Vincitrice assoluta della XXXVI edizione di Musicultura è Elena Mil, cantautrice dalla voce intensa e dagli occhi che raccontano storie. Rivela di essere salita per la prima volta sul palco delle Audizioni Live del Festival, a Marzo, senza grandi aspettative, ma un ukulele, una melodia sincera e una presenza delicata ma sicura hanno fatto innamorare pubblico e giuria. Così, con La ballata dell’inferno, un brano profondo e personale, Elena ha compiuto un percorso artistico e umano che l’ha portata fino alla finalissima di sabato 21 giugno allo Sferisterio di Macerata, dove è stata premiata come vincitrice assoluta di Musicultura 2025, aggiudicandosi il Premio Banca Macerata da 20.000 euro. La sua canzone, nata otto anni fa da un dolore ancora vivo, è diventata in questi anni una guida luminosa, capace di rinnovarsi ogni volta che viene cantata. Musicultura non è stata per lei solo un concorso, ma un’esperienza di crescita e condivisione; un’occasione per incontrare altri artisti con cui sono nate amicizie profonde e collaborazioni già in cantiere. Elena ha scelto la via dell’essenzialità, mettendo al centro la melodia e la parola, senza mai cedere al compromesso: la sua è un’identità forte e consapevole, che trova nella semplicità la sua massima potenza comunicativa. Di tutto questo ci parla in questa intervista.
Partiamo a bruciapelo: avevi immaginato un finale così quando sei salita sul palco delle Audizioni Live?
Assolutamente no. Mi ero iscritta senza aspettative sotto il consiglio di chi mi diceva: “Prova, ché la prima volta non si passa mai”.
La ballata dell’inferno è uno dei primi brani che hai scritto: che effetto ti fa aver vinto proprio con questa canzone?
È un’emozione fortissima. La ballata dell’inferno non è proprio il primo brano che ho scritto, ma è il primo brano in cui mi rivedo e che sento ancora la necessità di cantare. Ha tracciato per me la direzione da prendere, facendo da faro per tutto ciò che ho scritto dopo. Il legame emotivo che ho con questo pezzo è molto forte: il dolore da cui è nata è lo stesso di 8 anni fa, ma il mio modo di interpretarla si è rinnovato costantemente, aggiungendo sempre nuove emozioni e significati. Questa vittoria mi dà un senso di armonia fra presente e passato e di chiarezza per il futuro.
Sei salita sul palco con il solo accompagnamento dell’ukulele: pensi che la tua musica continuerà a mantenere questa essenzialità anche nei progetti futuri?
La comunicazione con il pubblico dello Sferisterio è stata intensissima, nonostante (o forse proprio grazie a) questa estrema semplicità. Nel panorama discografico attuale si tende a identificare un artista con il suo “sound”, l’atmosfera generata dall’arrangiamento dei suoi brani. Io invece mi sento in leggera controtendenza, perché il mio stile si basa innanzitutto sull’idea melodica. Anche quando suono in ensemble, voce e melodia restano al centro. Nell’album in arrivo mi sto divertendo a trovare l’accompagnamento perfetto insieme ad altri musicisti, ma tutti i miei brani nascono per voce e ukulele e possono essere eseguiti anche in questa formula essenziale: se non funzionano spogliati di tutto, non li considero pronti per essere arrangiati.
Che cosa ti ha lasciato dentro l’esperienza di Musicultura, al di là del premio?
Musicultura ha segnato un’accelerazione incredibile nel mio percorso: se guardo chi ero prima di iniziare non riesco a riconoscermi. Fin dalla primissima fase sono stata travolta da un tornado di persone meravigliose, fra gli artisti (sia partecipanti al concorso che ospiti), i tecnici, gli studenti e i membri del comitato artistico. L’incontro con gli altri finalisti, ognuno ideatore di una proposta profondamente personale di altissimo livello, mi ha permesso di capire meglio chi sono, di definirmi come artista e di cercare modi efficaci per comunicare la mia identità al pubblico. Il calore ricevuto mi dà ancora più coraggio a proseguire come ho fatto finora, senza compromessi.
Ecco, appunto: che rapporto si è creato tra te e gli altri artisti durante questo percorso?
L’incontro con gli artisti è stato magico e sono nate amicizie che spero dureranno tutta la vita. Ognuno di noi ha portato qualcosa di prezioso e sincero, un pezzo di sé. Ci siamo scoperti a vicenda attraverso la nostra musica: è stata un’opportunità di rara bellezza. Con chi è più vicino geograficamente abbiamo già trovato modi di suonare insieme, mentre sto lavorando a pretesti per rivedere presto anche i più lontani.