Intervista: a tu per tu con Vito

“Canto quello che vivo”: Vito tra i 18 finalisti di Musicultura

Il cantante palermitano Vito Misseri, in arte Vito, è fra i diciotto finalisti di Musicultura 2022. La musica lo accompagna fin dalla più tenera età e l’amore che nutre per questa forma d’arte lo porta a soli 12 anni alla partecipazione al programma televisivo Ti lascio una canzone. Parte da lì una carriera che ad oggi vanta la stesura di numerosissimi brani e cha approda sul palco del Festival della Canzone Popolare e d’Autore. 

Nonostante la tua giovane età, il tuo repertorio musicale è molto ampio. A quanti anni hai preso in mano per la prima volta carta e penna cominciando a scrivere quelli che poi sarebbero diventati dei brani musicali e qual è stato l’input che ti ha fatto iniziare?

Ho cominciato a scrivere a 16 anni perché mi sentivo in difetto rispetto a tutto quello che mi circondava. Mi domandavo costantemente “Come fa questa canzone a comunicarmi questo, com’è possibile? Come può una cosa astratta come una canzone leggermi e decifrarmi così facilmente?” Dovevo riuscirci anch’io in qualche modo: leggermi, decifrarmi e trasferire tutto su un foglio. Così sono nate le mie prime canzoni. Non erano molto belle, però erano le mie. 

A soli 13 anni hai partecipato al programma televisivo “Ti lascio una canzone”, mandato in onda in prima serata su Rai 1 con la conduzione di Antonella Clerici, entrando a far parte del cast con altri giovanissimi talenti. Ora, a distanza di anni, sei a Musicultura. Cosa si prova a sentire nuovamente l’emozione di salire su un palco e quali differenze percepisci tra le due esperienze a livello artistico?

Ricominciare a sentire l’emozione più grande mai provata è difficilissimo da spiegare a parole, è solo gigantesca e “BOOM”, non vedevo l’ora. Sicuramente adesso riuscirò a viverla meglio e a sfruttarla più a pieno. Prima ero solo un bambino che si preoccupava di dover tenere più a lungo possibile l’ultima nota altissima di quella canzone difficilissima, adesso vivo quello che canto sperando che chi mi ascolta riesca veramente a comprenderlo e a farlo suo. 

Alle Audizioni live di Musicultura hai scelto di esibirti con Apocalisse e Quanto costa l’amore, brani entrambi incentrati su una situazione un po’ sfortunata nelle questioni di cuore. Inoltre, sul tuo profilo social di Instagram salta subito all’occhio la descrizione autoironica secondo la quale sei un cantautore sfigato (in amore). Perché decidi di far prevalere questo aspetto all’interno della tua musica e in che modo la cosa incide nella tua vita sentimentale?

Penso che l’amore sia uno dei misteri più esposti di sempre. È ovunque e facilmente “analizzabile”, eppure nessuno l’ha ancora capito per bene. Cambia, inizia, finisce, molto spesso anche senza alcun motivo. Attraverso le mie canzoni cerco di spiegare cos’è l’amore per me, però non prevale sempre. Sì, è l’argomento che preferisco perché puoi scriverne miliardi di canzoni sull’amore, ma ogni volta che lo fai è come se fosse la prima. La mia vita sentimentale, invece, resta costantemente la stessa: quella di un cantautore sfigato (in amore).

Proprio sul palco delle Audizioni hai detto di “vivere a metà tra stare a distanza da quello che c’è sempre e stare accanto a quello che c’è, trasformandolo in qualcosa di personale e cercando di mischiare pop, soul e rock”. Giustappunto: senti di appartenere a qualche genere musicale in particolare oppure che un genere musicale possa appartenere a te?

Non mi sento di appartenere a un genere musicale preciso, e neanche che un genere musicale possa appartenere a me. Il pop compare in tutte le mie canzoni, è vero, ma non le predomina. Mi piace sperimentare, unire generi diversi tra loro e creare qualcosa che non debba per forza essere quel genere musicale preciso.

Il tuo modo di cantare è piuttosto singolare, quasi e addirittura viscerale. Accade per una particolare ragione? Se sì, quale?

Quando scrivo è come se provassi tutte le emozioni del mondo e le trasferissi su un foglio di carta. Quando canto, quindi, è come se le riprovassi di nuovo e le buttassi fuori, come una liberazione da qualcosa di veramente ingombrante, impossibile da tenere dentro. Per questo canto così: canto quello che vivo in quel preciso momento, che sia dolore, gioia o qualsiasi altra emozione.


Claudia Santarsiero