Intervista: a tu per tu con Martina Vinci

“La cosa a cui tengo di più è che ogni riga sia autentica, ogni parola sentita”: Martina Vinci finalista di Musicultura 2022

Nata a Genova, la giovane cantautrice Martina Vinci si avvicina sin da piccolissima alla musica e alla scrittura.  Dalla sua passione per le storie nascono la voglia e la capacità di mettere in musica i suoi pensieri e le sue emozioni. Dopo anni di silenzio prende una manciata di canzoni, lascia la sua città natale e raggiunge la produttrice Ginevra Nervi, nel suo home studio a Rossiglione, per realizzare il suo ep d’esordio.

Leggendo la tua biografia e osservando la tua esibizione ipotizzo che la tua musica e i tuoi testi siano frutto di una grande passione per la narrativa o, per meglio dire, che nascano dalla voglia di raccontare una storia. C’è uno scrittore o un libro che credi abbia contribuito alla nascita di Martina?

Quando scrivo non penso molto; so che può sembrare un paradosso, ma è così. Non cerco di mirare a qualcosa di specifico, ma seguo il flusso di emozioni e immagini, come arrivano, senza controllarle, senza guidarle. La cura sta poi nel selezionare a posteriori ciò che fa arrivare di più il messaggio o la sensazione che avevo dentro. Però sono felice se da ciò che mi viene spontaneo si percepiscono i mondi che inevitabilmente mi contaminano. Sono una divoratrice di libri, film, serie, musica. Come con le persone, spesso non mi innamoro della totalità, ma di dettagli e piccole pillole che per me sono devastanti. La risposta a chi sia LO scrittore o IL libro che mi abbia influenzata maggiormente cambierebbe di settimana in settimana, ma posso dire che fra i titoli che nel tempo mi hanno lasciato più tracce addosso ci sono sicuramente: “Donne che corrono coi lupi” di Clarissa Pinkola Estés – non credo sia un caso se l’estate successiva alla lettura sono partita zaino in spalla da sola -,  “milk and honey” di Rupi Kaur, che ha la capacità di farti rivivere in tre righe cicatrici radicate fin dall’infanzia e lasciarti nuda davanti a te stessa, e forse, fra i più recenti, “Qualcuno che ti ami in tutta la tua gloria devastata” di Raphael Bob-Waksberg, che riesce a farti ridere e piangere a cascata contemporaneamente. Ma già adesso che ho nominato questi tre, me ne stanno venendo in mente altri!

Da bambina scrivevi filastrocche sul tuo quaderno giallo; poi, nel corso degli anni, hai vinto molti premi, hai partecipato a Cantautori per Amatrice e oggi sei tra i finalisti della XXXIII edizione di Musicultura. Se potessi tornare indietro nel tempo, cosa diresti alla bambina scrittrice di filastrocche? 

Continua a giocare con le parole, non prenderti troppo sul serio, studia un po’ meno e vivi un po’ di più, chi se ne frega se non vieni bene in foto, sei bella anche se non ci credi e ricorda: tieniti stretta la musica che presto sarà l’ancora più salda a cui potrai aggrapparti, sii sempre testarda, non è mai abbastanza.

Il tuo stile è cambiato molto rispetto al 2016, quando cantavi Ombre Cinesi. Questo nuovo mix di musica elettronica e canto a mezza voce sembra una ninna nanna moderna. Quanto ha influito la collaborazione con Ginevra Nervi nella creazione di questo nuovo sound?

Avevo smesso di pubblicare musica da parecchi anni e avevo anche scelto di fare il take down di un ep acustico a cui tengo molto, uscito in un momento di minor consapevolezza e in cui stavo ancora cercando il mondo sonoro in cui collocarmi. Sono andata da Ginevra con una manciata di canzoni di cui finalmente ero convinta e che tenevo nel cassetto da un po’, qualche mese dopo ci siamo chiuse nel suo home studio di Rossiglione in mezzo a monster e calathee, il nostro habitat, e siamo partite. Ha fatto rifiorire l’elettronica, i synth, i bassi, ha preso le mie batterie “smembrate” che credevo avrebbe istantaneamente buttato via e invece le ha intensificate ancora di più. Quanto ci siamo divertite!

Nel cielo di Londra, il brano in concorso a Musicultura, parli di emozioni. Racconti la storia di una donna che di fronte alle avversità della vita ne scopre il lato positivo grazie alla musica, àncora di salvezza per la sua anima. Siamo di fronte a un pezzo autobiografico? E, più in generale, dove trai ispirazione per le tue canzoni? 

La cosa a cui tengo di più è che ogni riga sia autentica, ogni parola sentita, perciò sì, è un brano  profondamente autobiografico e quello che più mi sconvolge è quando qualcuno arriva e mi dice: “Marti anch’io a scuola facevo x”, o un ragazzo che mi disse: “Mamma mia, Marti, la frase del seno è incredibile, arriva tantissimo!”. Allora ricordo uno dei miei mentori umani e musicali, Emanuele Dabbono, che una volta mi disse: “Vai all’essenza di quello che è importante per te, vai all’origine, non essere vaga, incontrerai le corde di qualcun altro che ha vissuto qualcosa di simile a te, anche se diverso”.

Facciamo finta che tu sia davanti a uno specchio: se dovessi descriverti con 3 sostantivi quali sarebbero e perché? 

“Curiosità”, sono un’instancabile osservatrice e faccio un sacco di domande, forse troppe;  “empatia”, o anche “iper-empatia” (anche se devo dire che quando è troppa non la ritengo un pregio!); “silenzio”, quello dell’attimo prima della musica, quello lunghissimo di quando mi incanto ad ascoltare o a osservare, quello che cerco quando ho bisogno di stare da sola, quello che a volte mi fa paura.


Sabino Virgilio