Una pezza di Musicultura

Nella seconda serata finale del Festival, l’ironia di Valerio Lundini

Valerio Lundini, ovvero: l’arte di non prendersi troppo sul serio. Come? Con un umorismo “storto”, le canzoni surreali de I Vazzanikki, il suo gruppo musicale, e la capacità, ormai rara, di far ridere senza spiegare tanto. È così, esattamente come fa lui, che si racconta come si può ancora fare comicità non seguendo alcuna regola; senza risate registrate, ché quelle tolgono un elemento di realismo che può essere esilarante. Ma facendo appello persino al silenzio. E a tutte le altre situazioni della quotidianità, della vita vera.

Questa l’intervista rilasciata alla redazione di Sciuscià prima di calcare il palco dello Sferisterio.

“Una pezza di Lundini” ha avuto un impatto particolare tra i giovani spettatori, anche per il modo in cui decostruisce la forma tradizionale del talk show. Crede che la comicità oggi debba anche essere una forma di critica ai formati e ai codici della comunicazione mainstream?

Per me non ci sono regole. Chi fa comicità, o anche chi non la fa, può trovare interessante e divertente criticare rendendo parodici determinati formati. Nella comunicazione di oggi ci sono sicuramente già molti elementi che si prestano a delle caricature, e infatti spesso lo si fa. Ma si possono esplorare anche altre direzioni: si può parodizzare anche ciò che si conosce poco, proprio per rendere la comicità più interessante.

Nei suoi sketch si avverte spesso un senso di straniamento, come se lo spettatore fosse portato a riflettere su ciò che non viene detto, su ciò che sta tra le righe. In che modo lavora sul silenzio, sull’imbarazzo o sulla pausa come strumenti narrativi?

Ci lavoro nel senso che sono elementi già presenti nella realtà. Portare quella realtà in ciò che uno fa rende tutto più divertente. Per esempio, soffro le risate registrate nei programmi o nei film, perché tolgono quell’elemento di realismo che per me è esilarante: come i silenzi imbarazzanti a cena quando non si sa cosa dire, o l’intrecciarsi mentre si parla, che nei film viene del tutto omesso. Tutte queste situazioni esistono nella vita vera, come adesso che sto dicendo mille cose e me ne mangio altrettante. Quindi non è che uso il silenzio come strategia, ma siccome fa parte della normalità lo inserisco naturalmente nei miei sketch.

Nel suo lavoro mescola comicità, surrealismo, riferimenti colti e un’estetica anni Ottanta che sfocia quasi nella parodia. Quanto c’è di pensato e quanto nasce invece da un istinto personale?

Diciamo che la parte pensata riguarda la scrittura dello sketch e la sua preparazione, poi in mezzo ci metto sempre qualcosa di improvvisato. Anche stasera il mio numero è in parte scritto, ma giocherò con il silenzio di cui parlavo prima, per evitare di dire qualche cazzata. Quanto all’estetica degli anni ‘80 non saprei; sono nato in quel periodo, quindi forse mi è intrinseca senza che me ne accorga. Uno dei film comici che più mi ha colpito da piccolo è stato Una Pallottola Spuntata, ma ormai quel tipo di umorismo viene accantonato, e quando provano a replicarlo si scivola facilmente nel demenziale.

A proposito di scrittura, Musicultura è uno spazio che dà libero sfogo alla cultura e alla canzone con un’attenzione speciale alla parola. La sua comicità e i brani de I Vazzanikki condividono un’ironia tagliente, a volte surreale. In un contesto così, come vive l’incontro tra umorismo e musica d’autore?

A differenza di ciò che scrivo per i programmi o per il teatro, quando scrivo con la mia band, I Vazzanikki, lo faccio sempre per divertimento. L’ironia e la comicità sono centrali, come in tante altre band comiche. Quindi, se scrivo qualcosa che fa sorridere ma che non è rivoluzionaria mi piace comunque. Mentre nei miei progetti più personali tendo a essere più contorto, nella musica trovo un punto di sfogo. Per quanto riguarda il rapporto tra musica d’autore e umorismo, secondo me non esiste una regola: ci possono essere cantautori “solenni” che adottano però ironia e umorismo. In un buon prodotto artistico può esserci un mescolarsi di serietà e comicità. I film drammatici se non contemplano neanche un momento di leggerezza sembrano finti; allo stesso modo, se un film comico manca del tutto di un momento commovente rischia di diventare solo faceto.

I Vazzanikki, ancora. Con le vostre canzoni create una fusione tra musica e paradosso, con brani che hanno un testo totalmente ironico che fa ballare all’impazzata il pubblico; quanto crede sia importante nel contesto musicale di oggi trovare spazio per questa vena di ironia?

Chi vuole mettercela, ce la metta. Non voglio fare il vecchio che critica la musica di oggi, però quello che noto è che c’è sempre meno ispirazione in chi scrive. Si sente che certi brani sono scritti da quaranta autori che mettono insieme frasi pensate per funzionare in questo preciso momento storico. Quindi, più che l’ironia, quello che manca è un po’ quel sentore di sincerità.