Testi Audizioni 2022

Apu

LA VECCHIA BALLERINA

Le scale odorano di muffa, di talco e di vaniglia,
non che il palazzo sia particolarmente vecchio;
forse un’infiltrazione d’acqua e sapone di Marsiglia.
Non ho bisogno di mettermi a cercare l’appartamento
Mi guida la musica, è bella questa musica.
La vecchia ballerina ha un sorriso che viene da lontano;
sa già come interpretare il mio complimento.
Sa che è rimasto solo il fascino indelebile di un tempo perduto.
Mi mostra una foto, allora aveva il mondo stretto nelle mani.
Ascolto la musica, è bella questa musica
Che bella questa musica che si spande nella stanza dolcemente!
La vecchia ballerina in tutù sembra grottesca;
con rassegnata eleganza segue questa musica immortale.
I suoi passi e le sue movenze rendono la scena surreale,
poi di colpo, per magia, sembra giovane e bella, come in un’altra vita.
La fisso, mi avvolge il ricordo di una fotografia di tanti anni prima.
Ascolto la musica, è bella questa musica.
Che bella questa musica che si spande nella stanza dolcemente!

MATTINA POMERIGGIO E NOTTE

Mi sono innamorata di una donna ucraina
come me sugli anta, ma ancora molto carina,
con quella pelle di marmo rosa e quell’aria da santa
dipinta in cartolina.
Ci siamo conosciute per caso, ho fatto un numero sospetto
dal telefono di mio marito;
prima che io parlassi ha detto: “ho smesso.
Cancella questo numero, adesso non faccio più quella vita”.
Credeva di parlare con lui,
con quella voce bassa e quell’accento indefinibile.
Sembrava molto decisa e risoluta,
anche se il tono della voce era quasi impercettibile.
Si capiva che era molto stanca;
ho voluto incontrarla e mi ha fatto una bella impressione.
Della sua vita qualcosa mi manca,
ma molte cose si può dire che le avevamo in condivisione.
In comune la stessa tristezza negli occhi e, va beh,
se vogliamo, anche mio marito.
Mi ha detto che gli si era affezionata, perché
comunque era un bell’uomo, gentile e pulito.
Questa cosa mi ha fatto piacere, è normale
che un po’ ero gelosa, è scontato,
ma, come si fa per un bambino o un animale,
mi sono sentita orgogliosa di averlo educato.
Si potrebbe anche dire che nella vita
abbiamo fatto lo stesso lavoro io e Svetlana,
anche se il mio forse è un po’ più di fatica
e lei non si vergogna di dire che ha fatto la puttana.
Io sempre in fabbrica a spennare polli con le mie dita.
Lei invece adesso ha deciso di darci un taglio
alla tortura di andare per strada e rischiare la vita,
a spennare polli bastardi che puzzano d’aglio.
Adesso siamo entrambe senza lavoro ed è una liberazione.
Lei perché ha smesso di far quella vita,
io perché mi hanno messo in cassa integrazione
e adesso posso cominciare un’altra partita.
Il mio padrone ha preso la sofferta decisione
di trasferire la produzione in un altro posto,
dove c’è ancora più fame e disperazione,
il lavoro costa meno e l’imponibile non sempre è imposto.
Quello che non cambia è la sensazione
che le vite di queste persone siano interrotte
dallo scandire inesorabile delle ore
al ritmo infinito dei turni:
mattina pomeriggio e notte, mattina pomeriggio e notte,
mattina pomeriggio e notte, mattina pomeriggio e notte.
Per mio marito avrei dato la vita,
anzi si può dire che gliel’ho proprio data
e adesso che la storia è finita
non mi fà nessun effetto lasciarlo, è una cosa scontata.
È diventato col tempo un estraneo,
qualcuno con cui condividere un letto
mai una sorpresa, un gesto spontaneo
un regalo inatteso, un bacio, uno slancio d’affetto.
Comunque non è stata la prima volta che l’ho beccato con un’altra donna, perfino al lavoro,
una mia collega di Cesena ai surgelati,
nella cella frigorifera, che bella scena!
Lei che mi dava le spalle e continuava ad agitarsi,
senza ottenere l’effetto sperato.
Lui, i pantaloni calati, che non riusciva ad alzarsi
neanche dalla sedia, perché era mezzo assiderato.
Quando mi ha visto è diventato verde,
c’è rimasto male e mi ha fatto perfino un po’ pena.
La stessa espressione di quando la Juve perde una Finale di Champion’s ed esce di scena.
Da allora non mi sono più fatta toccare,
neanche quella volta che mi ha portato un fiore.
Nemmeno quando mi ha portato al mare,
in quel ristorante troppo caro, troppi soldi solo per mangiare.
Una volta l’ho tradito anch’io, lo ammetto,
con un ragazzo mulatto che guidava il muletto.
Mi ero presa una bella sbandata,
perché mi faceva sentire ancora desiderata.
Due caffè al volo alla macchinetta,
forse per me il ricordo dei baci più belli.
Attimi rubati alla pausa sigaretta,
ma poi, con il tempo, nemmeno quelli.
Io generica al recupero dello scarto,
sempre curva ai nastri di scorrimento,
mentre lui si è trasferito in un altro reparto:
Vicecapoturno al confezionamento.
Ci vediamo ogni tanto a mangiare in mensa
due parole tra un primo, un secondo e un contorno.
Sempre di corsa in quell’aria densa
che si respira giorno dopo giorno.
Si consumano i sogni e le mani
e perfino le ossa sono già tutte rotte,
in questo futuro senza un domani,
al ritmo infinito dei turni:
mattina pomeriggio e notte, mattina pomeriggio e notte,
mattina pomeriggio e notte, mattina pomeriggio e notte.
Se c’è un inferno somiglia a questo.
Otto ore al giorno, turno per turno.
Questo lavoro che mi ha rubato
la vita, i sogni, i progetti, il futuro.
Questa vita che mi ha regalato
solo incertezze e lavoro duro.
Questa vita che mi inghiotte,
questa vita con le ossa rotte,
questa vita che mi ha preso a botte
mattina, pomeriggio e notte.


Maestral

MARGHESARÀ

Un mar, un mar de fabbriche un mar
un mar de operai un mar
un mar che ne ga dà anca el pan
Un mar de schei e tera un mar
un mar co tre sirene un mar
un mar che gira de maestral
Marghera no se pol più spetar
Sarà che me vien da rider
a pensar queo che i te farà
sarà che xe masa tardi
par poderte curar
sarà che no ghe xe più tempo
par rider e schersar
sarà…un mar…
Marghesarà
Marghesarà
ogni cosa ha il proprio tempo Marghesarà
Marghesarà
Marghesarà
vento in poppa il cielo é terso
Un mar che xe de sento ani fa
un mar che el M.O.S.E no fermarà
nn mar quanto ne costarà
Un mar che me fa ancora cantar
zogar, sperar, discuter, sognar
un mar de ciacoe da bar
Marghera go vogia de balar
Sarà che no i vol far niente
par paura de cambiar
sarà che ea regata xe longa
e nisuni vol vogar
sarà che anca el leon
se ga roto i cojoni de spetar
sarà…sarà…un mar…
Marghesarà
Marghesarà
e finalmente il nuovo giorno arriverà
Marghesarà
Marghesarà
se mai ci sarà un futuro
Marghesarà

(Trad.)
Un mare, un mare di fabbriche un mare
un mare di operai un mare
un mare che ci ha dato anche il pane
Un mare di soldi e di terra un mare
un mare con tre sirene un mare
un mare che gira a maestrale
Marghera non si può più aspettare
Sarà che mi vien da ridere
se penso a quello che ti faranno
sarà che ormai é troppo tardi
per poterti curare
sarà che non c’é più tempo
per ridere e scherzare
sarà…un mare…
Marghesarà
Marghesarà
ogni cosa ha il proprio tempo Marghesarà
Marghesarà
Marghesarà
vento in poppa il cielo é terso
Un mare che é di cento anni fa
un mare che il M.O.S.E non fermerà
un mare quanto ci costerà
Un mare che mi fa ancora cantare
giocare, sperare, discutere, sognare
un mare di chiacchiere da bar
Marghera ho voglia di ballare
Sarà che non vogliono far niente
per paura di cambiare
sarà che la regata é lunga
e nessuno vuol vogare
sarà che anche il leone
si é rotto i coglioni di aspettare
sarà…sarà…un mare…
Marghesarà
Marghesarà
e finalmente il nuovo giorno arriverà
Marghesarà
Marghesarà
se mai ci sarà un futuro
Marghesarà

PAR TI

Queo che voria
saria stacar ea linea
e destirarme al sol
Sugarme i ossi
e sentir el vento che supia
pian pian
E se porta via tutto
Tutto queo che go fatto
Par ti
Che ti me vol
Cussì
Come che so
Co ti
Che ti vien qua
Par mi
Che so da soeo
Sto giro svoeo
via
Come na rondine
Che zoga in cieo
E par che fassa e momoe
Sora e nuvoe
E tutto queo che se vede
Fin l’orizonte
E più in là
Xe
Par ti
Che ti me vol
Cussì
Come che so
Co ti
Che ti vien qua
Par mi
Che so da soeo
Sto giro svoeo

(Trad.)
Quello che vorrei
sarebbe staccare la linea
e distendermi al sole
Asciugarmi le ossa
e sentire il vento che soffia
piano piano
E si porta via tutto
tutto quello che ho fatto
Per te
che mi vuoi
così
come sono
con te
che vieni qua
per me
che sono solo
stavolta volo
via
Come una rondine
che gioca in cielo
e sembra fare le capriole
sopra le nuvole
E tutto ciò che si vede
fino all’orizzonte
e più in là
E’
Per te
Che mi vuoi
così
Come sono
Con te
Che vieni qua
Per me
Che sono solo
stavolta volo


Pecci

OMBELICO DI VENERE

Vattene tu da Palermo senza piangere
una settimana dura un battito di palpebre
innamorato di ogni metro quadrato
sono guarito, ero malato
Lo ammetto l’asfalto
conosce il senso del tatto
l’ho scoperto quando,
mi sono mangiato il labbro
e ora in questo posto idilliaco
le labbra me le mangio per te
co’ sto sguardo sembro un po’ maniaco
ma so che sai bene perché
uno strano magnetismo
ti piaccio? per me lo mismo
facciamo il bagno in stile misto
sono in balia scusa se insisto
siamo ancora qui,
nella mia testa, ma
quella notte si ripete
mi sciolgo come cera
celere cado nell’ombelico di Venere
Vattene tu da Palermo senza piangere
un’opportunità dura un battito di palpebre
sono incastrato le
aspettative fan danno
sono comunque guarito,
mi ero isolato
la smetto o mi squaglio,
cambio abito da triglia a squalo a
scuola finto squallido
mi fermo un attimo
tutto quello che ho fatto è stato
dare il massimo ma spesso non basta, casino’
in fatti mo’
siamo ancora qui,
nella mia testa, ma
quella notte si ripete
mi sciolgo come cera
celere cado nell’ombelico di Venere

ARMAGEDDON

Sono una meteora nel campo
Gravitazionale del tuo sguardo
Quando mi sono schiantato
Chissà se te ne sei accorta
Sono solo un cerchio nel grano
senza la tua presenza
Paranormale, irrazionale credere al fatto che
Anastasia sei la fine del mondo
Superficiale ma per te ho tutto il tempo che voglio
Sono solo un satellite senz’ orbita da quando
Piacere Pietro
Il caso non esiste nelle parti dello spazio ci contengono e sanno che siamo
Troppo piccoli per notarci
Troppo leggeri per non nuotarci
E mi manca il fiato per quanto
Questo panico abbia un senso
Anastasia sei la fine del mondo
Superficiale ma per te ho tutto il tempo che voglio


Stefania Tasca

CASTELLI DI SABBIA

Hai mai visto che
nel cielo e nella terra
non si distinguono il rumore e le grida di chi muore ?
Hai mai detto
quanto è bello rimanere a guardare
navi che volano in mari,
dello stesso colore di un velo.
Bruceremo, bruceremo
Tanto poi non cambieremo
Costruiremo Castelli di Sabbia
Fumo nero, bruceremo
Tanto noi distruggeremo
Salvaci da questa rabbia
Ah.. quanta rabbia..
Il dovere si scatena in silenzio
e non ha bisogno di essere il faro più acceso
Bruceremo, bruceremo
Tanto poi non cambieremo
Costruiremo Castelli di Sabbia
Fumo nero, bruceremo
Tanto noi distruggeremo
Salvaci da questa rabbia
Bruceremo, bruceremo
Tanto poi non cambieremo
Costruiremo Castelli di Sabbia
Fumo nero, bruceremo
Tanto noi distruggeremo
Salvaci da questa rabbia
Ah.. quanta rabbia

VETRO

Vetro,
puoi prendere i pezzi di vetro
di vetro
i pezzi di vetro

Correre, correre
non è mai servito a niente per prendere
tutte le certezze e guardami fragile
qui davanti alle parole
Correre, correre
non è mai servito a niente pretendere
sento solo il vuoto e guardami ardere
qui davanti alle parole
Polvere, polvere
senza un letto dove farsi proteggere
la paura di restare soli con se stessi
Adesso lascia respirare il cuore senza di me,
poi non guardare indietro..
lo senti, sei l’insieme di pezzi di vetro.
Adesso lascia respirare il tempo senza di me,
Poi non guardare indietro,
puoi prendere l’insieme di pezzi,
l’insieme di pezzi di vetro
Correre, correre
no non vuol dire credere di essere
così liberi di dimenticare solo quello che ci piace.
Correre, correre
no non vuol dire di credere di essere
così liberi di tagliare il vento per restare calmi
polvere, polvere
e rimanere senza fiato
tu non sei stato lucido, non sai dove sei stato
Adesso lascia respirare il cuore senza di me,
poi non guardare indietro..
lo senti, sei l’insieme di pezzi di vetro.
Adesso lascia respirare il tempo senza di me,
Poi non guardare indietro,
puoi prendere l’insieme di pezzi,
l’insieme di pezzi di vetro
puoi prendere i pezzi di vetro
di vetro,
i pezzi di vetro


Tano e l’Ora d’Aria

GAZZA LADRA

Se appena dietro gli occhi
Per me c’è compassione
Vuol dire che i tuoi baci
Han già il loro padrone
Se uno te ne avanza,
Anche il meno importante,
Pensa all’anima scalza
Di questo mendicante
Portava un amuleto
Appeso all’altezza del cuore
Ora che gliel’han preso
Inutilmente muore
Era in ginocchio in chiesa
Per la sua prima preghiera
Era una bestia indifesa
Qualcuno glielo rubò
Fu la gazza ladra
Dalla Bocca nera
Atterrò Leggiadra
Sull’acquasantiera
Non lasciarmi solo
Perfido rapace
Di inseguirti in volo
Non sono capace
Se non detesti il cielo
Che ignora il tuo divieto
Di venir giù e bagnare
Di pioggia il tuo segreto
Lascia ch’io possa guardarti,
Senza diritto né freno,
E non odiar chi di amarti
Non riesce a fare a meno
Appena mi avvicino
Vedo sulla tua schiena
Il tuo respiro crescere
Assieme alla mia pena
Che il tuo sia un cuore avido
Io no, non mi persuado
È vero mi hai derubato ma
L’hai fatto tuo malgrado
Sei la gazza ladra
Dalle voglie d’oro
Della gioia mia
Vive il tuo tesoro
E qualsiasi cosa
Tu mi abbia rubato
Resta qui con me
Io ti ho già perdonato

GLI IMPAVIDI

Saltavamo oltre i tornelli della metro
Io fui ferito ad una mano
Però riuscii a fuggire
Fuori non c’erano le stelle
Solo proiettili azzurri
Che saettavano al cielo
E ritornavano giù
Viaggiavamo leggeri verso i confini del mese
Sui cuori impavidi avevamo
Vestiti di seconda mano
Così si andava a caccia di tesori
Quando ne trovavamo uno
Ci pagavamo l’affitto
E le bollette del e gas
E della luce
Anima mia, forse non era inutile
Cercare il senso nascosto
Anche se tutto andava a puttane,
Anche se buttavamo via giornate intere
Provandoci senza riuscire
Vivevamo poco prima del futuro:
Radioso o terribile
Stava per arrivare.
Nel traffico del centro le grida degli orchi
Che non trovavano parcheggio
E allora ruggivano al cielo
Per farlo venire giù
Fino a quando un giorno il cielo li ha ascoltati
E il drago d’oro rosso che dormiva
Alla zona industriale
Si svegliò e venne a sputare nei tombini
E il fuoco cominciò ad uscire
Dai cessi, dai rubinetti
E dalle lampade invece
Della luce
Anima mia, forse non era inutile
Cercare il senso nascosto
Anche se tutto andava a puttane,
Anche se buttavamo via giornate intere
Provandoci senza riuscire
“Le metafisiche
Dimenticate negli angoli dei caffè
Le solitarie filosofie
Delle soffitte di tanti, verrà il giorno
S’addenseranno in un dio
E avranno il mondo.”


Martina Vinci

CIELO DI LONDRA

al liceo non uscivo di classe
nemmeno per la ricreazione
e anche adesso mi copro il seno
quando facciamo l’amore
perché la verità è che
pure con te non mi sono bastata
e le cadute peggiori le ho avute
quando mi sono fidata
e da quando papà è tornato
il sonno è una cella segreta
e non ho detto addio alla nonna
la notte in cui se n’è andata
e da anni ogni giorno
mi chiedo com’è che l’avrebbe affrontata
questa vita sa essere stronza
ma anche troppo educata
“ben tornata!”
e la musica era il mio mantra
per guardarmi dentro stando inosservata
ora so che ci si abitua a tutto
a non aspettarsi una telefonata
e si impara in fretta a non sentirsi amata
ma se c’è il sole anche qui
sul cielo di Londra
spero di essermi sbagliata
se c’è il sole anche qui
sul cielo di Londra
spero di essermi sbagliata
se c’è il sole anche qui
sul cielo di Londra
spero di essermi sbagliata
se c’è il sole anche qui
sul cielo di Londra
credo di essermi sbagliata

PAROLE DI TROPPO

mi hai amata senza parole o carezze di troppo
preferisci essere assente che dare nell’occhio
mi hai insegnato ad aspettare e lavorare sodo
e quando hai alzato la voce non avevi altro modo
ma a volte hai creduto ai miei sogni più di me
mi basterebbe sapere
a che pensi se non sai cosa dire
cosa ti ha fatto il mondo
per convincerti a rinunciare
io ho scelto di vivere, di farmi male, di non invecchiare cambiando canale
me l’hai insegnato bene
ho odiato le tue paure per tutta la vita
per amarsi non basta una fede alle dita
e a volte non so distinguere padre e marito
se l’abitudine a lungo diventa un rito
ma quando ne avevo più bisogno c’eri te
mi basterebbe sapere a che pensi se non sai cosa fare
cosa ti ha detto il mondo
per convincerti a rinunciare
io ho scelto di vivere, di farmi male, di non invecchiare pensando al finale
e ho smesso di contare i miei nei
quando ho capito che le debolezze sono punti di forza
ho smesso di pensare ai tuoi errori
quando ho accettato le mie insicurezze e gli ho dato forma
quando ho accettato le mie insicurezze e che tu hai un’altra forma
io ho scelto di vivere, di farmi male, di invecchiare nel mondo reale
ho imparato la lezione