Intervista: a tu per tu con H.E.R.

Musicultura 2020: tête-à-tête con H.E.R., finalista con Il mondo non cambia mai

Una carriera brillante e costellata di collaborazioni prestigiose quella della violinista foggiana H.E.R., al secolo Erma Pia Castriota, quest’anno tra i 16 finalisti della XXXI edizione di Musicultura. Un ritorno il suo: nel 2001 si era già infatti aggiudicata il secondo posto del “Premio Recanati” gareggiando con Il mio nome.
Alla semifinale del concorso oggi approda con il brano Il mondo non cambia mai, folk verace e sui generis che evidenzia gli aspetti più oscuri della continua lotta tra l’essere e l’appartenere, mettendo in luce tutte le difficoltà che disseminano e minacciano il cammino di chiunque tenti, non tanto di raggiungere, quanto di mantenere una propria, vera e genuina autenticità artistica.
Con la solita eleganza e l’immancabile humor che contraddistinguono le sue performance, l’artista si è raccontata così alla redazione di Sciuscià.

 Iniziamo dal nome: perché H.E.R.?

H.E.R. è il diminutivo del mio nome che ora è Erma, e prima ancora Ermanno, anche se per gli amici per molto tempo sono stata Herman! HER ( lei ) l’ho trovato congeniale alla mia scelta identitaria, ma l’ho usato puntato, proprio come un acronimo: H.E.R.. Un giorno un critico teatrale scrisse: Ho Esclusivamente Ragione. Ma tranquilli! Io voglio essere contraddetta, la “ragione” la lascio agli illuministi!

Quando hai mosso i primi passi nel mondo musicale?

I primi passi li ho mossi letteralmente a 8 anni in una scuola di musica privata cadendo dalle scale, giuro! In seguito ad 11 anni entrai in un conservatorio con le scuole medie annesse: è stata un’esperienza molto formativa, ma il mio vero mondo erano il pop e il teatro! Dopo il diploma in violino lo capii subito e dopo un anno circa in orchestra andai in tour con uno spettacolo teatrale nazionale come autrice delle musiche e musicista di scena.

Tra le tue innumerevoli collaborazioni, di spicco quelle con Dalla, Rettore, Fiordaliso, Battiato, la De Sio.  Tra i grandi artisti del panorama italiano c’è qualcuno che stimi più di altri?

Tra le mie collaborazioni tra le più importanti c’è stata quella con Teresa De Sio, meravigliosa brigantessa nella vita e nell’arte; è una persona con la quale ho condiviso tanto e anche se abbiamo smesso di lavorare insieme è sempre nel mio cuore. Lucio Dalla è stata una meteora nella mia vita: avevamo un progetto insieme su un cantautore pugliese, Matteo Salvatore, e un concerto a Tremitiper l’estate del 2012, insieme a Jovanotti ed altri grandi della musica, ma poi lui un giorno andò via senza preavviso. Direi che l’esperienza con Lucio è stata davvero un tornado!

Parliamo di due tue canzoni. In Roma canti: “Voglio un primo piano stretto solo sui difetti”. Ne Il Mondo non cambia mai ti occupi invece di identità. Ecco, quanto è importante per un’artista saper individuare e riconoscere i propri punti deboli, eventualmente i propri limiti, insomma, la propria identità nel suo complesso?

Nel brano Roma ho voluto fare una foto spietata e lucida della situazione di degrado in cui versava la capitale; penso che saper individuare i propri punti deboli sia fondamentale così come è fondamentale poi sublimarli e farne contenuto. Non penso di avere una visione idealizzata di me stessa! Con i miei limiti e i miei punti deboli ci vado a braccetto. Mi sento come un’antenna che trasmette sensazioni personali che spero possano essere condivisibili. Se un giorno arriverò al punto di non saper più trasmettere questo, cambierò mestiere!
Il brano in concorso per Musicultura, Il mondo non cambia mai, parla invece del bisogno ancestrale di essere a discapito dei gruppi, delle separazioni razziali o di genere. Parla della difficoltà di molta gente ad accogliere “l’oltre” perché spesso l’identità collettiva si rafforza nell’esclusione di chi non la pensa nello stesso identico modo.

Quale credi che sia il valore aggiunto di un festival come Musicultura?

Il valore aggiunto di Musicultura penso sia il fatto che rimanga, a tutt’oggi, un prestigioso Festival di canzoni singolari, tutte con un ‘autenticità fuori dalla logica di mercato e da quella spietata delle Major.
Chapeau!


Silvia Collesi