Cantautrici: s’il vous plaît, halte aux clichés!

Gli stereotipi di genere nella musica raccontati dalle giovani protagoniste del panorama cantautorale italiano

Nella settimana de La Controra 2025, il Cortile del Palazzo Comunale ha ospitato l’incontro Cantautrici: s’il vous plaît, halte aux clichés!, un momento di confronto sul rapporto tra musica e stereotipi di genere, tra parole, note e sguardi femminili. Protagoniste dell’incontro Anna Castiglia e Roberta Giallo, in dialogo con John Vignola. Anche Danila Satragno, impossibilitata a essere presente, ha voluto comunque portare il suo contributo, intervenendo in collegamento telefonico per salutare il pubblico e ribadire l’importanza di abbattere i luoghi comuni ancora radicati nel mondo della musica.

L’atmosfera era quella di una conversazione aperta e partecipata, in cui il dialogo si è intrecciato con riflessioni profonde. John Vignola ha sollevato una questione ancora oggi centrale: è difficile mettere sullo stesso piano l’opera artistica di una donna e quella di un uomo, perché i meccanismi di selezione sono spesso filtrati da sguardi maschili, quando non apertamente maschilisti.

A questo proposito, Roberta Giallo ha espresso il suo punto di vista, parlando del controverso rapporto tra arte e fisicità femminile: «Non potrei dire a un’artista che usare il suo corpo come modello per affermarsi sia qualcosa di sbagliato». L’ospite ha poi raccontato un aneddoto su Édith Piaf: quando il compositore che avrebbe dovuto lavorare a La Vie en Rose si rifiutò, lei decise di andare altrove. Una scelta che incarna il desiderio delle donne di emanciparsi dall’ombra maschilista e conquistare la propria indipendenza: «Mi colpì l’idea – ha detto Giallo – che la donna, da allieva, diventasse maestra, assumendosi tutti i rischi che ciò comporta».

Perché la donna in musica rischia spesso di essere semplificata o sminuita. A Roberta Giallo è stato domandato se, nel suo percorso, si fosse mai trovata a fare i conti con la necessità di aderire a queste aspettative riduttive: «Mi sono posta questa domanda, ma ho capito che anche la semplicità può essere una forma espressiva autentica. Nel mio repertorio c’è spazio per brani che non sono necessariamente complessi o virtuosistici, ma che riescono comunque a comunicare e arrivare a tutti. Certo, non amo molto questa parola, “semplice”, perché tende a essere usata come etichetta, ma credo che possa avere un valore profondo.»

È intervenuta poi Anna Castiglia, parlando della competizione femminile nel mondo musicale. «Perché c’è questa rivalità? Non perché sia una delle caratteristiche genetiche della donna, ma perché gli spazi che ci vengono concessi sono ancora troppo pochi. Di conseguenza, tutte tendono ad accanirsi su quegli stessi, e chi riesce a emergere finisce spesso per essere odiata. Se le opportunità fossero più ampie, ci sarebbe meno competizione. Per questo credo che cooperare sia un esercizio importante: ci allena a superare quella tensione che, volenti o nolenti, ci portiamo dentro».

Questa riflessione si concretizza nel collettivo Canta Fino a Dieci, nato a Torino da cinque cantautrici transfemministe. «Per me far parte di questo collettivo è un vero esercizio: mi aiuta a ridimensionare l’ego – spiega Castiglia –  e a mettere in discussione l’idea, ancora troppo diffusa, che tra donne debba esserci antagonismo. Insieme alle altre ragazze cerco ogni giorno di costruire qualcosa, puntando sulla collaborazione anziché sul confronto continuo». Roberta Giallo aggiunge: «ho incontrato donne ostili, non preparate alla collaborazione, ma anche donne che mi hanno capita, mi hanno apprezzata, mi hanno aiutata».

John Vignola ha poi osservato come spesso le case discografiche spremano gli artisti, indipendentemente dal genere, fino all’osso, creando nel pubblico l’aspettativa che un artista debba produrre costantemente, senza mai fermarsi. «Non dico che l’andare avanti a tutti i costi ed essere tenaci sia sbagliato – ha affermato Castiglia – ma riconosco che è qualcosa che ho interiorizzato e mi è stato trasmesso culturalmente. Però si può, e si deve, lavorare per decostruire questi meccanismi ».

Alla fine dell’incontro Roberta Giallo ha espresso un desiderio: «Voglio che oggi o domani possa esistere una tradizione di donne che abbiano lasciato un segno nella musica. Non solo per l’estetica della voce o per la presenza scenica, ma perché hanno saputo veicolare le loro parole, le loro idee, attraverso le canzoni.». Anna Castiglia ha poi aggiunto: «Cominciate a fare caso se nei festival, nei programmi televisivi o nel mondo dell’intrattenimento trovate davvero un ambiente paritario. E, se non lo è, fatelo notare anche a chi vi sta intorno. Per me, la comunicazione viene prima di tutto: parlate di questi temi, anche se vi dicono che state esagerando».

Salutando il pubblico, John Vignola ha lanciato una riflessione provocatoria ma essenziale: perché alcune frasi, come “le donne sono migliori degli uomini”, sembrano meno sessiste di altre? La vera sfida – suggerisce – è riconoscere che anche un’apparente benevolenza può celare uno squilibrio di fondo, e che ogni affermazione merita sempre uno sguardo critico e attento.