Intervista: a tu per tu con RAFFICA

La cantante tra i 18 finalisti di Musicultura 2022

Classe 1994 e napoletana d’origine, RAFFICA – all’anagrafe Raffaella Maria Anna – alimenta la sua passione per la musica studiando danza e canto sin dalla tenera età. Nel 2019 accede all’Accademia Spettacolo Italia mentre l’anno successivo apre il concerto di Tony Esposito e la sua band al Wine Art Jazz Festival. Nel 2021, alla pubblicazione di tre inediti segue la possibilità di salire sul palco del Deejay On Stage di Riccione, cui fa da eco un posto tra i semifinalisti al premio Fabrizio De Andrè. A febbraio 2022 pubblica il suo primo EP “Fenomeni Paranormali”.
RAFFICA racconta alla redazione di “Sciuscià” le sue influenze musicali e l’importanza di cantare della propria terra. 

Grazie al singolo Pos/To/Me hai avuto l’opportunità di esibirti sul palco del Deejay On Stage di Riccione tra i big della musica. Come hai vissuto quell’esperienza? Cosa ti ha fatto capire del mondo dei live?

L’esperienza è stata fighissima, mi sono sentita il cuore a mille, e alla fine poi da quel palco non volevo scendere più. 

Ho letto che uno dei tuoi punti di riferimento musicali è Mia Martini, specialmente per l’“emozione e il pathos” che riesce a trasmettere cantando. Se ce n’è uno in particolare, con quale brano hai capito che la tua scrittura avrebbe tratto beneficio dall’ascolto del repertorio musicale di quest’immensa artista italiana? 

Di Mia Martini non esiste solo un brano, ma potrei citare un disco che ha fortificato la mia idea di scrittura, ed è “Oltre la collina”, nonché il suo primo disco. Questo lavoro mi ha rapita, mi ha fatta viaggiare indietro nel tempo facendomi comprendere la fragilità dei giovani degli anni ‘70. Un capolavoro.

Non posso evitare di nominare il tuo primo EP, Fenomeni Paranormali, pubblicato a febbraio di quest’anno. Immagino sia stato un percorso lungo non soltanto di scrittura, ma soprattutto di scandaglio interiore. E proprio soffermandoci sulla riflessione interiore, da cosa è scaturito il titolo del lavoro, da quale idea?  

Ho voluto fortemente quel titolo, perché evoca forza e determinazione e ho pensato che mi rispecchiasse, e che soprattutto rispecchiasse quello che avevo da dire. Poi  sono un’amante del paranormale, e dei film horror, amo i colpi di scena e la suspance, cerco di rendere anche la mia vita così, nessun piattume, come sulle montagne russe.

Sul palco delle Audizioni Live di Musicultura hai presentato invece il singolo Zero Volume, un richiamo alla tua terra, quella napoletana, e alla consapevolezza della sua reale condizione nella speranza che possa migliorare. Come reputi un ambiente come quello del nostro Festival e quanto è importante per te riuscire a parlare delle tue radici in un contesto musicale come questo?

Reputo quest’ambiente il luogo più giusto per poter parlare e sollevare determinate questioni. Napoli, come qualsiasi altra città, ha le sue pecche e le sue fragilità, e in fin dei conti Zero Volume è un brano che parla di radici. Parlarne per me è importante, salvifico, soprattutto perché io da ragazzina sognavo di andare via dalla mia terra, poi con il tempo è maturato questo amore che è difficile da spiegare.

Ti sei definita “una trottola”, piena di volontà di agire e soprattutto di esibirti live su quanti più palchi possibili. Durante il periodo della pandemia, però, la nostra possibilità di “girare come trottole” si è ridotta notevolmente; come ti sei data forza e come hai atteso la fine delle restrizioni?

L’ho attesa lavorando tanto su me stessa, sia da sola che grazie alla terapia (che definisco essenziale per ogni essere umano). Ho studiato, non mi sono fermata. Mi sono data da fare come potevo, i momenti down sono stati più dei momenti up, però, dai, anche quelli sono serviti tanto.


Martina Di Marco