INTERVISTA. A La Controra di Musicultura, Lidia Ravera racconta la letteratura dell’amore

Fervente femminista, rivoluzionaria e penna prestigiosa della letteratura italiana contemporanea, la scrittrice Lidia Ravera è approdata a La Controra, per raccontarsi attraverso un’emozionante lettera che ha scritto per la sorella, scomparsa 26 anni fa, con l’inedito format “Le parole che non ti ho detto”. Con una lettura a cuore aperto, la Ravera, continua a parlare, attraverso la forza della scrittura, con l’amata sorella, raccontando anche i passaggi fondamentali della sua vita: il rapporto con la religione, la maternità inaspettata, i progetti, di cui alcuni ancora in cantiere.

Dall’assessorato alla cultura e alle politiche giovanili alla finale del Premio Strega 2008 fino all’ultimo romanzo distopico “Gli Scaduti” (2018), emerge il ritratto di una donna istrionica e combattente che ha sempre tenuto alto il suo pensiero attraverso una sola unica arma: la scrittura.

In “L’Amore che dura” definisce la scrittura come ‘l’unica forma possibile di espressione dell’inesprimibile’. Quanto si rafforza un testo con la musica?

Moltissimo, perché la musica alza la temperatura emotiva, consentendo ad altre parti dell’essere umano di lievitare liberamente. Con la musica, quindi, non si è più solo testa, cervello e attenzione critica ma si riesce a toccare la sfera sublime dell’emozione, difficilmente raggiungibile con la sola scrittura.

La sua è una preziosa voce nel documentario di Paola Columbia “Femminismo”. Le battaglie per la conquista dei diritti non sono mancate, ma ancora oggi assistiamo a tragedie consumate dentro le mura domestiche. Qual è, secondo lei, l’espressione artistica che più, tra le altre, riesce a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione?

Ancora e sempre la letteratura, poiché rappresenta un esercizio di empatia: attraverso la scrittura, si cercano di capire le ragioni e ci si mette dal punto di vista degli altri, della vittima e del carnefice. Un buon libro consente di comprendere la meccanica alla base di queste tragedie. Io ho una fiducia sconfinata nella letteratura proprio perché passa attraverso un esercizio dell’attenzione culturale, intellettuale ma anche spirituale. Ho scritto un monologo che si chiama “A me non era mai piaciuto”, e ho usato questo strumento per cercare di capire le ragioni profonde degli atteggiamenti dei protagonisti, e di conseguenza degli uomini. Una delle funzioni chiave della letteratura è mantenere viva la compassione, un lavoro che noi scrittori e scrittrici ci dobbiamo accollare.

La scrittura è per lei una protagonista indispensabile per restare al mondo. Nel caso di “Sorelle”, mette in scena un suo testo molto intimo. Com’è stato ritrovarsi nel ruolo di spettatrice della propria stessa vita?

Lavoro con il materiale della mia vita come qualsiasi scrittore fa da sempre. In particolar modo ho scritto due racconti autobiografici: il primo è “Sorelle”, che ho deciso di scrivere dopo la sua scomparsa. Dovevo guardare in faccia a questo dolore immenso e distanziarlo; è stata una scelta obbligata. In un dialogo mai interrotto tra me e lei, il libro però rintocca qualcosa che è comune a tutti, cioè la nostra vulnerabilità, la nostra fragilità e quanto l’amare qualcuno ci espone al dolore, sia che si ami un uomo, un figlio, una sorella o un padre. Soltanto chi non ama nessuno non soffre, ma è un prezzo alto però da pagare, una vita senza amore è miserabile. Il secondo scritto autobiografico nasce, invece, su commissione, quando sono imprevedibilmente rimasta incinta senza averlo deciso. All’epoca venivo considerata una femminista di quelle cattive, senza nessun desiderio femminile e distante dall’idea di maternità. “Stampa Sera” mi chiese un articolo su questa scelta di diventare madre. Riportai un buon elaborato, piacque molto, tanto che un dirigente della Bompiani mi chiese di farne un libro e io scrissi “Bambino mio”. È un inno alla maternità, che ancora adesso fa qualche vittima. Non è più in circolazione ma lo fotocopio e lo regalo a qualche giovane coppia di amici che solitamente, entro l’anno, rimane incinta.

In “Sorelle”, in cosa lo spettatore si sente più emozionato? Nel ripercorrere la scrittura o nello spettacolo teatrale?

Non lo so. Da “Sorelle” è stato tratto uno spettacolo teatrale nel 2006 con Lina Sastri e Patrizia Zappa Mulas. É una lettera alla sorella quella che leggo oggi, quì a Macerata. Rintocca qualcosa che è comune a tutti, cioè la nostra vulnerabilità, la nostra fragilità e quanto l’amare qualcuno ci espone al dolore, sia un uomo, un figlio, una sorella, un padre. Soltanto chi non ama nessuno non soffre. È un prezzo alto però una vita senza amore è miserabile. Io racconto questo rapporto unico tra sorelle, diverso dall’amicizia perché si è come due rami dello stesso albero. Si può divergere ma la radice è comune. Io sciaguratamente avevo un rapporto talmente bello con mia sorella, morta quando ha compiuto 46 anni, che continuo a parlarle. È un dialogo, mai interrotto, proprio grazie la scrittura.

Ne “Gli scaduti” racconta di una società che allontana tutti coloro che hanno raggiunto il 60esimo anno d’età, per permettere ai giovani di realizzarsi. Secondo lei, oggi, manca lo spirito d’iniziativa dei giovani oppure la società odierna non è ancora pronta ad un cambio generazionale?

Nessuna delle due cose. Per l’universo de “Gli scaduti” ho trovato ispirazione dalla mia irritazione per una parola usata da Matteo Renzi, “rottamazione”, riferita agli esseri umani. Questo ha messo in moto il desiderio di raccontare questa società in cui un cretino tra i 30 e i 40 anni prende il potere e ne costituisce una nuova in cui il ricambio generazionale è forzato. Io penso che ciascuno debba fare la sua parte, non si può non tener conto del fatto che la vita si è allungata di 30 anni; arriviamo alla terza età in condizioni fisiche spesso smaglianti ed intellettuali (siamo l’ultima generazione formata sui libri e non su Wikipedia, il che ci offre qualche vantaggio). Perché, allora, rottamare una generazione così stimolante? Troviamo spazio per tutti. Dai giovani mi aspetto che rovescino il tavolo a spallate, tocca loro fare la rivoluzione. Io, da anziana attiva, mi occupo di riforme. Vorrei che voi vi occupaste di rivoluzioni.

Qual è, secondo lei, il punto di forza di un festival come Musicultura, che continua a mantenere vivo lo spirito della canzone d’autore e esalta l’esibizione dal vivo?

Ha il grandissimo merito, che condivide con molti festival, di esaltare la dimensione dal vivo. Esci di casa e consumi cultura, emozioni, musica, parole, insieme agli altri. Non è come illuminare lo schermo e sentire musica da Spotify, vi è una differente modalità di consumo che, se venisse meno, a me mancherebbe molto. Quando ero in età universitaria organizzavo concerti pop, e, con i circoli del proletariato giovanile, il salto delle transenne per quei giovani che non potevano permettersi il biglietto, perché ho sempre sostenuto che la musica era di tutti. Un passato di cui ovviamente sono fiera. Negli anni ’70 ho co-diretto con Giaime Pintor una rivista musicale, Muzak: recensivamo, tra i tanti, artisti come Frank Zappa. Questo festival ha l’enorme vantaggio di unire la musica alle parole, che si completano e andrebbero sempre deliberate insieme.

INTERVISTA. Valerio Calzolaio a La Controra: “Musicultura è sempre l’ospite d’onore a Macerata”

Dopo aver scritto Ecoprofughi Libertà di migrare, Valerio Calzolaio torna ad affrontare il tema attualissimo dell’immigrazione nel suo ultimo libro “Migrazioni. La rivoluzione dei Global Compact” (2019) e decide di farlo in anteprima a La Controra di Musicultura 2019. Nella splendida cornice del cortile di Palazzo Ciccolini, in un’atmosfera intima e raccolta, il giornalista ha parlato del libro dialogando con il Rettore dell’Università Politecnica delle Marche Sauro Longhi e con la Professoressa di Diritto processuale penale dell’Università di Macerata Lina Caraceni. Ad accompagnare le discussioni sull’argomento, le suggestioni musicali curate da Chopas della Compagnia di Musicultura.

È politico e accademico, ma anche giornalista e scrittore. Ha sempre avuto la  passione per la letteratura? Scrivere è stata un’esigenza più tarda, dovuta magari a finalità espressive?

Ho sempre avuto un interesse per la scrittura e la letteratura, due passioni strettamente collegate. Sono abituato a leggere molto e a scrivere tanto, fin da ragazzino.

Dopo aver pubblicato Ecoprofughi Libertà di migrare, ha scritto Migrazioni la rivoluzione dei Global Compact, che costituisce un’introduzione interdisciplinare allo studio storico del fenomeno migratorio. Da cosa nasce l’interesse per questo tema e come mai la volontà di riproporlo anche nel suo ultimo lavoro?

A causa di impegni istituzionali ho girato il mondo per una ventina d’anni, presenziando ad alcune conferenze dell’ONU che vertevano su problematiche come cambiamenti climatici, desertificazione, biodiversità, e sui programmi ambientali sia nazionali, che internazionali. In questi incontri si annunciavano sempre esodi forzati di milioni di persone dall’Africa, o da altri continenti, verso l’Europa. Studiando il fenomeno, mi sono reso conto che i migranti che si  spostano a causa dei mutamenti del clima ci sono sempre stati. Fin da Ecoprofughi ho ragionato su queste tematiche e sto continuando a farlo.

Come abbiamo accennato, l’immigrazione è al centro del dibattito sull’attualità. Crede che la letteratura e la scrittura possano dare una visione più globale del fenomeno?

Tutti, al giorno d’oggi, hanno paura. Ognuno di noi resta turbato da ciò che non conosce. Detto ciò, bisognerebbe immaginare quel che prova un povero ragazzo, solo, costretto spesso a lavori forzati che, dopo aver viaggiato e aver attraversato il mare, si ritrova in un ambiente ostile e poco amichevole. Il timore nei confronti degli “altri” non viene mai preso in considerazione, pur essendo insito in tutti noi, anche negli animali. Dobbiamo ragionare sulla paura, non negarla; è un sentimento giusto quando è generata da astio e da comportamenti poco rispettosi. In questo momento ci sono 5 milioni di stranieri che hanno la residenza in Italia, ma allo stesso tempo abbiamo 5 milioni di italiani all’estero con la doppia cittadinanza: questo melting pot c’è sempre stato e c’è. Bisognerebbe considerare che chi arriva nel nostro Paese può essere per noi una preziosa risorsa e può dare un contributo. Abbiamo così tanti problemi (ride). La letteratura sicuramente può aiutare nell’integrazione tra le culture.

L’anteprima del suo ultimo libro avviene proprio nella sua città, Macerata. È giusta definirla anche una scelta di carattere affettivo?

È sicuramente una scelta affettiva. La mia città natale è Recanati, come d’altronde lo è anche per Musicultura; quella d’adozione è Macerata, in cui vivo da quando avevo due anni. Mi fa molto piacere accogliere l’invito de La Controra, di Musicultura e delle amiche e degli amici di Macerata racconta.

Da cittadino ed ex consigliere per tanti anni di Macerata, quanto, una rassegna come Musicultura, aggiunge lustro alla città e all’intera cittadinanza? Come vive il Festival?

Sicuramente il festival dà lustro a Macerata, città universitaria, di politica,  mai stata una terra “operaia”.  Un tempo era terziaria, fatta di impiegati, funzionari, di istituzioni. Ora questo territorio è un deposito di storia, cultura, di arte, che si apre alla musica, al teatro, alla condivisione di valori e di idee. Anche per questo motivo, Musicultura è sempre l’ospite d’onore a Macerata. La città fa molto bene a valorizzare questo tipo di eventi.

INTERVISTA. Lino Patruno inaugura La Controra di Musicultura 2019: “Vi racconto com’è nato il cabaret con I Gufi”

Musicultura è terreno fertile per gli incontri culturali, per i suoni e per le parole giuste; per l’arte nelle sue molteplici espressioni. Ieri, nell’affrescata cornice del Centrale Plus in Piazza della Libertà, si è svolto il primo degli appuntamenti de La Controra, che ha visto come protagonista il jazzista e cabarettista Lino Patruno. A condurre l’incontro è stato il poeta Ennio Cavalli.

Musicista di spicco nel panorama jazzistico italiano e internazionale, Patruno è compositore, sceneggiatore, co- fondatore negli anni ’60 de I Gufi. Ha scoperto la sua vocazione per la musica all’età di 18 anni da auto didatta, nata in estate, nelle Marche. Durante la sua carriera ha collaborato con celebri artisti, tra cui Dan Barrette, John Paul Pizzarelli. Alla redazione di Sciuscià, ha raccontato la sua passione per il cabaret e alcuni curiosi aneddoti sulla sua vita, tra jazz e la voglia di far divertire il pubblico.

“Quando il jazz aveva lo swing”: un racconto fluente che narra l’excursus di tutte le più significative collaborazioni che l’hanno portata a diventare l’artista che oggi è; tra le tante, quello con Joe Venuti. Cosa ricorda del primo incontro con il violinista statunitense e come ritiene che questo avvicinamento abbia influito sulla sua crescita e formazione musicale?

Mi definisco un collezionista di cultura jazzistica e, tra i miei “migliori acquisti”, mi piace citare Joe Venuti. Una sera venne in teatro a Bergamo e dopo il concerto si fermò a cenare a Milano, nello stesso locale in cui ero io. Mi avvicinai per chiedergli di incidere un disco. Lui, con un italiano maccheronico, mi invitò a duettare: con una “Ghitarra” presa in prestito da Joe Cusumano, improvvisammo per tutta la notte sui brani di George Brown, entrambi entusiasti di condividere quel momento. Fu un’esperienza incredibile. È così che è nata la nostra amicizia, fatta anche di collaborazioni e di viaggi.

Da jazzista, ci svela che la musica americana per eccellenza ha in verità origini italiane. Tuttavia perché, secondo lei, nel nostro Paese questo genere stenta ancora a sviluppare una propria connotazione stilistica o ad emergere?

Musicalmente parlando, l’Italia di oggi è purtroppo ignorante. Mi rammarica pensare che, per colpa della televisione, delle case discografiche ossessionate dai guadagni e dei talent show, il Paese che una volta era detentore della grande dell’opera e delle grandi voci, possa essere sceso così in basso. Nell’opinione pubblica c’è molta confusione tra cosa sia realmente la musica.

Dopo gli anni ’70, il jazz è entrato ufficialmente a far parte della cosiddetta “musica colta”, divenendo materia di insegnamento nelle scuole e nei Conservatori. A tal proposito, non sono venute meno le lamentele riguardo la perdita dell’immediatezza e l’estemporaneità del genere. Qual è il suo parere, a riguardo?

Voglio raccontarti un piccolo episodio: tempo fa un ragazzino di 17 anni mi mandò la registrazione di un suo pezzo al pianoforte, da farmi ascoltare; pensai di dover sentire la solita rivisitazione di Calabresella mia. Il ragazzo mi sorprese, suonando una pietra miliare della storia del jazz, Finger Breakers di Jelly Roll Morton, brano di una difficoltà esagerata. Incuriosito, gli chiesi come potesse conoscere il jazz dei primi anni ‘10 e mi rispose che il merito era di suo padre, appassionato di musica, che gli aveva tramandato l’amore per la cultura jazzistica in tenera età. Credo sia importante soprattutto come, ognuno di noi, tenda ad approcciarsi a qualsiasi forma d’arte. Alla base di ogni passione, c’è l’emozione.

A caratterizzare il suo stile artistico è il banjo. Sebbene i jazzisti suonino soprattutto il pianoforte, il contrabbasso o comunque tendano a prediligere elementi a fiato, come mai ha invece scelto di studiare questo strumento?

Prima il banjo si suonava principalmente per una questione di volume, molto più elevato rispetto a quello di un chitarra. Non c’erano i microfoni negli anni ‘20. Inoltre, si tratta dell’unico strumento inventato dagli americani, quando tutti gli altri hanno origini europee.

Oltre che jazzista, è anche cabarettista. Ha sempre portato un po’ della sua comicità nelle sue canzoni, come nei brani Crapa peladaIl gallo è morto. Quanta importanza assume lo humor nel mondo della musica e, in particolare, che valore ricopre nella sua?

Mi avvicinai al cabaret fondando negli anni ’70 I gufi. È stato un caso: una storia d’amore finita male si è rivelata significativa per la nascita del progetto. La comicità può essere di vari tipologie; ad esempio c’è quella banale, che è anche fine a se stessa, spiccia. Poi c’è quella ragionata, che affronta tematiche sociali, politiche, antifasciste, ad esempio. Quest’ultima, a mio avviso, è il tipo di approccio che veramente conta, perché ha un fine più nobile. Non a caso, sono ispirato da maestri come Totò e Peppino De Filippo.

INTERVISTA. “La tv è donna!”: le Signorine Buonasera a La Controra di Musicultura 2019

Quando tutto sul piccolo schermo era nella scala di grigi ma i brividi della diretta erano variopinti, Mariolina Cannuli, Rosanna Vaudetti e Maria Giovanna Elmi erano le Signorine Buonasera ed entravano nelle case degli italiani per annunciare il palinsesto Rai. Le stesse che lunedì 17 Giugno, al pubblico de La Controra di Musicultura, con l’eleganza e l’entusiasmo che da sempre le contraddistinguono hanno raccontato una tv lontana da oggi e hanno fatto rivivere un’epoca.

Quale credete sia stato l’impatto del vostro ruolo nell’immaginario del pubblico del piccolo schermo, dalla fase embrionale della televisione italiana in bianco e nero, a quella digitale?

[Cannuli] Abbiamo iniziato il nostro percorso in tv nel 1962. A quel tempo, la televisione rappresentava l’innovazione e aveva un grande impatto sul pubblico, al punto da risultare quasi “violento”, in primis dal punto di vista educativo e sociale.

[Vaudetti] I nostri ruoli, all’inizio, erano il banco di prova per un’avventura che ha cambiato la società. I dirigenti pensavano che questo nuovo apparecchio mastodontico, entrando nelle case italiane, potesse sconvolgere le famiglie con un nuovo modo di comunicare. Per “umanizzarlo”, hanno puntato sulla nostra immagine. Abbiamo rappresentato la televisione italiana. Siamo entrate, pian piano, in confidenza con i telespettatori per creare con loro una certa complicità e per far parte della vita quotidiana di tutti. Siamo state sorelle, amiche, vicine di casa degli italiani, considerate come impiegate di “categoria B”. Abbiamo lavorato con entusiasmo in ogni occasione, mantenendo lo stesso atteggiamento di sempre, dalla conduzione delle rubriche quotidiane, al Festival di Sanremo.

Quale episodio della vostra esperienza lavorativa ricordate come il più memorabile?

[Elmi] Tra i vividi ricordi, c’è l’incontro con colleghi incredibili, Mike Buongiorno su tutti; ma anche personaggi internazionali, come Silvester Stallone. Per il ruolo che abbiamo ricoperto in tv, non siamo diventate delle star ma abbiamo ricevuto sempre molto affetto da parte del pubblico. Ad esempio ho presentato, nei panni di Azzurrina, “Il dirigibile”, una trasmissione per bambini che è andata in onda negli ultimi anni ’70. Quei bimbi ora sono cresciuti, ma ancora mi ricordano con quel nome.

Dopo anni e anni di esperienza come annunciatrici del palinsesto Rai, in che modo pensate sia cambiata la fruizione della televisione da parte degli spettatori, considerando l’importanza del web nell’informazione quotidiana?

[Vaudetti] Quando la tv dei sogni, quella in bianco e nero, si è trasformata nella televisione che oggi conosciamo, siamo entrati in una nuova dimensione, più realistica. È stato un passaggio che ho vissuto in prima linea, avendo fatto il primo annuncio a colori della storia della tv italiana. Si è cominciato a trasmettere programmi dal vivo, le prime gare sportive. Se nella Rai dei primi anni noi eravamo le protagoniste, ora lo è il pubblico: i telespettatori sono diventati interpreti, come accade nei reality. I presentatori, invece, fanno ormai da trait d’union.

Le Signorine Buonasera sono state un vivido esempio di eleganza e professionalità. C’è, secondo voi, una progressiva deriva sessista nella rappresentazione della donna nei palinsesti televisivi?

[Vaudetti] Trovo che la Rai in realtà abbia fatto passi in avanti, con la presenza di direttrici e presentatrici di rete. Un tempo eravamo le sole donne a poter apparire, come da contratto. La televisione, avendo una funzione educativa, ha il compito di fungere da trainer e dare buon esempio. La tv è donna!

Musicultura da trenta anni scova talenti cantautoriali provenienti da tutto lo stivale. La musica ha la capacità di rappresentare un’epoca, ma anche di farci rivivere dei momenti passati: un vostro brano che racconta gli anni ‘60 da annunciatrici Rai?

[Canulli] Non ho dubbi: la sigla di apertura dell’antenna.

[Vaudetti] Un brano dell’Eurovisione, di quando presentavo Giochi senza frontiere.

[Elmi] Per me quella del Mondovisione, a questo punto!

INTERVISTA. Una cantautrice, un rettore, un rapper: Grazia Di Michele, il Prof. Pettinari e Moreno raccontano il loro progetto a La Controra 2019

Un confronto stimolante tra discipline artistiche e scientifiche, tra musica e chimica: questo è il fine del progetto presentato dalla cantautrice Grazia Di Michele, il Rettore dell’Università di Camerino Claudio Pettinari e il rapper Moreno.

Nel Cortile di Palazzo Ciccolini, i tre protagonisti della prima serata de La Controra hanno intrattenuto il pubblico con una performance fuori dagli schemi, tra spiegazioni dal carattere accademico, racconti di musica d’autore e freestyle. Le connessioni complesse che legano la scienza alla musica sono state oggetto di discussione di un talk che, in futuro, diventerà un progetto concreto, per diffondere il sapere musicale nelle facoltà scientifiche dell’Università di Camerino.

Una cantautrice, un rettore, un rapper: cosa hanno in comune? Qual è il punto d’incontro tra arte e scienza?

[Di Michele] Abbiamo in comune sicuramente la passione per musica e la volontà di avvicinare questa forma d’arte, alla scienza. Abbiamo voluto presentare il progetto in maniera divertente, provocatoria, ma non priva di spunti di riflessione.

Com’è stato lavorare insieme e dunque unire le vostre competenze e professionalità appartenenti a settori cosi diversi, in questo progetto comune?

[Pettinari] È stato molto interessante! È stato un continuo reiterare gli argomenti, i concetti, i discorsi che abbiamo poi deciso di affrontare durante l’incontro. Il nostro progetto nasce come un’esperienza davvero stimolante.

Grazia, è uscito il suo ultimo album Sante bambole puttanee ha pubblicato il romanzo Apolonnia; il comune denominatore è chiaramente la donna, a testimonianza dell’impegno sociale che da sempre contraddistingue la sua produzione artistica. Quali sono le aspettative e le speranze per questi nuovi lavori?

In verità non mi pongo mai delle aspettative, perché m’interessa di più prendermi cura delle cose che amo: ho lavorato a questo album e scritto il romanzo nelle pause in treno e negli aeroporti. Chi fa un mestiere come il mio, a volte è costretto ad aspettare un momento giusto da dedicare a un progetto. Così ho utilizzato il tempo che avevo a disposizione per poter fissare tutti i ricordi, avendo il timore di perderli. Apollonia è un romanzo autobiografico e visionario, molto particolare. Ogni volta che presento un nuovo lavoro, spero che qualcuno ne possa trovare un senso proprio.

Prof. Pettinari, il rapporto vivo e fecondo tra l’Università e Musicultura ha da sempre testimoniato il profondo interesse per il giusto connubio tra mondo umanistico e musicale. Qual è stato il suo contributo in questo lavoro?

Ho voluto spiegare come la chimica possa unirsi ad altri ambiti e materie: la musica e le parole sono particolari tipologie di sapere. Noi crediamo proprio nell’unione tra più arti e discipline.

Moreno, che ruolo ha il rap in Italia, oggi?

In Italia il boom del rap è arrivato sicuramente dopo rispetto agli Stati Uniti, un Paese in cui, proprio per la diffusione del genere, ho visto anche madri di famiglia fare freestyle. Spesso i rapper si posizionano nei primi posti delle classifiche musicali e, con il tempo, si stanno aprendo ad altre contaminazioni. Sono stato felice di distinguermi non soltanto per esser stato il primo artista rap nella scuola di Amici ma anche “l’agnello sacrificale”: ho deciso di lasciare l’underground perché volevo vivere di musica e non di giudizi e pregiudizi. Da tre o quattro persone, sono arrivato a un pubblico di tre milioni di italiani. Non mi sarei mai aspettato questo successo. La soddisfazione più grande è stata quella di partecipare a un talent, vincerlo e vedere come chi ha inizialmente storto un po’ il naso, con il tempo ha avuto l’occasione per ricredersi. Sono arrivato perfino a gareggiare tra i big di Sanremo insieme alla Prof.ssa Di Michele (ride). Ora sono qui a Musicultura e credo anche di essere uno dei primi rapper a esibirsi: amo essere un pioniere anche non volutamente. Un artista non si fa capo da solo, sono gli altri a dargli dei meriti. Se sono ospite di Grazia, vuol dire che sono stato un bravo allievo.

INTERVISTA. Francesca Romana Perrotta torna a Musicultura 2018, ospite de La Controra

“Musicultura mi ha dato tutto”: è con queste parole che Francesca Romana Perrotta si è presentata al pubblico de La Controra, questa volta in veste di ospite della XXIX edizione del concorso.

L’artista pugliese ha partecipato ben tre volte al Festival, conquistando sempre un posto tra gli otto vincitori. “L’ora di mezzo” è il suo nuovo album: un disco, questo, in cui le protagoniste sono donne della letteratura e della storia, tutte incomprese o dimenticate. La cara amica del festival ha regalato al pubblico di Musicutura uno spettacolo agli Antichi Forni di Macerata e un’intervista alla redazione di Sciuscià.

Ha iniziato a fartsi conoscere al pubblico a 18 anni, formando la band ‘Zeroincondotta’, che poi ha lasciato per intraprendere la carriera da solista. Cosa le manca del lavoro di gruppo? Qual è l’aspetto della sua professione che le piace di più?

Sono ormai anni che collaboro con gli stessi musicisti, sia in studio che dal vivo. Ho sempre avuto bisogno di essere circondata da una band: non riuscirei mai a collaborare con turnisti che vanno e vengono. Cerco dunque persone che sposino il senso delle mie canzoni e che amino esibirsi al mio fianco. I live rappresentano infatti tutto ciò che preferisco della mia professione. Molti artisti dicono che senza il contatto con il pubblico non riuscirebbero a vivere; io invece sto bene lontana dal palco ma, allo stesso tempo, mi rendo conto che quando mi esibisco riesco a tirar fuori la parte più irrazionale ed emotiva di me.

Nel settembre del 2017 è uscito il suo terzo album, “L’ora di mezzo”, in cui canta di donne dimenticate dalla storia e della letteratura. C’è una figura femminile a cui si senti più vicina nella personalità e nel carattere?

Mi piacerebbe rivedermi in Penelope, perché è una donna sicura di sé. Ma in realtà mi sento vicina, per la personalità e per il carattere, ad Elena di Troia, una figura femminile che è entrata nella vita di altri per poi andarsene.

Ha vinto numerosi premi e  collaborato con molti artisti: quanto reputa importante confrontarsi con i colleghi e condividere il suo lavoro con altri professionisti della musica? Con chi le piacerebbe collaborare in futuro?

I grandi artisti con cui ho collaborato, in particolar modo Cristiano De André e Pacifico, mi hanno insegnato aspetti fondamentali del mestiere: stare sul palco, sperimentare modi differenti di realizzare una canzone in base al contesto o alla natura stessa del brano, fare un soundcheck e altri aspetti tecnici rilevanti. Per quanto riguarda la scrittura dei pezzi, invece, il vero insegnamento l’ho ricevuto quando ero bambina, studiando la musica classica, che è il genere più rock in assoluto, perché è completo e apre la mente. In futuro mi piacerebbe esibirmi con artisti carismatici come Vasco o Gianna Nannini; oppure sarebbe interessante collaborare con Mimosa, tra i vincitori di Musicultura nel 2016, con cui condivido la medesima visione della musica.

Ha partecipato tre volte al Festival, aggiudicandosi sempre un posto nella rosa degli otto vincitori; adesso torna in qualità di ospite de La Controra: come vive quest’esperienza? Che importanza ha avuto Musicultura nella sua carriera?

Musicultura mi ha dato tutto, sin da quando ho partecipato per la prima volta nel 2007. È il Festival adatto a me, anche nelle scomodità che possono verificarsi, come suonare in una location differente a causa del maltempo. Mi rivedo molto nelle idee artistiche che promuove il concorso. È per questo che mi piacerebbe, prima o poi, far parte della giuria.

Lei, che dunque ha vissuto più volte le serate conclusive del Festival calcando il palco dello Sferisterio, in prospettiva della finale che consigli si sente di dare ai vincitori?

Nei tre anni in cui ho partecipato a Musicultura sono stata una pessima vincitrice perché, col senno di poi, avrei potuto dare di più. Consiglio agli otto vincitori di non essere competitivi ma di puntare sulle proprie energie e di presentarle sul palco. È necessario esibirsi cantando e suonando con libertà, senza guardare alla rivalità artistica in sé.

Annunciato il programma de La Controra 2019

LA   CONTRORA DI MUSICULTURA 2019

 Il programma di John VignolaMusic Club” in diretta su Radio1 Rai da Macerata. Nella settimana della Controra

Tra gli ospiti: ANDREA PURGATORI, FRANZ DI CIOCCIO e PATRICK DJIVAS (PFM)MORGAN, FABIO FRIZZI, THE ANDRÉ, SANANDA MAITREYA, ERNESTO ASSANTE, GRAZIA DI MICHELE, CLAUDIO PETTINARIGIORDANO BRUNO GUERRI, MARIOLINA CANNULI, MARIA GIOVANNA ELMIROSANNA VAUDETTI, QUINTETO ASTOR PIAZZOLLA, LINO PATRUNO, VALERIO CALZOLAIO, LIDIA RAVERA, FAUSTO PELLEGRINI, CARLO MASSARINI, MORENO, DETTO MARIANO, ENNIO CAVALLI, CARLOTTA NATOLI, ANGÉLIQUE KIDJO, I VINCITORI DI MUSICULTURA 2019

Il cartellone della “Controra” 2019 è servito.
Nata quindici anni fa per creare nel centro storico cittadino un contrappeso spettacolare alle serate del festival all’Arena Sferisterio, di anno in anno l’iniziativa è cresciuta e ha conquistato sempre più la fiducia del pubblico. Le caleidoscopiche proposte della “Controra” 2019 sono adesso pronte a cadenzare i giorni e le notti dell’intera settimana, della XXX edizione di Musicultura, dal 17 al 23 giugno.  Si tratta di concerti, recital, incontri, dibattiti, reading – tutti ad ingresso libero –  che al ritmo di tre, quattro e anche cinque al giorno si propongono di incuriosire ed intrigare una platea di appassionati folta ed eterogenea. La formula base è semplice: associare il divertimento al piacere dell’approfondimento.
A raccontare storie e protagonisti della “Controra” c’è quest’anno anche Radio 1 Rai, lo storico media partner di Musicultura.  “Music Club”, il programma di John Vignola, durante la settimana andrà infatti in onda in diretta da Macerata, proprio dai locali del ristorante Vere Italie, special partner di Musicultura 2019, a partire dalle ore 15.  Chi desiderasse partecipare dal vivo alla trasmissione nello studio allestito presso Vere Italie può prenotarsi chiamando il numero 0733.1840572 o consultando il sito www.vereitalie.it. Le altre location della “Controra”, comprendono Piazza Cesare Battisti, i cortili di Palazzo Conventati e di Palazzo Ciccolini, i nuovissimi ambienti di Centrale Plus in piazza della Libertà e, uscendo dal perimetro cittadino, il Centro Commerciale Val di Chienti di Piediripa, dinamico partner in molte attività di Musicultura.
RINGRAZIAMENTI
A conferire alla “Controra” le sue peculiari atmosfere, a mantenerne oliati gli snodi organizzativi, a rendere Macerata ospitale nei confronti degli artisti ospiti e del pubblico che si riversa durante la settimana in città contribuisce una pluralità di soggetti cittadini e del territorio. In primis l’Amministrazione comunale, con l’Ufficio Cultura, l’Ufficio Tecnico, l’Ufficio Economato e i Servizi Sociali; e poi le collaborazioni con La Bottega del Libro, Mecca Shop di Mario Nardi, l’Istituto Pannaggi, il festival “Macerata Racconta”, Casatasso, la Pro Loco Macerata, ETV Marche, EmmeTV, la Società Filarmonico Drammatica, l’Accademia di Belle Arti. Utilissimi i supporti della Polizia Municipale e dell’APM, come l’apporto degli esercizi di ristorazione e degli hotel convenzionati. Preziosi i sostegni e la progettualità in comune di UNI.CO e Cosmari. Cruciale infine il ruolo dell’Università di Macerata e dell’Università di Camerino, i cui studenti seguono per l’occasione percorsi formativi sul campo, trasmettendo contemporaneamente al pubblico entusiasmo e simpatia.

Tutto il programma de La Controra 2019

Annunciati gli otto vincitori di Musicultura 2019

Ci avviciniamo alla fase conclusiva della XXX di Musicultura festival, in programma a Macerata dal 17 al 23 giugno, con media partner Rai Radio 1. Oggi gli organizzatori annunciano i nomi degli otto artisti vincitori dell’edizione 2019 del prestigioso concorso annuale cha ha a cuore la qualità e gli sviluppi della canzone popolare e d’autore italiana e che è un pilastro ed una delle peculiarità della manifestazione.
Sono partiti in 719, tutti autori dei loro brani, hanno superato il test di audizioni live entrando a far parte della rosa dei sedici finalisti, in otto arrivano ora sul podio finale, al termine di una dura e lunga selezione iniziata nell’autunno dello scorso anno.
Ecco i loro nomi, le città di provenienza ed i titoli delle rispettive canzoni:
Luca Bocchetti (Roma), Furius; Francesco Lettieri (Giugliano, NA), La mia nuova età; Lo Straniero (Asti), Quartiere italiano; Lavinia Mancusi (Roma), Ninù; Paolantonio (Catania), Questa assurda storia; Gerardo Pozzi (Vittorio Veneto, TV), Badabum; Enzo Savastano (Benevento), Le mogli dei cantanti famosi; Francesco Sbraccia (Teramo),  Tocca a me.
“Una canzone ha il potere di cambiarti l’umore di una giornata, è un potere che nelle mani di questi giovani artisti è ben riposto – commenta il direttore artistico di Musicultura Piero Cesanelli tra loro c’è diversità di stili e di approcci, ma li accomuna un sincero slancio creativo”.
Due di loro, Francesco Sbraccia e Paolantonio, entrano nella rosa dei vincitori al termine di un’accesa  gara a colpi di click  sui social. Uno dei vincitori, Enzo Savastano, è stato scelto da Musicultura. I restanti cinque sono stati designati a insindacabile giudizio del Comitato Artistico di Garanzia del concorso, primi firmatari del quale furono nel 1990 Giorgio Caproni e Fabrizio De André e che  in questa XXX edizione è composto da Francesca Archibugi, Enzo Avitabile, Claudio Baglioni, Paolo Benvegnù, Brunori Sas, Luca Carboni, Alessandro Carrera, Guido Catalano, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Teresa De Sio, Niccolò Fabi, Giorgia, Alessandro Mannarino, Dacia Maraini, Mariella Nava, Gino Paoli, Vasco Rossi, Ron, Enrico Ruggeri, Paola Turci, Roberto Vecchioni, Antonello Venditti, Sandro Veronesi, Willie Peyote, Federico Zampaglione.
Sarà Radio 1 Rai, dal 2001 media partner di Musicultura, a tenere a battesimo per prima, domani 4 giugno, gli otto giovani artisti ospitandoli in un concerto in anteprima nazionale dalla Sala A di via Asiago a Roma, condotto da John Vignola. Il concerto andrà poi in onda su Radio 1 venerdì 7 giugno, a partire dalle 21.
I vincitori della XXX Edizione di Musicultura saranno presto protagonisti delle serate finali del festival a Macerata dal 20 al 23 giugno, seguite anch’esse da Radio 1.
Lì, nella suggestiva scenografia dell’Arena Sferisterio (capienza 2.500 persone), i giovani artisti in concorso condivideranno il palco con personalità di spicco della musica italiana ed internazionale e con altre personalità della cultura. Al termine di un lungo percorso di selezione artistica, improntato a criteri di merito e di qualità, sarà il test del voto democratico dei 7.500 spettatori delle tre serate di spettacolo ad eleggere tra gli otto artisti rimasti in gara il vincitore assoluto, al quale andranno i 20.000 euro del Premio UBI. Il concorso prevede altri significativi bonus che premiano la qualità dei contenuti artistici e sostengono la creatività dei giovani artisti giunti al traguardo finale, tra questi il Premio AFI (3.000 euro), il Premio Unimarche  (2.000 euro), il Premio della Critica (3.000 euro) ed un sostegno di 15.000 euro per la realizzazione di un tour di otto date grazie a NuovoImaie.
Tra gli ospiti già annunciati ed attesi all’edizione 2019 del Festival: Premiata Forneria Marconi, Daniele SilvestriMorgan, Sananda Maitreya & The Sugar Plum PharaohsAngélique Kidjo, Quinteto Astor Piazzolla, RancoreThe Beatbox con Roma Philarmonic OrchestraThe André, Giordano Bruno GuerriAndrea Purgatori.
Gli aggiornamenti sul cast di Musicultura 2019 sono reperibili su www.musicultura.it.
I biglietti per assistere alle tre serate di spettacolo di Musicultura 2019 sono in vendita sul circuito Vivaticket. Le canzoni finaliste della XXX edizione del concorso sono raccolte nel CD Compilation “Musicultura XXX edizione/2019”, realizzato e commercializzato da CNI Compagnia Nuove IndyeHiQU Music.

 

Morgan, Rancore, Angelique Kidjo, The Beatbox con Roma Philarmonic Orchestra, The André allo Sferisterio

Incalza il countdown di avvicinamento alla fase finale della XXX Edizione del Festival della Canzone Popolare e d’Autore, in programma a Macerata dal 17 al 23 del prossimo mese di giugno.
Accanto alle partecipazioni già consolidate di Daniele Silvestri, Premiata Forneria Marconi, Sananda Maitreya, Quinteto Astor Piazzolla il cartellone si infoltisce coi nomi di nuovi importanti protagonisti: Morgan, Angelique Kidjo, Rancore, The Beatbox con Roma Philarmonic Orchestra, The André, Giordano Bruno Guerri, Andrea Purgatori.
La composizione definitiva del cast – un pilastro importante del quale saranno gli otto vincitori del prestigioso concorso con cui Musicultura dà spazio alle nuove leve della canzone italiana di qualità, i cui nomi saranno resi noti la prossima settimana – sarà annunciata più a ridosso dell’evento. Non mancheranno le sorprese dell’ultima ora, a cui la manifestazione ha abituato il suo pubblico, come ad esempio la scoperta dell’identità di chi avrà l’onore e l’onore di condurre le serate di spettacolo all’Arena Sferisterio, seguite radiofonicamente da Rai Radio 1 e televisivamente da Rai 3.
Ma torniamo agli ospiti che Musicultura annuncia oggi, tutti pronti a regalare performance studiate ad hoc per l’occasione. Domenica 23 giugno sarà la volta di Angelique Kidjo: è la regina indiscussa della musica africana, una forza della natura sul palco, per due volte ha vinto il Grammy per il Best World Music Album, ha all’attivo collaborazioni con artisti del calibro di Bono, Alicia Keys, John Legend, Philip Glass, come pochi è capace di trasmettere una positività spumeggiante, nell’arte e nella vita, come sa bene il pubblico che nel mondo la segue e la ama. Nella serata del 23 si esibirà anche Rancore. Musicultura, da sempre attenta a cosa di buono e di vero si muove nell’ambito della scena musicale italiana, crede in questo giovane artista: “Ci sembra di gran lunga avanti a tante sedicenti avanguardie del momento, con lui le prospettive del rap si articolano e dilatano, si esprime con una intensità non comune, il suo ultimo lavoro discografico è un esempio di maturità e compiutezza, è bello costatare che un pubblico sempre più ampio vede in lui un punto di riferimento, come è bello averlo con noi”  dichiara il vicepresidente di Musicultura Ezio Nannipieri.
Venerdì 21 giugno, a distanza di quattordici anni, torna a Musicultura Morgan, artista genuino e talentuoso, che il ritrovarsi involontariamente a tratti al centro del gossip non distoglie dalla dedizione sincera e viscerale per l’arte e l’espressione artistica. Di questa attitudine, che lo rende unico ed insostituibile nel panorama italiano, Morgan porterà una preziosa testimonianza sul palco. La stessa sera si prepara un omaggio davvero in grande stile alla leggenda dei Beatles, che vedrà come protagonisti The Beatbox e la Roma Philarmonic Orchestra. The Beatbox è ritenuta la miglior band europea quando si tratta di far rivivere dal vivo l’opera dei Fab Four. Nei loro concerti il rispetto per i brani originali, la cura di ogni minimo dettaglio, dalla strumentazione ai costumi, danno un tocco di sacralità alla tempesta di emozioni che si innesca quando si ha modo di riascoltare dal vivo, così come era stata pensata, la musica del quartetto di Liverpool. I quaranta elementi della Roma Philarmonic Orchestra, diretta da Stefano Trasimeni, ricreeranno la veste sinfonica che ha contribuito a rendere immortali molte canzoni beatlesiane. “Abbiamo sentito il bisogno di ricordare i cinquant’anni dalla pubblicazione di Abbey Road e dall’ultima apparizione live di John, Paul, George e Ringo, sul tetto della Apple Record a Londra – dice il direttore artistico di Musicultura Piero Cesanelli.Allora la loro idea fu di creare scompiglio con uno show gratuito, accorsero orde di fan, il quartiere si paralizzò, la polizia intervenne ed interruppe l’esibizione, John Lennon disse: ‘Speriamo di avere passato l’audizione’. Con quelle parole finiva un’epoca, noi proveremo a  riviverne le atmosfere per una sera”. A Musicultura sono di casa anche gli ospiti della parola, in questo caso c’è curiosità per le partecipazioni dello storico, saggista ed accademico Giordano Bruno Bruno Guerri (20 giugno) e del giornalista, scrittore e sceneggiatore Andrea Purgatori (21 giugno), che hanno accettato di salire sul palco per raccontare al pubblico perché e come una certa canzone sia diventata la “loro” canzone. Tra gli ospiti c’è anche un giovane artista che, nato come curioso fenomeno su Youtube, è passato rapidamente ai dischi e ai tour: The André. Il misterioso ragazzo (si esibisce a volto coperto) ha incredibilmente la stessa voce di De André, di cui è un fan fino alla venerazione, ma usa quella voce per cantare a modo suo, accompagnandosi solo con la chitarra, le canzoni della trap, con intelligenza e risultati intriganti.
In attesa di conoscere la prossima settimana l’esito delle scelte del comitato artistico di garanzia di Musicultura, la votazione web ha intanto decretato i primi due degli otto vincitori del concorso: si tratta di Paolantonio di Catania e Francesco Sbraccia di Teramo, rispettivamente con 5.800 e 4.516 click su un totale di 26.596 voti. Dallo scorso 29 aprile Rai Radio 1, media partner della manifestazione, ha preso in consegna le 16 canzoni finaliste per presentarle quotidianamente nell’ambito del programma Music Club, affidate alla competenza di John Vignola. Anche Rai Radio Tutta Italiana, a cura di Gianmaurizio Foderaro, dedica ai protagonisti del concorso ed alla loro canzoni spazi e approfondimenti. Il comitato artistico di garanzia di Musicultura è composto da Claudio Baglioni, Vasco Rossi, Brunori Sas, Luca Carboni, Gino Paoli, Ron, Enrico Ruggeri, Antonello Venditti,  Francesca Archibugi, Enzo Avitabile, Paolo Benvegnù, Alessandro Carrera, Guido Catalano, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Teresa De Sio, Niccolò Fabi, Giorgia, Alessandro Mannarino, Dacia Maraini, Mariella Nava,  Paola Turci, Roberto Vecchioni, Sandro Veronesi, Willie Peyote, Federico Zampaglione.

Daniele Silvestri a Musicultura 2019

Il cantautore prepara per Musicultura una preziosa testimonianza artistica live attesa per domenica 23 giugno. Protagonista assoluto dell’evoluzione dei suoni e del linguaggio della canzone italiana, non cessa di stupire per inventiva e coerenza.

Il 20 giugno sul palco dell’Arena Sferisterio anche la musica del Quinteto Astor Piazzola.

 Il cantiere della XXX Edizione del Festival della Canzone Popolare e d’Autore, in programma a Macerata dal 17 al 23 del prossimo mese di giugno, è apertissimo e anche sul fronte della composizione del cast si registra gran fermento. Dopo gli annunci della Premiata Forneria Marconi (20 giugno) e di Sananda Maitreya (21 giugno), Musicultura svela i nomi di altri due ospiti in cartellone.
Domenica 23 giugno sarà Daniele Silvestri a portare sul palco la sua preziosa testimonianza artistica. Sarà l’unica o una delle rare apparizioni della prossima estate del cantautore romano. Dopo le soddisfazioni dell’ultimo Sanremo – dove con Rancore ha presentato Argento vivo portando a casa il Premio della Critica, il Premio della Stampa-Radio TV-Web e il Premio per il miglior testo – è concentrato sulla messa a punto del tour autunnale, che per la prima volta lo vedrà protagonista nei palazzetti a festeggiare coi fan i 25 anni di carriera.  “Non è casuale che i 25 anni di carriera di Daniele si intersechino con i 30 anni di Musicultura: è un bel ritrovarsi con un’artista che stimiamo, che in questo arco di tempo è stato e continua a rappresentare un punto di riferimento autentico nell’evoluzione del linguaggio della canzone, dove lui emerge come un esplorare lucido e al contempo poetico delle alchimie che fondono ritmo-suono e parola”, osserva il direttore artistico di Musicultura Piero Cesanelli.  La capacità di Silvestri di convogliare intensità e dinamismo in canzoni dal forte impatto cinematografico emerge anche nel suo nuovissimo lavoro discografico La terra sotto i piedi, il nono album in studio di una carriera prestigiosa, dove la creatività dell’artista non si è mai adagiata sugli allori e le grandi soddisfazioni di pubblico e di critica sono sempre state uno stimolo per una ricerca di un linguaggio autenticamente personale.

Quinteto Astor Piazzolla



Al festival della canzone popolare e d’autore italiana è consuetudine volgere lo sguardo e confrontarsi anche con altri orizzonti, quest’anno la “collana” degli ospiti internazionali di Musicultura si arricchisce di una perla, il Quinteto Astor Piazzolla, atteso sul palco giovedì 20 giugno. “Il pubblico di Musicultura avrà l’occasione di rivivere la bellezza straripante di alcuni dei capolavori del Maestro grazie a questo quintetto che riunisce cinque dei migliori musicisti argentini” dichiara il vicepresidente di Musicultura Ezio Nannipieri, che aggiunge: “Hanno una solida preparazione di tango alle spalle, l’imprimatur della Fondazione Piazzolla, ma soprattutto il cuore e la visione per compiere una missione difficile, dove altri hanno fallito”.  Astor Piazzolla formò il suo primo quintetto nel 1960, portando il tango alle sue estreme conseguenze. Cinque strumenti solisti che cantavano il corpo elettrico della città, il nuovo fervore di Buenos Aires, con una potenza di fuoco inusitata, una ricchezza melodica, ritmica, armonica senza precedenti e un sound finalmente all’altezza dei tempi. Quando ormai il tango non sapeva più che farsene delle maestose macchine orchestrali degli anni d’oro, il quintetto venne a indicare le nuove strade da percorrere. Sebbene oggi Piazzolla sia uno dei compositori contemporanei più eseguiti al mondo e il suo catalogo comprenda oltre mille composizioni per gli ensemble più diversi, il quintetto fu sempre la sua formazione prediletta, la più innovativa, un laboratorio di sperimentazione permanente. Per questo la Fondazione Astor Piazzolla, nata per proteggere e diffondere il suo enorme lascito, ha creato il Quinteto Astor Piazzolla con la direzione di Laura Escalada Piazzolla. Da oltre venti anni girano i teatri del mondo suonando gli inestimabili arrangiamenti autografi e riportando alla luce gioielli pressoché inediti. L’attuale formazione vede in scena Lautaro Greco (bandoneón), Sebastian Prusak (violino), German Martìnez (chitarra), Sergio Rivas (contrabbaso) e Cristian Zarate (piano).
Intanto le macchine di Musicultura procedono a tutta forza anche sul fronte del concorso. Dallo scorso 29 aprile Rai Radio 1, media partner della manifestazione, ha preso in consegna le 16 canzoni finaliste per presentarle quotidianamente nell’ambito del programma Music Club, affidate alla competenza di John Vignola. Anche Rai Radio Tutta Italiana, a cura di Gianmaurizio Foderaro, dedica ai protagonisti del concorso ed alla loro canzoni spazi e approfondimenti. Gli stessi brani sono nel frattempo al vaglio del comitato artistico di garanzia, che a suo insindacabile giudizio designerà cinque degli otto vincitori che accederanno alla fase finale del festival e di cui fanno parte Claudio Baglioni, Vasco Rossi, Brunori Sas, Luca Carboni, Gino Paoli, Ron, Enrico Ruggeri, Antonello Venditti,  Francesca Archibugi, Enzo Avitabile, Paolo Benvegnù, Alessandro Carrera, Guido Catalano, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Teresa De Sio, Niccolò Fabi, Giorgia, Alessandro Mannarino, Dacia Maraini, Mariella Nava,  Paola Turci, Roberto Vecchioni, Sandro Veronesi, Willie Peyote, Federico Zampaglione.  Altri due vincitori saranno eletti a suon di click nell’ambito del contest Facebook attivo dal 3 al 24 maggio, l’ottavo vincitore sarà scelto a discrezione di Musicultura.

I biglietti per assistere alle tre serate di spettacolo di Musicultura 2019 (20, 21 e 23 giugno) sono in vendita presso la Biglietteria dei Teatri (Piazza Mazzini, Macerata) e sul circuito Vivaticket.