Apu

Apu è Paolo Toschi, musicista, compositore, arrangiatore, produttore artistico e autore di canzoni.
Il suo stile, prevalentemente elettronico, è spesso influenzato dagli studi di musica classica, ma anche dalle frequentazioni jazz e dai tanti anni trascorsi a suonare e cantare nei pianobar più importanti d’Italia e d’Europa.
Come autore ha firmato circa 250 brani editi, tra i quali “In viaggio”, premiato da Musicultura nel 1990, durante la prima edizione del Festival.  Attualmente si occupa di produzioni artistiche, arrangiamenti, composizione di musica e testi letterari per vari artisti.

L’esibizione


Il testo


Mattina pomeriggio e notte

Mi sono innamorata di una donna ucraina
come me sugli anta, ma ancora molto carina,
con quella pelle di marmo rosa e quell’aria da santa
dipinta in cartolina.

Ci siamo conosciute per caso, ho fatto un numero sospetto
dal telefono di mio marito;
prima che io parlassi ha detto: “ho smesso.
Cancella questo numero, adesso non faccio più quella vita”.

Credeva di parlare con lui,
con quella voce bassa e quell’accento indefinibile.
Sembrava molto decisa e risoluta,
anche se il tono della voce era quasi impercettibile.

Si capiva che era molto stanca;
ho voluto incontrarla e mi ha fatto una bella impressione.
Della sua vita qualcosa mi manca,
ma molte cose si può dire che le avevamo in condivisione.

In comune la stessa tristezza negli occhi e, va beh,
se vogliamo, anche mio marito.
Mi ha detto che gli si era affezionata, perché
comunque era un bell’uomo, gentile e pulito.

Questa cosa mi ha fatto piacere, è normale
che un po’ ero gelosa, è scontato,
ma, come si fa per un bambino o un animale,
mi sono sentita orgogliosa di averlo educato.

Si potrebbe anche dire che nella vita
abbiamo fatto lo stesso lavoro io e Svetlana,
anche se il mio forse è un po’ più di fatica
e lei non si vergogna di dire che ha fatto la puttana.

Io sempre in fabbrica a spennare polli con le mie dita.
Lei invece adesso ha deciso di darci un taglio
alla tortura di andare per strada e rischiare la vita,
a spennare polli bastardi che puzzano d’aglio.

Adesso siamo entrambe senza lavoro ed è una liberazione.
Lei perché ha smesso di far quella vita,
io perché mi hanno messo in cassa integrazione
e adesso posso cominciare un’altra partita.

Il mio padrone ha preso la sofferta decisione
di trasferire la produzione in un altro posto,
dove c’è ancora più fame e disperazione,
il lavoro costa meno e l’imponibile non sempre è imposto.

Quello che non cambia è la sensazione
che le vite di queste persone siano interrotte
dallo scandire inesorabile delle ore
al ritmo infinito dei turni:
mattina pomeriggio e notte, mattina pomeriggio e notte,
mattina pomeriggio e notte, mattina pomeriggio e notte.

Per mio marito avrei dato la vita,
anzi si può dire che gliel’ho proprio data
e adesso che la storia è finita
non mi fa nessun effetto lasciarlo, è una cosa scontata.

È diventato col tempo un estraneo,
qualcuno con cui condividere un letto
mai una sorpresa, un gesto spontaneo
un regalo inatteso, un bacio, uno slancio d’affetto.

Comunque non è stata la prima volta che l’ho beccato con un’altra donna, perfino al lavoro,
una mia collega di Cesena ai surgelati,
nella cella frigorifera, che bella scena!

Lei che mi dava le spalle e continuava ad agitarsi,
senza ottenere l’effetto sperato.
Lui, i pantaloni calati, che non riusciva ad alzarsi
neanche dalla sedia, perché era mezzo assiderato.

Quando mi ha visto è diventato verde,
c’è rimasto male e mi ha fatto perfino un po’ pena.
La stessa espressione di quando la Juve perde una Finale di Champion’s ed esce di scena.

Da allora non mi sono più fatta toccare,
neanche quella volta che mi ha portato un fiore.
Nemmeno quando mi ha portato al mare,
in quel ristorante troppo caro, troppi soldi solo per mangiare.

Una volta l’ho tradito anch’io, lo ammetto,
con un ragazzo mulatto che guidava il muletto.
Mi ero presa una bella sbandata,
perché mi faceva sentire ancora desiderata.

Due caffè al volo alla macchinetta,
forse per me il ricordo dei baci più belli.
Attimi rubati alla pausa sigaretta,
ma poi, con il tempo, nemmeno quelli.

Io generica al recupero dello scarto,
sempre curva ai nastri di scorrimento,
mentre lui si è trasferito in un altro reparto:
Vicecapoturno al confezionamento.

Ci vediamo ogni tanto a mangiare in mensa
due parole tra un primo, un secondo e un contorno.
Sempre di corsa in quell’aria densa
che si respira giorno dopo giorno.

Si consumano i sogni e le mani
e perfino le ossa sono già tutte rotte,
in questo futuro senza un domani,
al ritmo infinito dei turni:

mattina pomeriggio e notte, mattina pomeriggio e notte,
mattina pomeriggio e notte, mattina pomeriggio e notte.

Se c’è un inferno somiglia a questo.
Otto ore al giorno, turno per turno.
Questo lavoro che mi ha rubato
la vita, i sogni, i progetti, il futuro.
Questa vita che mi ha regalato
solo incertezze e lavoro duro.

Questa vita che mi inghiotte,
questa vita con le ossa rotte,
questa vita che mi ha preso a botte
mattina, pomeriggio e notte.