Un mare di musica e poesia a Recanati per Musicultura

Il racconto della seconda serata del Concerto dei Finalisti

Concerto dei Finalisti 2024, secondo tempo. Ancora una volta è Recanati a fare da cornice allo spettacolo: un borgo in cui la poesia e la musica sono nell’aria, tanto che qui in passato un noto poeta è riuscito a scorgere l’azzurro fra le colline e l’infinito oltre la siepe. E allora il naufragar ci è dolce, anche questa sera, in un mare di suoni e parole, traghettati dal nostro conduttore di fiducia John Vignola fra le poltroncine rosse del Teatro Persiani. Per chi invece naviga fra frequenze radio, niente paura: ci sono Marcella Sullo e Duccio Pasqua che commentano la serata in diretta su Rai Radio 1, partner radio del Festival.

In effetti, le esibizioni si aprono proprio in tema marittimo con il brano Scogli. A suonarlo sono i Velia, un duo romano che trae il suo nome d’arte da un immaginario acquatico e antico. Dopo l’esibizione, Irene e Matteo raccontano al pubblico dell’alchimia professionale e artistica che è nata tra loro spontaneamente quando si sono accorti di avere un modo di scrivere molto simile. «Quando pensiamo alla musica rappresentata dal vivo c’è un insieme visivo e coreografico, oltre che musicale», spiegano. Il Concerto prosegue sulle note dolci di Nicareddu, la litania malinconica in dialetto siciliano con cui Nico Arezzo ci culla verso mondi lontani. «Una canzone è pronta quando ti dà quella botta alla pancia e potresti riascoltarla all’infinito», afferma il cantautore in risposta alla domanda di John Vignola. Quanto alla scrittura nella sua lingua, dice di non averci mai provato finché un giorno non si è reso conto che «tornare al punto di partenza è importantissimo» per capire in quale direzione proseguire. È allora che il senso di appartenenza e il richiamo delle proprie origini sono stati per lui il trampolino di lancio per una nuova sintesi musicale tra Modica e Bologna. La terza finalista è Anna Castiglia, con la sua Ghali. Accompagnata da tromba e tastiera e armata di chitarra, ironia e precisione vocale, la cantautrice catanese dimostra di riuscire a spaziare con grande eclettismo tra il cantautorato, il Libertango e la trap. Ormai, infatti, il suo cavallo di battaglia la precede: lo conferma il fatto che il pubblico intona già il ritornello a memoria battendo le mani a tempo. Ai conduttori rivela che il frequente ricorso alla citazione e l’abitudine di “frullare” elementi diversi nelle canzoni risentono della lezione di cantautori romani come Daniele Silvestri.

Per tornare alla poesia, questa sera Musicultura non poteva che rendere omaggio al lirismo di questa città con un ospite che di mestiere fa il “poeta professionista”: Guido Catalano. Lo scrittore presenta in anteprima al pubblico recanatese un assaggio del suo prossimo libro in uscita, Cosa fanno le femmine in bagno. Si tratta di una raccolta di versi liberi, ironici e “tristallegri”, con cui invita a osservare il mondo con lo stupore e la curiosità di un bambino. Infatti, tutto nasce dalla domanda di un ragazzino timido degli anni ‘70 che, vedendo uscire dal bagno della scuola due compagne di classe ridacchiando, comincia a riflettere sulla vita e sull’amore.


Ma prima di procedere con la poesia, ancora un po’ di musica. È la volta di Sandro Barosi, cremonese di origine e veneziano d’adozione, che ci porta a ballare tra i colori e le luci di Venezia di sera. «Si scrivono canzoni sui luoghi quando le persone con cui li si condividono li animano: questa canzone è dedicata non tanto alla città di Venezia, quanto alla persona con cui l’ho condivisa e vissuta di sera», commenta dopo l’esibizione. Ci spostiamo poi nella scena all’underground torinese, passando dal registro intimo e sussurrato del cantautorato a quello più energico e concitato del rap, con FALCE. In debito è il titolo della sua canzone. Qui, tra una barra e l’altra, fa cenno anche al collettivo North Flow, di cui è fondatore e che porta avanti parallelamente al suo progetto solista. Dopo l’esibizione, infatti, dice qualcosa di più sulla grande sinergia con cui la sua crew lavora ai mixtape. È la volta di Lisa Brunetti, in arte Helle. La sua Lisou è una canzone d’amore dalle sonorità pop-folk accompagnata da chitarra classica e da una base registrata di violino. Per spiegare al pubblico il suo rapporto con la scrittura, la cantautrice bolognese rivela che comincia tutto con un’immagine: «ci sono alcune immagini che suggeriscono una musica». E ancora, dice che per lei c’è sempre un po’ di musica nella poesia e viceversa: queste due arti sono intimamente legate e solo unendole riesce a raggiungere una visione più intima. Il concerto prosegue con PORCE, milanese di Carugate, classe 1974. Dopo aver lavorato per anni come tecnico informatico, per lui la pandemia è stata un’occasione per sperimentare, riscoprirsi e intraprendere una nuova vita, questa volta da musicista. Il primo capitolo è proprio il Concerto dei Finalisti di Musicultura, dove si racconta in maniera sincera con il brano autobiografico La fine della festa.

È finalmente arrivato l’atteso momento dei versi di Guido Catalano. Con la lettura di alcune poesie dedicate alla fine dei rapporti d’amore, che definisce spiritosamente “PFR”, lo scrittore strappa agli spettatori in sala risate e momenti di riflessione. Titoli come Ti voglio bene si dice al cane o Teniamoci stretti, che c’è vento forte sono infatti un viaggio dolce amaro dello spirito, nel suo duplice significato di anima e umorismo. È proprio questo il senso del suo ricettario lirico di Consigli, con cui invita il pubblico a fare spazio nella propria vita a bellezza, ascolto e ironia. «Penso che la poesia e la canzone siano cugine: il testo di una canzone ha bisogno della musica, la poesia no, ma si stanno simpatiche», afferma prima di lasciare il palco.

Direttamente da Livorno arriva poi a Musicultura Eugenio Sournia, che ci regala un «piccolo intermezzo di realtà» con Il cielo. Dopo l’esibizione, rivela di voler fare musica in «assenza di filtri» e alterando il meno possibile la grande forza e sincerità racchiuse nella prima stesura delle canzoni: «per me quello che conta di un brano è che arrivi l’idea originaria». Quadri d’autore è il titolo del brano dell’ultimo finalista. Si chiama De.Stradis ed è diviso tra la Puglia e Bologna. Infatti, questo dualismo si riflette nella sua musica, che procede sui due binari paralleli del progetto solista e di quello con i Westfalia. Al pubblico spiega che per lui una canzone è pronta per circolare quando la melodia si presenta come decisa, granitica, e ha presa sull’orecchio di chi ascolta.

La serata si chiude con un ultimo saluto dei 9 finalisti di oggi, che salgono sul palco sulle note de I cieli di Chagall – brano del fondatore del Festival, Piero Cesanelli – accolti da uno scrosciare di applausi. Prossimo appuntamento? Il 5 giugno agli studi Rai di Via Asiago con lo Speciale Musicultura nell’ambito del quale scopriremo chi sono gli otto vincitori di questa XXXV edizione del concorso.