Intervista: a tu per tu con ALBERTO DE LUCA

«I grandi cantautori italiani sono la ragione per cui ho iniziato a scrivere»: Alberto De Luca a Musicultura 2020 

Alberto De Luca, sondriese ventiseienne, si aggiudica un posto tra i 16 finalisti della XXXI edizione di Musicultura con il brano De André. Il titolo, ovviamente, non è casuale: è un vero e proprio omaggio alla spinta ricevuta dall’ascolto del cantautorato italiano, e nello specifico del  Faber,  ad affacciarsi nel panorama musicale. Intraprendendo una strada del tutto nuova, però: quella della perfetta miscela di sonorità ”vecchie e nuove”, dell’unione dell’attenzione all’uso delle parole propria del cantautorato ad un sound trap-elettronico.

Sei cresciuto ascoltando De André, Guccini e Battiato. In che modo i grandi cantautori hanno influenzato il tuo stile?

I grandi cantautori italiani non mi hanno semplicemente influenzato, sono la ragione per cui ho iniziato a scrivere. Già da bambino sono rimasto affascinato dalla maniera in cui questi artisti usavano le parole e le associavano in maniera sorprendente. Mi è venuto subito spontaneo provare ad imitarli, o meglio, a scimmiottarli. Sono rimasto molto colpito dalla maestria con cui i grandi autori manipolano l’emozione, il pensiero e tutto ciò che è inafferrabile.

Con il tempo ti sei avvicinato alle sonorità trap ed elettroniche, scegliendo la strada della fusione tra cantautorato “classico” e un nuovo modo di fare musica. Come nasce quest’idea?

Semplicemente dai miei gusti: mi piace la poesia ma mi piace anche la potenza delle nuove sonorità elettroniche e non trovo nessuna controindicazione nel fonderle. Non è una strada semplice, servono tanti esperimenti in studio e tentativi per dosare bene le due cose.

 Il tuo curriculum vanta una laurea in filosofia; quanto il tuo percorso di studi influisce sulla tua visione della vita e sul tuo modo di scrivere?

Al cento per cento. Ovviamente non tanto per quanto riguarda la composizione, in quella entrano in gioco solo l’esperienza d’ascolto e il gusto. Però, in merito ai testi la filosofia mi ha dato moltissimo. Scrivere è un processo in cui bisogna raffinare una grande quantità di emozioni e di energia, in un primo momento, ma poi bisogna anche pensare e ponderare attentamente l’uso delle parole, e questa è una parte del processo in cui la riflessione è preponderante. Confrontarmi con i grandi filosofi inoltre mi ha permesso di conoscere ed accedere a parti dell’animo umano che non sapevo nemmeno esistessero.

Sappiamo che sei polistrumentista, ma ti chiediamo di svelarci un segreto: con quale strumento sei più a tuo agio e, quindi, riesci ad esprimere al meglio la tua arte?

Con i sintetizzatori e con il pianoforte, nonostante io non sia certo un abile pianista classico. Con la maggior parte degli altri strumenti sono relativamente maldestro a dire il vero, tranne che con alcuni: mi piace molto suonare diversi tipi di flauto e l’ hang. Hanno timbri evocativi e mistici, che mi fanno sognare ad occhi aperti.

Musicultura anche quest’anno accoglie sul suo palco generi e proposte musicali diversi. Come si colloca la tua musica nel panorama del festival?

Spero come un genere nuovo, come un tentativo interessante. Come qualcosa che si slega da ciò che è stato fino ad adesso e che guarda dritto solo al futuro.


Maria Chiara Demajo