Intervista: a tu per tu con SENNA

Un tuffo negli anni ’80: direttamente dal litorale romano, i Senna tra i 16 finalisti di Musicultura 2020

Con la veemenza e lo stesso travolgente impeto del fiume da cui prendono il nome, i Senna, band romana fuori genere, approdano alla fase finale di Musicultura 2020.
Il loro debut album s’intitola Sottomarini ed è un concentrato di indie sperimentale, sonorità vibranti ed elementi di vita quotidiana in cui è facile, quasi naturale, immedesimarsi.
Artigianale, registrata in analogico su nastro magnetico e fatta di atmosfere Lo-Fi anni ’80: La musica dei Senna è sopra le righe, mai demodé e, soprattutto, è una musica che unisce.
Noi di Sciuscià abbiamo parlato con loro; ci hanno raccontato di come si sono incontrati, delle loro influenze musicali e di cosa dobbiamo aspettarci dal futuro. Di seguito l’intervista rilasciata alla redazione del Festival:

Il vostro sodalizio artistico nasce solamente un paio di anni fa: siete una band giovane in tutti i sensi. Ecco, la giovinezza anagrafica come influisce sul vostro modo di fare musica?

Simone – Tutti e tre abbiamo iniziato a suonare presto e siamo passati attraverso ascolti anche molto diversi fra loro. Penso che siamo abbastanza maturi nel modo di suonare, nel senso che mettiamo sempre davanti a tutto ciò che “fa funzionare” l’insieme (le canzoni) rispetto ai virtuosismi personali. La relativa giovinezza credo sia anche un fuoco che ci permette di approcciare le registrazioni in modo sempre curioso e maniacale, ma conoscendo i nostri caratteri credo che rimarrà con noi anche da vecchi.

A proposito di musica: in un momento tanto delicato come questo, quali sono stati i vostri ascolti più frequenti durante la quarantena dell’ultimo mese?

Valerio – In questo momento sto apprezzando molto la scena hip hop italiana, con Mahmood sopra tutti.

Simone – Per colpa di Valerio, mi sto ascoltando alcuni dischi dei My Chemical Romance, che mi sembrano molto adatti al periodo. Poi, Phoebe Bridgers e gli Smashing Pumpkins.

Carlo – Classico cantautorato malinconico e avvolgente dei giorni nostri: Phoebe Bridgers, Daniel Johnston, Sharon Van Etten, Bonnie Prince Billy. E poi il materiale ambient e dissonante di TrentReznor e AtticusRoss.

Parlateci del brano con il quale vi siete aggiudicati l’accesso tra i 16 finalisti di Musicultura, Italifornia: come è stato il processo creativo? Si tratta di una di quelle canzoni che “vengono fuori già con le parole”?

Carlo – Fondamentalmente sì: era gennaio e stavo camminando verso la spiaggia, in una meravigliosa giornata di sole come ne abbiamo solo noi in Italia e come ce ne sono in California. Mi cantavo il ritornello in testa mentre ero in strada. Una volta tornato a casa, le immagini mi scorrevano davanti agli occhi mentre suonavo gli accordi al pianoforte. Ho cercato di fondere la bellezza e le contraddizioni di questi luoghi così lontani, ma sotto molti punti di vista simili, in una canzone di quattro minuti.

Restiamo ancora su Italifornia: siete felici del fatto che la giuria del Festival abbia scelto proprio questo brano?

Carlo – Sì, perché tra quelle che ho scritto è quella in cui il disagio personale sfocia in maniera più forte nel disagio generazionale.

Simone – Personalmente, moltissimo. Ho scelto io di inviarlo al momento dell’iscrizione, perché ci credo tanto. Ricordo ancora quando mio fratello (Carlo) me l’ha fatto ascoltare per la prima volta piano e voce e mi ha descritto il modo in cui voleva arrangiarlo; ho pensato subito: “Questo brano qui è una capolavoro”. Spero di non essere il solo a pensarlo.

ValerioItalifornia è una di quelle canzoni di cui c’è bisogno. Dà veramente una bella carica che speriamo di riuscire a trasmettere sul palco.

Progetti futuri? Come vi vedremo impegnati nei prossimi mesi?  

Simone – è da poco uscito il nostro nuovo singolo che si chiama Anidride carbonica, e Carlo trasmette tutte le sere in diretta sul nostro profilo Instagram con un format che si è inventato:“La canzone della buonanotte”, per tenere compagnia a tutti nonostante la quarantena.  Speriamo anche di riprendere presto a suonare dal vivo, ci manca moltissimo anche perché abbiamo dovuto lasciare a metà il tour con cui stavamo portando in giro per l’Italia il nostro primo album. E poi, soprattutto, c’è Musicultura.


Silvia Collesi