Intervista: a tu per tu con ERNEST LO

Ernest Lo a Musicultura 2020: «La mia mancanza di serietà è la mia protesta»

Con Ssialaé l’istrionico Ernest Lo, all’anagrafe Remo Santilli, è tra i sedici finalisti della XXXI edizione di Musicultura. All’interno del suo progetto musicale il cantautore pescarese fonde insieme sonorità elettroniche, frizzante pop d’autore e una forte vena umoristica.
“Ma il sole, da solo, no…non può bastare! […] c’è bisogno di qualcosa da illuminare”: così recita il ritornello del brano in concorso.. Ed è proprio a dare colore e ad illuminare che serve l’umorismo, ingrediente segreto delle sue canzoni.
Questa l’intervista rilasciata alla redazione di Sciuscià.

Inizi la tua carriera musicale da adolescente, quando nel 2008 fondi gli EsseoessƎ, gruppo che si dedica alla sintesi tra rock psichedelico e jazz: come arrivi poi al pop postmoderno?

Premetto che il mio uso del linguaggio è spesso velato da una non troppo sottile ironia. Quando parlo di postmoderno cerco innanzitutto di scimmiottare un atteggiamento intellettualoide che si serve di termini altisonanti: “Mi do delle arie”.  Però, scherzando si dice sempre la verità. Oggi infatti, ogni forma di composizione consapevole non può prescindere dal postmoderno. Mi riferisco a una poetica che mescola diversi stili, o uno stile che mescola diverse poetiche, e che passa attraverso il calderone del mondo informatizzato. Ovvero: l’informazione superficiale ha sostituito la conoscenza, quella profonda, e ci ritroviamo bombardati costantemente da mille segnali senza riuscire a fermarne alcuno. La vita passa come le immagini e i suoni che scorrono sullo schermo. La musica postmoderna, per me, è la musica che nasce da questa consapevolezza.

Sappiamo che sei sempre stato affascinato dal mondo della musica, ma quando hai deciso di farne il tuo lavoro?

In realtà è la musica che ha fatto di me il suo lavoro. No, questo è troppo, così me la canto e me la rido da solo. Allora: sarebbe bello “lavorare di musica”, ovvero permettermi di dedicarle tutte le ore lavorative, perché questo mi permetterebbe di suonare e comporre 4 volte tanto quello che faccio attualmente (citando Frank Zappa, lo stakanovista). Ma non è così, non ancora almeno. E comunque ho deciso di fare della musica il mio lavoro semplicemente quando ho capito che è la cosa che di più di tutte mi fa sentire vicino a me stesso.

Su Facebook descrivi il personaggio di Ernest Lo come “un misto tra Jim Morrison e Maccio Capatonda”. Quale storia c’è dietro la nascita di questo tuo alter ego? In cosa è diverso da Remo?

Il nome viene da Oscar Wilde e fa riferimento all’importanza della forma. Ernest è una forma che Remo non oserebbe perché altrimenti peccherebbe di vanità. Diciamo che Remo se ne starebbe a casa a coltivare l’orto, oppure a scuola a insegnare l’italiano e la storia. Ernest invece si permette il lusso dell’arte, senza morale né impegno sociale, come fanno molti artisti, o sbaglio? Maccio e Jim sono stati chiamati in causa innanzitutto per creare un accostamento fortemente contrastante. Si riferiscono il primo alla propensione verso l’ironia, il secondo semplicemente a un amore giovanile, il mio primo “idolo musicale”.

La comicità e la teatralità sono immancabili nelle tue performance. Da cosa nasce questa volontà, se non proprio esigenza, di portare l’ironia in musica?

Flaiano scrisse: “La situazione politica in Italia è grave, ma non è seria”. In realtà, nella politica come nella musica, si ostenta molta serietà, ma quest’ultima è spesso solo di facciata. Insomma, ci sarebbe molto da criticare, ma non è nel mio stile. Mi limito a tentare di decostruire le cose attraverso l’ironia, facendone delle caricature. La mia mancanza di serietà è la mia protesta.

Cosa rappresenta per te calcare un palco come quello di Musicultura?

Responsabilità. Chi comunica di fronte a tante persone ha sicuramente una grande responsabilità: sociale, psichica, politica. Così corro il rischio di sembrare troppo ed esclusivamente engagé, per citare Battiato, ma me ne farò una ragione. Comunque sia, significa anche vivere un’esperienza forte. E poi, devo dire che l’esperienza delle Audizioni mi ha segnato molto, soprattutto per il clima che si respira a Macerata, città rivelatasi, ai miei occhi e al mio cuore, bellissima. Che altro dire… Grazie. Grazie Musicultura.


Silvia Collesi