Intervista: a tu per tu con THEMORBELLI

THEMORBELLI a Musicultura: “Se decidiamo che la vita è sacra, allora a 16 anni avevo già deciso di consacrarla”

Il piemontese Mario Andrea Morbelli, in arte THEMORBELLI, ha dedicato la sua vita all’arte in ogni sua forma. Documentarista, scrittore, cantautore e pittore, è riuscito a conquistare un posto tra i finalisti della XXXIII edizione di Musicultura grazie al suo singolo Il Giardino dei Finzi Contini, prodotto dalla  Carioca Records.

La tua musica è un miscuglio di generi. Per quanto i brani cantati alle Audizioni siano caratterizzati da un hip-hop tipico degli anni ‘80, la malinconia e il senso di tranquillità che trasmettono rispecchiano perfettamente il panorama indie pop italiano. Questo mix di generi nasce per esigenza o sei sempre alla ricerca di un modo nuovo di esprimere i tuoi pensieri?

Facciamo un po’ di ordine, ci tengo. I brani selezionati non sono assolutamente Hip Hop, sono semplicemente indie pop e sono legati alla letteratura nei contenuti. È vero, alcune sonorità sono anni ’80, ma nell’insieme non ho pensato molto, anzi direi che sono andato a istinto, lo faccio sempre, ormai è una certezza per me, scegliere di fare quello che sento e basta. La mia indole ha a che fare con il mondo Urban, ma è assolutamente fisiologico evolversi e contaminarsi. Ho fatto brani Hip Hop e altri Space Hop. Sono passato dalla Drum & Bass, al Crossover con la band Drumpapaya e al cantautorato più dolce. Insomma, la faccenda dell’identificazione di genere forse ormai è superflua. La cosa importante è mantenere la rotta, poi che sia una barca a vela o un catamarano poco importa. Quindi credo che l’esigenza che intendi tu nella domanda sia legata alla mia natura letteraria e non alla mera collocazione musicale.

L’arte, in molteplici forme, è al centro dei tuoi pensieri. Cosa ti spinge ogni giorno a rapportarti con pittura, musica, scrittura o videomaking? Quale è stata la scintilla che ti ha fatto dire: “l’arte è la mia vita”?

Sarò brutale: se decidiamo che la vita è sacra, allora dobbiamo dire che a 16 anni avevo già deciso di consacrarla. Sono di estrazione popolare e adoro dirlo, anzi gridarlo.
Nel 1996 vinsi il primo concorso pittorico, andavo ancora a scuola, e dopo aver esposto la mia opera in un bar venne acquistata nel giro di pochi giorni. Dopodiché nel 2001 organizzai la mia prima personale intitolata “Primi Tuffi”. 45 lavori esposti, 45 piazzati, 45 gioie propulsive. Scrivevo già racconti e facevo già musica rap. Perché cercare la tranquillità economica di un lavoro ordinario rischiando di essere tristi e insoddisfatti? Ho certamente sacrificato vacanze, comodità, viaggi, motorini alla moda, e molto altro, tutt’oggi rinuncio continuamente alla normalità che vedo nella vita delle persone, ma è proprio questa la mia arte, vivere in un mondo che ho costruito con le mie mani e, per quanto piccolo e ancora alimentato da semplice perseveranza, è davvero la mia Montagna Sacra (Jodorowsky docet).  Quindi, in una sola parola la risposta è: sopravvivenza, in tutte le sue accezioni.

Con Il giardino dei Finzi Contini racconti di un viaggio che parte da Torino e, passando per Bologna e Recanati, arriva fino a Venezia. A incuriosirmi maggiormente è l’approdo, Venezia, appunto. Cosa esprime per te questa città e perché l’hai scelta come tappa conclusiva?

Collegandomi alla risposta precedente, non ho scelto Venezia ma bensì è la prima città che visitai con mia madre e mia zia che abitava da quelle parti; era il 1988 credo, e quell’esperienza è stata folgorante a livello animico: un battesimo, un’epifania.
Bologna non l’ho mai vista, ne ho sempre e solo sentito parlarne da altri, Torino l’ho vissuta 8 anni grazie all’università e Recanati l’ho vista grazie a voi. Il viaggio per me è sempre stato funzionale alle mie attività, non amo il turismo, o meglio non amo essere un turista fine a se stesso, ho sempre pensato e lavorato con l’idea che il mondo lo avrei visto grazie alla mia arte e, fin’ora, sembra che questa cosa abbia preso vita autonomamente.  

In Il Giardino dei Finzi Contini, ma soprattutto in THERINASCIMENTO, ho ascoltato quel rap vecchia scuola, scanzonato, pieno di rime, che tuttavia comunica messaggi profondi. C’è un artista, non necessariamente un cantante o un musicista, che ti ha ispirato o continua a ispirarti per questo particolare tipo di comunicatività? 

Certo, più di uno. Rimaniamo sul concetto che sono uno scrittore, puntualizziamo il fatto che parte tutto dalla letteratura, il mio romanzo – che ha appena vinto il Premio Etnabook Festival di Catania, terzo su 1300 autori – racchiude tutta la mia visione della vita, tutta la natura che mi sostiene, tutta la fatica per migliorare sotto il piano umano e quindi è facile racchiudere il concetto all’interno delle esperienze vitali fin qui affrontate. Ho cominciato a scrivere dopo aver conosciuto Raymond Carver, John Fante, Salinger, Kafka, e oggi continuo a scoprire storie e persone che hanno fatto della loro vita un’opera d’arte. Mi ispirano i cantautori italiani degli anni ’50 e ’60 come Tenco (che è nato nella mia città), Piero Ciampi, Sergio Endrigo, Modugno, Lauzi, Conte (che abita a mezz’ora da casa mia ) Enzo Jannacci, Capossela. Poi altre figure come Sandro Penna, Zanzotto, La Murno, Flannery O’Connor, Erskine Caldwell e molti altri. E poi c’è tutto il mondo del cinema italiano sempre del nostro incredibile boom economico post bellico, ma verrebbe lunga spiegare chi e soprattutto il perché. Infine la mia famiglia, che è ormai una polaroid ben conservata nel mio cuore.

Cito per un attimo la tua biografia: “Questi concetti mi sono arrivati dal Maestro Galimberti che seguo con religioso rispetto”. Anche all’interno di THERINASCIMENTO nomini il filosofo lombardo. Quali sfaccettature del pensiero filosofico galimbertiano hanno lasciato un segno in THEMORBELLI?

Soprattutto la conferenza su Amore & Psiche. Dopo anni di rap crudo, cinismo e rabbia creativa e soprattutto dopo la pubblicazione del romanzo Io ci vengo, però non mi affeziono a nessuno mi sono innamorato.
Così ho cominciato a scrivere canzoni d’amore che hanno prodotto l’album che mi ha fatto guadagnare il contratto con la Carioca Records di Leo Curiale e Gianni Bini. Insomma il buon Galimberti mi ha definitivamente convinto del fatto che l’amore è follia pura e grazie a Dio sono impazzito nel migliore dei modi possibili.


Sabino Virgilio