Intervista: a tu per tu con LA ZERO

Con Mea culpa, l’eclettismo de La Zero approda a Musicultura 2020

Ballerina, attrice, imitatrice, cantautrice e chissà cos’altro potremmo aspettarci in futuro da Manuela Zero, in arte La Zero, selezionata tra i finalisti della XXXI edizione di Musicultura. L’artista di Piano di Sorrento è a dir poco abituata al palcoscenico, vantando preziosissime collaborazioni nel mondo della danza, del teatro, della tv e del cinema, ed esplorando da pochissimi anni i palchi musicali, dopo l’esordio a Sanremo Giovani nel 2018. Alla redazione di Sciuscià racconta così la sua urgenza di scrittura e di musica.

Di origini partenopee, con la maggiore età ti sei trasferita a Roma per proseguire la tua carriera, ma nella scrittura dei tuoi testi c’è spesso un ritorno a tutto il fascino, in primo luogo linguistico, che solo Napoli sa lasciare. Nel tuo ultimo singolo, Occhi, questa anima campana, tradizionale per temi e motivi, è miscelata a sonorità elettroniche più innovative e impreviste, seguendo un trend in cui non sei di certo sola. Come spieghi la ricercata contaminazione musicale di un’intera generazione di musicisti emigrati da Napoli?

Con un sorriso penso a Massimo Troisi, quando in Ricomincio da tre arriva a Firenze per il suo viaggio in cerca di nuova luce e tutti non fanno altro che chiedergli «emigrante?», e lui ogni volta «mo’ nu napoletano non può viaggiare che si deve sentire dire emigrante?».Se invece penso a Pino Daniele, la sua musica era contaminazione pura, prima della tradizione napoletana e poi dal blues americano, perché alla base Nato di Napoli arrivavano i dischi prima che in ogni altro posto. Se penso alle dominazioni a cui la mia città ha dovuto resistere o ai popoli che ha sempre accolto, a partire dai Greci, è inevitabile dirvi che il sangue napoletano ha un sapore internazionale, contamina e viene contaminato continuamente; e questo sapore ti rimane dentro e fatica ad andar via, che tu stia vivendo a Napoli o meno!

Il tuo progetto musicale è solo uno dei modi in cui ti sei espressa sul palcoscenico: dal diploma in danza classica e contemporanea al Teatro lirico San Carlo sei passata al mondo della recitazione, vantando collaborazioni su piccolo e grande schermo, con registi del calibro di Pieraccioni e Sorrentino. Nella tua performance alle Audizioni Live al Lauro Rossi ci hai deliziato con un mix ben calibrato di recitativi e di musica, a tuo dire un’eccezionalità confezionata in acustico appositamente per il pubblico di Musicultura. Come mai questa scelta?

Avevo solamente 15 minuti per raccontarmi e per far ascoltare le mie canzoni. Ho pensato fosse un’opportunità rara, perfetta per mettere in luce più di un aspetto del mio percorso. In realtà, la mia musica non è subordinata alla recitazione e viceversa, ma in quello spazio ho deciso di farlo, e lo rifarei, perché è stato magico sentire il silenzio della platea in connessione con il modo in cui avevo deciso di raccontarmi. Ho la grande fortuna di poter scegliere come performare a seconda del contesto, ed è questo il motivo per cui proverò ad esprimermi sempre in un modo il più creativo e innovativo possibile.

In Mea culpa, brano finalista a Musicultura, scegli di dar voce alla monaca protagonista di Storia di una capinera di Verga, racconto di un perdono che mai arriverà. Uno dei tuoi ultimissimi brani, Abracadabra, scritto con il rapper Livio Cori, è invece il racconto di una rivalsa che molto sembrerebbe avvicinarsi alle più recenti lotte femministe del movimento #MeeToo. Pensi che le cose stanno realmente cambiando? O che perlomeno la musica o l’arte in genere possano offrire un contributo incisivo alla causa?

In Abracadabra la denuncia più forte la faccio in realtà a me stessa, a quella parte di me che non ha avuto il coraggio di ribellarsi. Siamo donne, esseri umani, possiamo sbagliare, ma è in mano nostra la possibilità di reagire. Il movimento #MeeToo in Italia non ha avuto forse gli effetti sperati e le cose non mi sembrano siano alla fine cambiate più di tanto. Purtroppo non sarà una canzone a fermare l’abuso di potere, ma la musica in quanto espressione della verità è denuncia, può essere la voce di una nuova coscienza. In Mea Culpa non mi ispiro semplicemente a una novella di Verga, ma a una storia vera, quella di una giovane suora innamorata di un ragazzo con cui concepisce un bambino che non verrà mai alla luce perché, per paura, la protagonista decide di togliersi la vita, con suo figlio ancora in grembo. Ho vissuto quest’assurda storia molto da vicino negli anni dei miei studi dalle suore. È una storia di libertà, che riflette su una società che detta leggi e non lascia spazio al perdonarsi.

Nel 2018 sei stata selezionata da Claudio Baglioni tra le 24 proposte di Sanremo Giovani con Nina è brava, brano estremamente militante e di denuncia. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza televisiva?

Nina è brava è stata la prima canzone che ho mai scritto, e per giunta a Sanremo ho cantato una mia canzone in pubblico per la prima volta. Come puoi immaginare, è stata un’esperienza dirompente; visto il mio percorso precedente, ed anche rispetto all’argomento che avevo toccato, ci sono stati anche parecchi pregiudizi. Alla fine però la sincerità degli intenti arriva sempre, e quei pregiudizi si sono trasformati in amore e consensi. Nina è brava è stata la luce, mi ha aperto una nuova strada. Dopo Sanremo ho incominciato a scrivere ininterrottamente e d’istinto, per me e per altri artisti. A dire la verità, ancora oggi se dovessi spiegarvi come arrivano le mie canzoni farei fatica: ho incominciato a scrivere senza sapere come fare, è un flusso, sono scenari che a volte sogno.

Cosa ti aspetti invece da una kermesse musicale tanto differente come quella di Musicultura? E in quali nuove vesti ti potremmo vedere in futuro?

La possibilità di esprimermi liberamente. Per il futuro mi piacerebbe fondere in un solo progetto tutto il mio percorso artistico: creare un mio corpo di ballo, un vero e proprio show, immaginare delle performance, dei costumi, raccontare delle storie interpretandole, come fossero film. Creare insomma qualcosa di coerente, ma che sia in continua evoluzione, imprevedibile, aggiungendo a quello che già sto creando di volta in volta un tassello in più. A dirla tutta, ho una visione in mente molto precisa di quello che vorrei fare, ma ci vogliono studio, testa e un po’ di fortuna!


Loretta Paternesi Meloni