Resta il fatto che diventa inafferrabile e molto difficile capire chi siamo. Dunque, la parola identità̀ è una parola che continua a cambiare forma. Ed è bello che sia così». Per Rubino – che dal 2019 ha dato vita a “Porto Rubino”, festival nell’ambito del quale gli artisti si esibiscono suonando nei porti più belli della Puglia, scegliamo inevitabilmente la parola “porto”: «Per me è un luogo pieno di contaminazioni culturali ed è sinonimo di salvezza; quando si è in mare, nel momento in cui si inizia a vedere il faro, il porto appunto, si prova un senso di tranquillità perché si ha un posto da cui partire e in cui tornare».
Chiudiamo rivolgendo un ultimo quesito che riguarda proprio il più fatato dei regni delle parole: la scrittura. «Quali sono, a suo avviso, le sfide più grandi che gli scrittori italiani devono affrontare oggi?», chiediamo a Peano. «Io penso – risponde – che la narrativa italiana sia in ottima salute, seppur non sia sempre così conosciuta, e le sfide sono sempre quelle di cercare di fare i migliori libri possibili e raccontare le migliori storie possibili con tutti gli strumenti a disposizione, senza pigrizia». E utilizzando le parole giuste, ovviamente.