INTERVISTA – I Frammenti finalisti del Festival: «Aspettatevi una festa!»

Nati e cresciuti tra l’elettronica suonata nei club e i sogni inseguiti nelle retrobotteghe di provincia, Francesco (Checco) e Antonio (Toni) trasformano la loro visione musicale in un progetto vivo e pulsante: Frammenti, un dialogo tra energia e intimità, un linguaggio ibrido fatto di sintetizzatori e cuore, radici e visioni. È dopo un after-party che segue un live di Cosmo che i due intuiscono la direzione da seguire, il potenziale emotivo e collettivo del loro suono. Da quel momento, il progetto si consolida e prende slancio e, tra stratificazione e sintesi, attraversa i palchi, fino a guadagnarsi un posto agli Home Visit di X Factor e, nel 2025, l’accesso alle finali di Musicultura con La pace, brano che trasforma il caos in armonia e la festa in metafora di un equilibrio necessario.

Frammenti alle Audizioni Live di Musicultura 2025

La vostra musica è caratterizzata da una forte componente elettronica e testi che mantengono una sensibilità intima: dove avete tratto ispirazione per dar vita a questo connubio?
È strano: letta questa domanda, la prima risposta che ci è venuta in mente è Werner Herzog. Forse perché ora Checco vive a Monaco – e Herzog viene da lì – o forse per il suo modo di fare i film, fuori da ogni regola, per imprimere su pellicola la verità. Si tratta di un regista alla continua ricerca dell’estatico. In musica, invece, rubiamo da tanti; Battisti, Orbital, Planet Opal, Jannacci, Underworld, Soulwax, Bach, Brutalismus 3000.

Ogni band nasce da un incontro, da una scintilla creativa che porta due o più persone a unire le proprie visioni. Qual è stato il vostro punto di partenza? C’è stato un momento preciso in cui avete capito che valeva la pena trasformare la vostra intesa musicale in un progetto concreto? E, guardando indietro, pensate che il vostro modo di fare musica sia cambiato rispetto a quando avete iniziato?
Rispondiamo a ritroso. Il nostro modo di fare musica è sicuramente cambiato facendolo dal vivo, anche se ci portiamo dietro degli spettri che tentiamo di tramutare in cifra stilistica. Abbiamo imparato a stratificare e a levare il superfluo, a dare più tempo alle canzoni per sedimentarsi prima di dichiararle concluse. Poi è cambiata anche tutta la nostra strumentazione, di conseguenza è cambiato sicuramente il come facciamo le cose. Quanto al momento preciso in cui ci siamo detti che valeva la pena spendere sonno, affetti e tempo per fare musica insieme c’è, ha un luogo e una data precisi: Marghera, 14 aprile 2024, Cosmo in tour con Cosmotronic al Rivolta. Noi suonavamo insieme già da tempo, ma non condividevamo veramente la stessa passione. A Marghera abbiamo capito che c’era un modo di far convivere la leggerezza e l’energia, l’elettronica e il cuore, il futuro e il presente; tutto in un unico grande spettacolo. Per capirlo siamo rimasti fino alla fine dell’after party con Lory D (storico DJ romano, ndr). Se ci penso, tutto si tiene con le nostre radici che affondano nella perenne insoddisfazione della profonda provincia veneta. Non è facile resistere quando le occasioni di suonare la tua musica sono in palchi che affiancano esposizioni di sanitari e fai prove nel retrobottega di una gelateria facendo impazzire il vicinato. Per fortuna, qualche concerto è arrivato anche da noi.

Con la vostra esperienza a X Factor e vari live vi siete trovati di fronte a platee con background e aspettative diversi; ora affrontate il palco di Musicultura. Come avete percepito la risposta del pubblico in contesti così differenti? E in che modo queste esperienze hanno influenzato la vostra evoluzione artistica e la scrittura dei vostri brani?
Noi soffriamo l’assenza del pubblico. Non importa come reagisce, se è lì per ballare con noi o per ascoltare quel che c’è da dire. Non importa nemmeno se è lì per giudicare o per contestarci. Noi suoniamo per instaurare una relazione d’amore con il maggior numero di persone possibile. I mezzi sono sempre la musica, il corpo e la parola. Pensandola così, cerchiamo di dare la massima importanza a ogni palco.
Questo non significa che possiamo proporre lo stesso spettacolo in un club o in in teatro. Le regole ci sono ed è bello giocarci, magari infrangerle – sempre bello suonare la techno a ridosso di gente che cena -. Da X Factor abbiamo imparato che si possono dire molte cose anche in due minuti, anzi, avere così poco tempo è un grande esercizio di concentrazione immediata. Nei locali ci possiamo invece permettere di giocare di più, sperimentare e creare flussi di energia diversi; lì impariamo che i live sono una cosa differente dai dischi, immensamente significativa. Suonare in teatro come per Musicultura, infine, ti insegna a raccontarti; è qualcosa che sta a cavallo delle due dimensioni e l’attenzione che il pubblico ti dà è davvero stimolante. Ha qualcosa di rituale, di sacro. Tutto questo ci ha portati a scrivere più per l’altro e meno per noi stessi.

Musicultura, ancora. La pace, brano scelto dalla giuria del Festival, esplora il tema della ricerca di equilibrio nel caos, sia interiore che esterno. Com’è nata questa canzone? Cosa vi ha spinti a scriverla?
La canzone nasce da due momenti, due concerti. Il primo, mancato, era a Milano. Siamo arrivati in ritardo, proprio nel momento in cui la cantante dei Brutalismus 3000 gridava “Ciao Milano!” e mandava tutti a casa. Da lì è iniziato un viaggio di ritorno lunghissimo, in tram. Qualcuno aveva una cassa e la festa è ripartita. Ballavamo noi e pure il tram. A un certo punto mi sono sentito male, stavo svenendo. Lì, tutti si sono fermati e, quelli che per anni i giornali definivano come “sballati, drogati”, alla meglio “ravers”, mi hanno soccorso, aiutandomi a scendere e a tornare in albergo. Non mi sembrava ci fosse metafora migliore della pace se non quella di una festa libera, come quella nata sul tram e quella che ha ispirato l’amore della seconda strofa. C’è qualcosa di potente nelle feste, forte come un bambino che prega perché chi fa la guerra si renda conto che è più bello essere amici che nemici.

Chiudiamo così, a bruciapelo: cosa dobbiamo aspettarci dal vostro futuro musicale e cosa, invece, vi aspettate voi?
Noi ci aspettiamo un grande carro, con un impianto gigante, per girare tutta l’Italia con le nostre canzoni. Voi aspettatevi una festa!

INTERVISTA – A Musicultura 2025 c’è anche un po’ di Apatia con Distemah

Distemah, l’alter ego di Marta Di Stefano, dietro il suo nome cela un’anima artistica in continua evoluzione, capace di fondere sensibilità e determinazione in un’unica voce. Partita dal bisogno di esprimersi liberamente attraverso la musica, ha trovato nella sua identità artistica un rifugio in cui lasciarsi trasportare dalle emozioni, senza filtri. Dal Tour Music Fest a Sanremo New Talent, il suo percorso è stato segnato da sfide e traguardi che l’hanno resa più consapevole e sicura di sé.Ora, è tra i 16 finalisti di Musicultura con il suo brano Apatia.

Distemah è un nome decisamente particolare. Cosa ti ha ispirato a sceglierlo per la tua identità artistica? Cosa rappresenta per te?
Il mio nome d’arte ha un’origine piuttosto semplice. Quando giocavo a pallavolo, il mio soprannome era Diste. Un pomeriggio, mentre parlavo con mio padre, lui ebbe l’idea di unire Diste alle prime due lettere di Marta, il mio nome, trovando che suonasse originale. Il mio tocco personale? Aggiungere una “h” finale. Vedo Distemah un po’ come il mio alter ego, la mia identità artistica. Così come quando giocavo a pallavolo ero Diste, nella musica sono Distemah. In un certo senso, mi fa sentire a mio agio poter essere “qualcun altro” rispetto alla vita di tutti i giorni, come indossando una “maschera”, per citare Pirandello. C’è sicuramente una
differenza tra chi sono sul palco e chi sono nella quotidianità: Marta è più attenta ai dettagli, mentre Distemah è più impulsiva, si lascia trasportare dai sentimenti.

Distemah alle Audizioni Live di Musicultura 2025

Ecco, appunto: parliamo di contrapposizioni. Guardando la tua pagina Instagram, si percepisce un’immagine di te forte e decisa, ma quando sali sul palco emerge una sensibilità diversa, proprio come se ci fosse un altro lato di te a prendere il sopravvento. È una scelta stilistica consapevole o un processo creativo che nasce in modo naturale durante le tue performance?
Come ho detto, Distemah si lascia trasportare dalle sensazioni. Per questo, quando sono sul palco, evito di pensare troppo a come apparire e mi abbandono completamente alla musica, interpretando il pezzo nel modo più autentico possibile, affinché arrivi davvero a chi ascolta. Direi quindi che tutto nasce in modo naturale, e spero che questo si percepisca. Sui social, invece, cerco semplicemente di costruire un’immagine di me che, prima di tutto, piaccia a me stessa. Cerco comunque di mostrare una parte di me che mi appartiene, evitando falsità.

Rimanendo in tema social, condividi spesso contenuti che spaziano dal cinema alle arti visive, mostrando come la tua passione per l’arte si estenda a 360 gradi. Come influisce questa tua visione multidisciplinare sulla tua musica? Le altre forme d’arte giocano un ruolo importante nel tuo percorso creativo?
Il cinema, come la fotografia, ha sempre avuto un ruolo fondamentale per me. Non solo mi affascina, ma mi ispira profondamente, nella scrittura, ma anche nella vita. Credo che il cinema possa insegnare moltissimo, a patto di saperlo leggere tra
le righe, ed è proprio questa sua capacità di trasmettere significati nascosti che lo rende così essenziale per me. Anche la mia ricerca estetica nella musica ne è influenzata. Mi sento particolarmente attratta dai film che comunicano un concetto attraverso una fotografia evocativa e un’estetica eterea. È in quel linguaggio visivo che ritrovo la mia essenza.

Nel 2022 hai raggiunto le finali nazionali del Tour Music Fest, ricevendo il titolo di High Quality Artist. Come hai vissuto quel momento? Che tipo di impatto ha avuto sulla tua carriera?
Sono passati tre anni da quell’esperienza, e senza dubbio ha avuto un impatto su di me. È stata una delle prime volte in cui mi sono esibita su un palco vero, fuori dalla mia cameretta, e oggi posso dire di sentirmi molto più cresciuta e consapevole. Mi
è servita anche per “sbloccarmi”, per acquisire maggiore tranquillità sul palco, cosa non scontata per me, dato che sono sempre statapiuttosto timida e riservata. Esperienze come questa sono fondamentali per crescere, ed è proprio questo il
motivo per cui avevo deciso di partecipare.

Oltre al Tour Music Fest, di cui abbiamo appena parlato, hai partecipato anche a Sanremo New Talent. Cosa ti ha spinta, invece, a mandare i tuoi brani a Musicultura? Cosa speri di trasmettere con le tue canzoni al pubblico del Festival?
La decisione di partecipare a Musicultura è stata diversa dalle altre. Conoscevo il festival, ma non avevo ancora pensato di iscrivermi, fino a quando, una sera, ho ricevuto una mail dal mio insegnante di canto con il link per l’iscrizione, che mi incoraggiava a farlo. A quel punto, mi sono detta: “O la va, o la spacca”. Sapevo che sarebbe stato difficile andare avanti, considerando la presenza di tantissimi artisti talentuosi, ma ho deciso di provarci comunque per la voglia di cantare, senza fissarmi sul risultato. Ora sono felice di aver intrapreso questo percorso, perché sento che mi sta insegnando molto. Al pubblico del festival vorrei trasmettere un’emozione autentica, capace di toccare l’anima, proprio come accade a me ogni volta che ascolto la musica.

 

INTERVISTA: Abat-Jour «Il desiderio di lacerare il sipario»

Nascono dall’incontro di Marcello, Adriano, Liam, Gabriele e Ismail, un gruppo di giovanissimi amici con la voglia di condividere la musica. Definiscono il loro processo creativo figlio della scoperta, tra serate trascorse con amici e ascolti musicali variegati. La loro band, infatti, spazia tra rock, jazz e blues, con testi che esplorano la provincia, l’abitudine e il desiderio di evasione.
La band Abat-Jour racconta una realtà che è al tempo stesso personale e universale. Selezionati tra i finalisti di Musicultura con il brano Oblio, sono pronti ad affrontare una nuova sfida, per crescere e continuare a evolversi artisticamente.

Mufasa e le Abat-Jour alle Audizioni di Musicultura 2025

Rompiamo il ghiaccio partendo dal vostro nome d’arte: qual è il suo significato? C’è un aneddoto, un percorso, che ha portato alla sua scelta?
All’inizio c’era un “Mufasa” – primo nome d’arte del cantante – in rotta adolescenziale con il mondo, che scriveva e cantava da solo; le “Abat-Jour” hanno dato forma e vita alle canzoni.
Attraversare insieme l’adolescenza è stato intenso, a tratti faticoso, ed è stato molto bello arrivare al punto in cui eravamo tutti emotivamente pronti, felici e consapevoli di volerci fondere in un’unica entità musicale, le Abat-Jour.

Il vostro sound spazia tra rock, blues e bossanova. Da dove arrivano queste influenze? Quali sono i vostri punti di riferimento musicali?
Come ogni adolescente, ognuno di noi si è affacciato alla musica, scegliendo inizialmente uno stile, un sound che desse voce alle proprie emozioni. C’è chi si è fatto ammaliare dalla trap, chi da vecchi dischi dei propri genitori e chi suonava nelle bande del proprio paese. Il fatto che ognuno di noi suonasse uno strumento, ci ha messo tutti sulla strada di una ricerca musicale personale ed è stato
così che ci siamo incontrati. Ognuno di noi portava nei nostri incontri, nati magari solo per il gusto di passare un pomeriggio tra amici, la sua “scoperta” più recente, e per scoperta intendiamo: Jim Morrison, B.B King, Jorge Ben Jor. È da questo mix di influenze, suggerimenti in famiglia, ricerche personali e anche compiacenti algoritmi che abbiamo trovato un terreno comune di sound.

Essendo un gruppo di cinque componenti, come vi approcciate alla composizione dei vostri brani? Scrivete tutti oppure i testi arrivano da un componente in particolare e poi insieme date vita alla melodia e agli arrangiamenti?
Per rispondere a questa domanda bisogna sapere che la vita quotidiana in posti isolati di campagna è fatti, per i ragazzi, di serate trascorse in cantine e taverne nelle case dei genitori. È così che nasce il nostro processo creativo: da serate in cui ognuno porta una sua idea musicale e il gioco sta proprio nel cercare di fonderle a servizio di una canzone che prima di tutto sintetizzi e rappresenti
pienamente l’unione dei nostri gusti personali e le ricerche musicali del momento. I testi trattano temi che fanno da denominatore comune alle chiacchiere e alle esperienze raccontate in quelle stesse serate.

Alle Audizioni Live al Teatro Lauro Rossi vi siete esibiti con Routine e Oblio, due pezzi che raccontano di voi, tra giornate sempre uguali e un sentimento che sembra essere di rassegnazione. Messi insieme, i titoli dei due brani restituiscono un quadro fatto, appunto, di abitudine e dimenticanza. Ci siete solo voi, dentro quei due pezzi, o credete che il dipinto che vien fuori possa essere più ampio, generazionale?

La domanda ci lusinga molto e ci ha portato a pensare a qualcosa sulla quale non avevamo mai riflettuto. Noi crediamo che siano testi nati da sentimenti comuni a chiunque cresca in provincia.
Tutto quello che può sembrare rassicurante, della vita di una piccola città, può essere vissuto come un grosso limite per chi ha sogni e desideri che si vogliono spingere oltre questi confini. Forse quando abbiamo scritto questi testi non pensavamo ci potesse essere qualcosa di raggiungibile oltre la realtà dei nostri paesi, per questo le nostre canzoni incarnano quel desiderio di lacerare il sipario
che confina la nostra voglia di evadere. Oggi forse sappiamo che gran parte della nostra forza la dobbiamo proprio ai limiti imposti dalla vita di provincia.

Musicultura perché? Cosa vi ha spinti a partecipare al Festival e cosa vi aspettate da questo percorso?
Siamo tutti dei nativi digitali e proprio perché siamo la prima generazione cresciuta credendo che la visibilità social fosse l’unica via, quando qualcuno ci ha parlato di Musicultura abbiamo capito che eravamo davanti a qualcosa di diverso, davanti a una finestra dove c’era ancora spazio per essere sottoposti a una sana critica che riguardasse più il merito che l’apparire. Abbiamo pensato tutti che
sarebbe stato decisivo farci sanamente giudicare da una giuria di esperti, in qualche modo qui ci sentiamo più liberi. Quello che ci aspettiamo è una valutazione autentica che ci aiuti a determinare la validità delle scelte fatte fino a ora e che sia da suggello e stimolo per le sfide future.

 

Ecco i 16 finalisti di Musicultura 2025

Ecco i 16 artisti finalisti della XXXVI edizione del concorso che, nell’ambito della canzone popolare e d’autore italiana, valorizza la creatività artistica giovanile e favorisce un ricambio generazionale all’insegna del merito e della trasparenza. Sono tanti gli artisti che dal 1990 ad oggi hanno trovato nel concorso comprensione e un trampolino di lancio, tra loro Lucio Corsi, Gianmaria Testa, Pacifico, Patrizia Laquidara, Simone Cristicchi, Margherita Vicario, Mannarino, La Rappresentante di Lista e Santi Francesi.

I 16 FINALISTI

Abat-jour, Rieti -Oblio; Alessandra Nazzaro, Napoli – Ouverture; Belly Button e il Coro Onda, Roma – Credo; Distemah, Biella- Apatia; Elena Mil, Milano – Ballata dell’inferno; Frammenti, Treviso – La pace; Ibisco, Bologna – Languore; Kyoto, Bari – Frontiera; ME, JULY, Benevento –Mundi; Moonari, Roma – Funamboli; Nakhash, Asti – Gonna; NILO, Sassari -Tutti-Nessuno; Silvia Lovicario, Nuoro – Notte; Simona Boo e Bimbi di Fumo, Napoli – Simun; sonoalaska, Roma – Bimba pazza; ULULA, Verona – Pelle di lupo.

I finalisti saranno ufficialmente presentati in anteprima nazionale a Recanati il 24 e 25 aprile, in collaborazione e con il sostegno dell’Amministrazione comunale. Con le loro canzoni, i finalisti saranno i protagonisti assoluti di due concerti che si terranno a partire dalle ore 21 presso il Teatro Persiani, in videostreaming sui social e in diretta su Rai Radio 1, la radio ufficiale di Musicultura. Condurranno le serate John Vignola, Marcella Sullo e Duccio Pasqua.
Entrambe le serate vedranno coinvolto sul palco un duo artistico di eccezione, Fabrizio Bosso alla tromba e Julian Oliver Mazzariello al pianoforte, garanzia di qualità e di sorprese.

Ritrovare Fabrizio e Julian Oliver è un vero piacere, parliamo di due artisti che non solo incantano con la loro bravura, ma che ogni volta che suonano dimostrano come sia fuorviante concepire la musica in termini di generi e stili distinti. – Ha commentato Ezio Nannipieri direttore artistico di Musicultura – Quanto ai finalisti, siamo davvero molto contenti, ciascuno di loro ha qualcosa da dire. Parliamo di canzoni diversissime l’una dall’altra, nelle tematiche, nel carattere musicale, nell’approccio interpretativo. Significa che esiste una generazione di giovani artisti immune dal male che rischia di ridurre la canzone italiana ad una sola minestra, significa che il bisogno di ricercare ed esprimersi in più direzioni non è spento e che c’è chi ha passione ed entusiasmo per dargli voce. Musicultura è onorata e orgogliosa di sentirsi al servizio di questo modo di concepire e di vivere le canzoni”.

Le canzoni dei 16 finalisti entreranno a far parte del CD compilation della XXXVI edizione di Musicultura e saranno prese in consegna e programmate da Rai Radio 1, la radio ufficiale del festival.

Otto saranno infine i vincitori del Concorso, designati dal giudizio insindacabile dell’illustre Comitato Artistico di Garanzia di Musicultura i cui primi firmatari furono nel 1990 Fabrizio De André e Giorgio Caproni, e che in questa XXXVI edizione è composto da: Francesco Amato, Enzo Avitabile, Claudio Baglioni, Diego Bianchi, Francesco Bianconi, Maria Grazia Calandrone, Giulia Caminito, Luca Carboni, Guido Catalano, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Dardust, Teresa De Sio, Cristina Donà, Giorgia, Mariangela Gualtieri, La Rappresentante di Lista, Ermal Meta, Mariella Nava, Susanna Nichiarelli, Piero Pelù, Vasco Rossi, Ron, Sydney Sibilia, Tosca, Paola Turci, Roberto Vecchioni, Sandro Veronesi Margherita Vicario.

Gli otto vincitori, insieme a ospiti di spicco del panorama musicale nazionale e internazionale, saranno protagonisti delle serate finali del Festival, in programma nel mese di giugno 2025 allo Sferisterio di Macerata. Lì sarà il voto del pubblico a decidere l’assegnazione del Premio Banca Macerata di € 20mila al Vincitore assoluto. Verranno inoltre assegnati la Targa della Critica Piero Cesanelli (€ 3.000), il premio “La casa in riva al mare” (€ 2.000), il premio PMI (€ 2.000) e il premio per il miglior testo (€ 2.000).

LE ESIBIZIONI DEI 16 FINALISTI NEI CONCERTI DEL 24 E DEL 25 APRILE 2025 A RECANATI (TEATRO PERSIANI)

24 APRILE

Abat-jour

sonoalaska

ME, JULY

Kyoto

Moonari

Elena Mil

Belly Button e il Coro Onda

Simona Boo e Bimbi di Fumo

25 APRILE

ULULA

Nakhash

Distemah

Ibisco

Frammenti

Alessandra Nazzaro

NILO

Silvia Lovicario

 

Il Concerto dei Finalisti di Musicultura 2025

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Il 24 e 25 aprile, il Teatro Persiani di Recanati sarà la cornice della presentazione ufficiale, in anteprima nazionale, dei 16 finalisti di Musicultura 2025.
Ospiti dei due concerti live il trombettista Fabrizio Bosso e il pianista Julian Oliver Mazzariello.
Le due serate saranno trasmesse in diretta radiofonica su Rai Radio1, media partner del Festival.

I 16 FINALISTI

Alessandra Nazzaro, Napoli – Ouverture; Belly Button e il Coro Onda, Roma – Credo; Distemah, Biella- Apatia; Elena Mil, Milano – La ballata dell’inferno; Frammenti, Treviso – La pace; Ibisco, Bologna – Languore; Kyoto, Bari – Frontiera; ME, JULY, Benevento –Mundi; Moonari, Roma – Funamboli; Abat-jour, Rieti -Oblio; Nakhash, Asti – Gonna; NILO, Sassari -Tutti-Nessuno; Silvia Lovicario, Nuoro – Notte; Simona Boo e Bimbi di Fumo, Napoli – Simun; sonoalaska, Roma – Bimba pazza; ULULA, Verona – Pelle di lupo.

Il 24 aprile ascolteremo Abat-jour, sonoalaska, ME, JULY, Kyoto, Moonari, Elena Mil, Belly Button e il Coro Onda e Simona Boo e Bimbi di Fumo mentre il 25 sarà la volta di ULULA, Nakhash, Distemah, Ibisco, Frammenti, Alessandra Nazzaro, NILO e Silvia Lovicario.

Audizioni Live 2025: il rewind delle dieci serate

Dieci serate, sessanta artisti, un pubblico caloroso e un palco pronto ad accogliere nuove voci e storie da ascoltare. Le Audizioni Live di Musicultura 2025 si sono concluse nel segno della musica vissuta, condivisa, applaudita, regalando momenti indimenticabili a chi ha riempito il teatro e a chi ha seguito tutto in streaming.

Il Lauro Rossi si è trasformato in una vera fucina di talento, cornice della prima tappa di un viaggio musicale fatto di energia, passione e proposte emergenti. Serata dopo serata, gli artisti hanno saputo catturare il pubblico con performance autentiche, dando vita a un mosaico sonoro ricco di generi e contaminazioni. Dall’intensità cantautorale alle sonorità più sperimentali, ogni esibizione ha raccontato qualcosa di unico, facendo vibrare la platea tra emozioni e applausi.
Per chi c’era, restano il ricordo di dieci serate speciali e l’emozione di averle vissute. Per chi non ha potuto esserci, ecco le istantanee di tutto ciò che è accaduto, in attesa dei prossimi appuntamenti del Festival.

Tiriamo le somme

60 artisti sul palco, più di 300 musicisti che hanno dato vita a Macerata, più di 4000 spettatori che hanno riempito il teatro, e oltre 2 milioni di views sui social: insomma, sono anche i numeri a testimoniare l’enorme successo delle Audizioni, un evento che ha saputo conquistare il pubblico, trascinando tutti in un’esperienza unica, dove la passione per la musica ha attraversato ogni angolo della città e oltre, grazie alla forza della rete.

Voci e storie da tutta Italia

Nel corso delle dieci serate di Audizioni, il teatro si è trasformato in una mappa sonora dell’Italia, tracciata dalle voci e dalle visioni delle sessanta proposte. Ognuno ha portato con sé due brani inediti, ma anche un pezzo della propria storia, fatta di sogni, strade percorse e suoni nati tra le pieghe della quotidianità. C’è stato chi ha acceso l’energia con riff taglienti e batterie incalzanti, e chi ha costruito mondi con un filo di voce e un pianoforte. Dai Campi Flegrei a Verona, da Treviso a Messina, ogni città ha trovato la sua rappresentanza, e quattro artisti sono arrivati dalle Marche, giocando quasi in casa sotto il cielo di Macerata. Tra accenti diversi, strumenti insoliti e ritornelli che restano addosso, la musica ha raccontato se stessa in mille sfumature, dimostrando che il futuro del cantautorato non è un punto lontano, ma sta già risuonando qui, tra queste note.

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Oltre il palco: il racconto e il dietro le quinte

Il racconto delle Audizioni Live ha attraversato le pagine di testate nazionali e locali, con l’aggiunta di una copertura streaming in cross-posting che ha portato ogni esibizione a un pubblico ancora più ampio, grazie alla collaborazione con media partner generalisti e di settore. Ma Musicultura non è solo spettacolo: dietro le quinte, nei corridoi e sul palco del Lauro Rossi, prende vita un vero e proprio laboratorio creativo. Più di 60 professionisti – tra registi, tecnici, redattori e produttori televisivi – lavorano spalla a spalla, affiancati dall’entusiasmo e dalla curiosità di oltre 50 studenti dell’Università di Macerata, dell’Università di Camerino e dell’Accademia di Belle Arti di Macerata. Un crocevia di idee, competenze ed esperienze, dove la musica incontra chi la racconta e chi la rende possibile.

Il contributo degli studenti

Insomma, dietro le quinte di Musicultura non ci sono solo artisti e professionisti dello spettacolo, ma anche un’intera comunità di studenti che rende il Festival un’esperienza ancora più viva e multidisciplinare. Dall’università alla scena, gli studenti delle realtà accademiche di Macerata e Camerino si immergono nella manifestazione con ruoli diversi, ma tutti fondamentali.
La giuria universitaria, formata da studenti sia dell’Università di Macerata che di Camerino, affianca quella senior nel delicato compito di valutare le canzoni in gara: ascolta, discute, analizza ogni esibizione e, notte dopo notte, contribuisce alla scelta di uno dei sedici finalisti. Un ruolo di grande responsabilità che richiede orecchio attento, spirito critico e passione per la musica.
Nel frattempo, la redazione universitaria “Sciuscià” racconta il Festival attraverso articoli, interviste e contenuti social, lavorando a stretto contatto con i media partner. Con occhi sempre puntati sul palco e dita che corrono sulla tastiera, gli studenti trasformano impressioni ed emozioni in parole, costruendo un vero e proprio laboratorio di giornalismo musicale.
Accanto a questi, gli studenti dell’Accademia di Belle Arti mettono la loro creatività al servizio dello spettacolo: dai light designer agli scenografi, dai videomaker ai fumettisti che improvvisano illustrazioni dal vivo lasciandosi ispirare dalle note dei brani. Un’occasione unica per affinare competenze tecniche e artistiche, lavorando sul campo in una grande produzione dal respiro nazionale.

Musicultura, così, non è solo un palcoscenico per nuovi talenti musicali, ma un ecosistema dinamico dove formazione, creatività e passione si intrecciano, trasformando l’esperienza in un percorso di crescita per tutti coloro che ne fanno parte. E questa macchina è pronta a funzionare ancora per i prossimi appuntamenti del Festival, a partire dal concerto dei 16 finalisti al teatro Persiani di Recanati.

Gran finale alle Audizioni Live di Musicultura 2025

Ancora una volta, al Teatro Lauro Rossi di Macerata protagonista è la musica, con gli ultimi due appuntamenti delle Audizioni Live di Musicultura.

Ad aprire la nona serata di performance dal vivo è Toyo, cantautore di Ferrara, che con la sua voce intensa e vibrante interpreta Rinascimento e La cosa più bella che ho, due brani che si intrecciano in un racconto di ricerca interiore che muove tra il bisogno di stabilità e il desiderio di rinnovamento. «Vivo entrambi i pezzi come un atto di rinascita» racconta, lasciando trasparire l’urgenza emotiva che guida la sua produzione.

Il secondo artista a salire sul palco è Noite, che con un delicato arrangiamento acustico presenta Cose da rifare e Diventano Bosco. I due brani sono permeati di malinconia e, al contempo, attraversati da un’intensa spinta creativa. «Capire che, da queste mani incapaci, c’era ancora della vita che potevo convogliare in qualcosa di positivo, è stato come rifiorire», spiega dando voce a un percorso di riscoperta e trasformazione.

È il turno di Not a Sad Story, duo palermitano che mescola indie e trip-hop e presenta Rimane l’odore. Racconta alla giuria del Festival che scrivere questo brano «ha significato incontrare la propria solitudine per poi abbracciare quella di qualcun altro». Con Vita mia, l’intensità emotiva cresce: frustrazione, rassegnazione e il rimpianto di non riuscire a esprimere compiutamente i propri sentimenti si susseguono in un intreccio di emozioni contrastanti.

Il quarto artista a esibirsi è Carlomagno, accompagnato da un sound rock impreziosito da sfumature indie e da una fragilità che considera essenziale: «è essa stessa esistenza», afferma. Quattro quarti parla di nostalgia e del ricordo di amicizie passate, mentre Moloch lascia la malinconia alle spalle per immergersi in un suono più potente, diventando una sorta di preghiera contro l’alienazione della società moderna.

Segue Stella, che a soli diciotto anni porta sul palco una vocalità potente che riempie l’intero teatro. In Demoni, descrive la sensazione di essere sopraffatta dalle opinioni altrui, trasformando la lotta interiore in una sfida condivisibile e in un invito a credere in se stessi. Successivamente, dedica Iride all’ansia, raccontando: «È una sensazione che mi accompagna da sempre e penso che, ascoltando questa canzone, qualcuno possa capirmi».

A chiudere la serata è Echo che, insieme all’Orchestra Gino Neri, alterna con eleganza le sonorità eteree dell’arpa e la profondità del pianoforte, passando con naturalezza da uno strumento all’altro e creando un’atmosfera intima e suggestiva, nell’ambito della quale la delicatezza delle corde si fonde con l’intensità dei tasti. I pezzi proposti sono L’abisso e Rachè, brano, quest’ultimo, che essendo dedicato «a tutte le vittime innocenti degli attentati» è un invito alla memoria e alla consapevolezza.

Al termine delle esibizioni, salgono sul palco Leonardo Lucinato, Gestore dell’Area Privati di Banca Macerata, e Francesca D’Alessandro, Vicesindaco del Comune di Macerata, per annunciare il vincitore della serata: a conquistare il favore del pubblico, e quindi a ricevere la Targa Banca Macerata, è Stella.

Stella – Targa Banca Macerata

Sigla finale.


Altra sigla iniziale. Quella dell’ultima serata di Audizioni Live di Musicultura 2025.

L’appuntamento si apre con Lupi, duo bolognese che presenta Ballata del buio, un brano che alterna il desiderio di evasione alla disillusione urbana, e continua con Versi, spiegando al pubblico dopo l’esibizione: «È la prima volta che suoniamo su un palco vero e proprio; di solito ci esibiamo in club o nei locali bolognesi».

È il turno di Kaloxs, artista ventenne che presenta Discorsi da platea e Figa, un pezzo profondo e malinconico in cui il ricordo dell’infanzia si scontra con le dure verità dell’età adulta. Intervistato dalla giuria del Festival, l’artista confida: «Sono sempre molto ansioso, ma quando salgo sul palco entro nel mio mondo. È l’unica cosa che mi riesce davvero bene».

Terza in scaletta è Momi, cantautrice udinese che con Tiare, traccia d’esordio scritta in dialetto friulano, esplora il legame profondo con la sua terra d’origine. Prosegue con Loop, un pezzo che racconta la velocità e la confusione della vita urbana contemporanea, che «parla – spiega l’autrice stessa – della frenesia che caratterizza le città in cui viviamo oggi».

Pianoforte, violino, chitarra e uno stile punk: con Helsinki, Forse Danzica propone un brano che fonde immagini poetiche con un sound indie pop. Subito dopo, è il turno di Frontiere e di una dichiarazione rilasciata durante l’intervista da parte della Giuria del Festival: «Ritengo che la massima espressione artistica di un cantante si raggiunga attraverso la produzione di dischi».

Con il suo ukulele, Elena Mil presenta La ballata dell’inferno e Una brava ragazza, due composizioni interpretate in modo intensamente teatrale, nelle quali si avverte chiaramente l’influenza del cantautorato del passato. «Vi ho voluto portare questi brani – spiega – così come li ho composti, nella loro forma più pura».

L’ultima esibizione delle Audizioni Live di Musicultura 2025 è quella dei Nakhash, che presentano Vetro e Gonna. Con quest’ultima canzone, il gruppo astigiano esprime il desiderio di vivere un’esistenza senza rimpianti. «Credo molto nel mio istinto», afferma Elisabetta Rosso, voce della band, che poi prosegue: «Se penso che qualcosa sia giusto, lo faccio, e magari lo capirò dopo».

Ed evidentemente giusta è stata questa esibizione, perché sono proprio i Nakhash a conquistare il favore del pubblico. Va a loro la Targa Banca Macerata, consegnata da Giuseppe Tondi, Consigliere di Amministrazione dell’istituto di credito, e Sandro Parcaroli, Sindaco di Macerata.

Nakhash – Targa Banca Macerata

E ora? Ora è il tempo di un’attesa che non durerà poi troppo: scopriremo presto chi sono i sedici artisti che entreranno a far parte della rosa dei finalisti di Musicultura 2025 e si esibiranno, così, nel concerto dedicato alla loro presentazione al Teatro Persiani di Recanati.


 

Audizioni 2025: altri due appuntamenti di musica live

Continua a essere un crocevia di storie, note e talenti il palco del Teatro Lauro Rossi di Macerata, che negli appuntamenti di mercoledì e giovedì accoglie le performance di altri dodici artisti provenienti da tutta Italia.

A inaugurare la serata sono gli ALTOLUCENTI, gruppo veneto che propone ATTABOY!, brano dalle sonorità sperimentali e prosegue con Gemma, introdotto da un monologo registrato sul tema della morte e del distacco: «Nel disco Peccato Morire – spiega il frontman della band – ci sono tre personaggi: uno è appena morto, uno sta per morire e l’ultimo, Gemma appunto, rappresenta l’eredità di entrambi».

È poi il turno di raccontoRiccardo, artista messinese che, accompagnato da chitarra e mandolino, presenta Ci tengo, una canzone dal forte impianto cantautorale ed evocativo: «È una lista di cose – racconta – che mi hanno accompagnato nel tempo. Quando ho realizzato di tenerci davvero, ho sentito l’esigenza di metterle per iscritto». Con La prima donna sulla luna, invece, rende omaggio alla figura femminile.

È letteralmente un sognatore Giuda Mio Fratello, che presenta Povero Fulvio, brano folk-pop frutto di un particolare processo creativo: «Ho – spiega – un’attività onirica molto intensa; traggo immagini dai sogni e ci costruisco attorno un tema». Si resta in notturna anche con La notte nel cuore, storia di tradimento e rivalsa in cui il protagonista, mosso da sentimenti oscuri, e con l’anima in fiamme, insegue la sua vittima.

Spazio a un altro stato d’animo, quello dell’Apatia cantata da Distemah, che conduce il pubblico in un viaggio di introspezione caratterizzato anche dalla presenza di Litio, brano denso di malinconia e immagini evanescenti. «L’estrazione di questo metallo – osserva l’autore parlando del pezzo– inquina molto e questo tema, che mette in risalto qualcosa che sicuramente non è positivo, mi ha incuriosito».

Dalle corsie di un ospedale, dove si sono conosciuti durante la pandemia, al palco del Lauro Rossi: è questo il viaggio degli Hot Docs, quartetto di medici che propone Letizia, una canzone ironica che racconta di una delusione sentimentale. L’amore è una malattia – come poteva essere altrimenti? – è invece un inno a questo sentimento, narrato sia nella sua accezione negativa che in quella salvifica.

A chiudere la serata sono Simona Boo e i Bimbi di Fumo, che da Napoli portano a Macerata Simun, con un’energia che profuma di Mediterraneo e una composizione dalla forte impronta jazz. «Sapete quando le battaglie di una minoranza diventano le battaglie di tutti, della maggioranza? Sapete come si chiama? Ammor’» – affermano nel loro dialetto prima di eseguire Tutt’ e culure. In entrambi i pezzi, spiega Simona, «la melodia e la struttura riprendono la tarantella, ma quanto a suoni abbiamo cercato di riprodurre quelli della costa occidentale africana».

È proprio quest’ultima esibizione quella maggiormente gradita dal pubblico: Simona Boo e Bimbi di Fumo sono i vincitori della Targa Banca Macerata, consegnata da Marco Turtù, direttore della filiale di Porto San Giorgio dell’istituto di credito, e Riccardo Sacchi, Assessore allo Sport, al Turismo e ai grandi Eventi del Comune di Macerata.Le luci si spengono e il silenzio avvolge il teatro. Ma solo per un po’, giusto il tempo di una giornata che corre via veloce.

Simona Boo e I Bimbi di fumo – Targa Banca Macerata

E che anticipa un’altra serata di Audizioni Live, l’ottava.


Apripista di questo appuntamento è Kyoto con Sangue. Industrial, futuristico, elettronico, effetti sonori e vocali sono alcuni degli input del brano e più in generale della sua produzione artistica. «Nonostante la particolarità del genere, sicuramente non convenzionale, stiamo riuscendo a portarlo in tutta Italia, con un’ottima risposta dal pubblico», spiega dopo aver eseguito anche Frontiera, pezzo che parla di limiti, siano essi personali o collettivi.

E a proposito di limiti: La casa in riva al mare, celebre brano di Lucio Dalla, racconta di un detenuto che, osservando il mare dalla sua cella, sogna la libertà oltre quelle mura. Il titolo della canzone è lo stesso di un progetto nato lo scorso anno e promosso da Giancarlo Giulianelli, Garante per i Diritti della Persona della regione Marche, in collaborazione con Musicultura e il Carcere Barcaglione di Ancona. Attraverso l’ascolto dei brani del Festival, i detenuti hanno avuto l’opportunità di confrontarsi su temi e argomenti spesso lontani dal contesto carcerario, rendendo la musica il punto di partenza per dibattiti e riflessioni su nuove prospettive. A suggellare questo percorso, un evento speciale: un concerto nell’istituto penitenziario, nell’ambito del quale i vincitori di Musicultura 2024 si sono esibiti davanti ai detenuti, creando un ponte tra realtà distanti. Dal palco del Lauro Rossi, a raccontare l’iniziativa, ora alla sua seconda edizione, è proprio l’Avvocato Giulianelli: «Il carcere è fatto di barriere fisiche e tangibili, ma non solo: esistono anche barriere invisibili, che accompagnano un detenuto per tutta la vita. Dobbiamo ringraziare Musicultura perché ha iniziato a incrinare quelle barriere, contribuendo ad abbattere lo stigma che segna chi vive l’esperienza della detenzione».

Sognare la libertà, dicevamo parlando del brano di Dalla. Sognare, suggerisce anche Disangro, secondo artista a esibirsi, che presenta Me voje fà nu sonne, pezzo in dialetto abruzzese che suona, appunto, come un invito a dar voce ai propri sogni. Strumenti in acustica, voce distorta e sonorità mediterranee caratterizzano anche l’esibizione di Rondini, seguita da una confessione del suo autore: «Ogni giorno mi domando se sia giusto sottrarre tempo al mio lavoro per dedicarmi alla musica. Suono da sempre, ma a lungo l’ho fatto solo per me stesso; nel 2023, però, ho sentito il bisogno di fare un passo in più: condividere la mia musica con gli altri e dare un nuovo significato a ciò che per anni è rimasto tra le mura di casa».

Segue Corpoceleste, ventiquattrenne ternano che vuole farsi portavoce della sua generazione, raccontandone contraddizioni, speranze e fragilità. In William Blake affronta il tema dell’auto-sabotaggio, mentre in Posa-ceneri utilizza la metafora del titolo per descrivere la situazione di chi ritrova a farsi carico delle emozioni altrui, come un recipiente che assorbe senza mai svuotarsi. Del resto, l’artista è chiaro riguardo alla sua produzione: «Razionalizzo la vita e i comportamenti delle persone accanto a me con la musica».

Hyrin è la quarta a esibirsi e inizia con Piccola città, composizione che avvolge l’ascoltatore in un’atmosfera calda e accogliente, come il rifugio di un luogo del cuore che solo la musica sa rendere così intimo. La sua performance prosegue poi con Philosophia e, prima di lasciare il palco, la cantautrice racconta con sincerità le due facce della medaglia di chi sceglie di fare musica: da un lato la forza che l’esperienza stessa di esibirsi porta con sé, dall’altro la vulnerabilità che accompagna ogni performance. «Quando sono agitata prima di salire sul palco, faccio – spiega – molti esercizi di respirazione, poi mi calmo pensando che in realtà sono molto fortunata e che non è la fine del mondo».

È la volta dei Timeo, che aprono l’esibizione con Contatto, seguita da 904gr di Aul*n, brano che porta con sé un chiaro richiamo al rock italiano. Gruppo art rock sempre alla ricerca di nuove possibilità sonore, la loro performance è pensata per essere una vera e propria esperienza multisensoriale, in cui ogni strumento viene sfruttato al massimo per coinvolgere completamente l’ascoltatore. Non si limitano a creare musica ma, come spiegano alla fine dei due brani, intendono dar vita a un “ecosistema multiartistico”: «Stiamo realizzando una versione fisica del nostro EP in formato un po’ innovativo, un albook, in cui unire pezzi e opere pittoriche che riescano a contestualizzare ciò che si ascolta».

Moonari chiude la serata con Funamboli, un brano dalle sonorità jazz arricchito da sax e tromba, seguito da Vivo in Italia, tratto dal suo primo album. La sua esperienza italo-britannica è stata una tappa fondamentale nella sua evoluzione artistica, il momento in cui è riuscito a raggiungere un equilibrio tra la sua volontà personale e i gusti del pubblico, come spiega: «In quel contesto ho capito che essere in grado di scrivere per gli altri, senza snaturarsi e fare cose che non ti rappresentano, è una sfida difficile ma davvero soddisfacente».

Per consegnare il Premio Banca Macerata salgono sul palco Edoardo Faletti, Responsabile Unità private della banca stessa, e Giancarlo Giulianelli, Garante per i Diritti della Persona della Regione Marche. Ad aggiudicarsi la targa è Moonari, risultato per questa serata l’artista preferito dal pubblico presente in sala.

Moonari – Targa Banca Macerata

 

Musicultura 2025: il cuore delle Audizioni Live

Giro di boa: siamo ormai a metà delle Audizioni Live e il Teatro Lauro Rossi, gremito di spettatori, è pronto ad accogliere il quinto appuntamento.

Ad aprire la serata è Bluesy con Kalashnikov, un mix di R&B, pop e rap dinamico e coinvolgente attraverso cui racconta storie di ribellione. Prosegue poi con Dune, un brano che dà spazio alle sue emozioni e, come un ruggito, sprigiona tutta la sua vocalità: «Ho sempre avuto – dichiara infatti – una voce molto potente. Col tempo ho studiato per imparare a dosarla e dominarla».

Segue Maurizio Vizzino, che presenta al pubblico E il tempo mi protegge, una canzone dal sound moderno, ricco di sfumature e colori, che parla della lotta per mantenere vive la spontaneità e la gioia dell’infanzia. Con Fuga, il cantautore porta sul palco un brano ispirato al romanzo di Daniel Pennac La fata carabina, trasformando in musica il mondo narrativo dell’autore francese: «Inizialmente per gioco, ho scritto il pezzo – spiega – mentre leggevo il libro, ma poi ho capito che era il romanzo giusto per la mia musica».

Sul palco arriva Silvia Lovicario, che con Notte fonde alternative rock, pop, influenze ambient e un tocco di soul. Prosegue con Prima, che racconta il coraggio di abbracciare il cambiamento e prendere in mano la propria vita. «Le mie canzoni – afferma rispondendo alle domande della giuria del Festival – sono frutto di un lungo periodo di gestazione inconscia.  Sono cinque anni che lavoro a pezzi così».

È il momento di Bela, cantautore anconetano che presenta Come stai. Il brano affronta in modo crudo e diretto tematiche esistenziali legate al dolore, alla solitudine e al senso di inadeguatezza. Segue Piano, caratterizzato da un flusso di parole e variazioni ritmiche in stile rap, con cui l’artista invita il pubblico nel suo mondo. «Mentre canto cerco sempre il contatto visivo con i ragazzi che suonano con me, è una delle mie prime esperienze su un palco del genere e sono molto emozionato», racconta.

La performance di Emanuele Colandrea, poi, si apre con Altro che Colandrea, una ballata che esorta a non lasciarsi trasportare dalla corrente delle abitudini, delle apparenze, delle convinzioni e delle convenzioni. Il cantante prosegue con Come un bacio di Giuda e, prima di lasciare il palco, ripercorre con la giuria del Festival i suoi inizi come busker: «Ho iniziato suonando per strada, ma non ho mai amato farlo, perché bisogna sempre alzare la voce. Io urlo, sì, ma mi piace alternare i contrasti: il forte ha senso solo se c’è anche il piano, non quando è semplicemente necessario».

A chiudere la serata è Piccolo G, artista che propone Cosa causa questo caos, un pezzo dal flow rock in cui si esibisce con un’energia travolgente. Conclude con Spighe d’oro, canzone nell’ambito della quale la delicatezza della sua voce si fa emozionante e toccante. Riuscito il connubio con la sua band: «Ci siamo conosciuti pochi mesi fa e da allora il mio percorso è cambiato drasticamente», racconta con gratitudine.

Anche per questa serata il pubblico presente in sala ha la possibilità di esprimere la propria preferenza scegliendo la performance più gradita, che risulta essere proprio l’ultima, quella di Piccolo G, che si aggiudica la Targa Banca Macerata. Il premio viene consegnato da Daniele Felicioli, vicedirettore della filiale di Tolentino della Banca, e da Piergiorgio Capparucci, direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Macerata.

Piccolo G – Targa Banca Macerata

Pause.


E di nuovo play.

Si alza ancora una volta il sipario sul palco al Teatro Lauro Rossi per la sesta serata di Audizioni di Musicultura 2025, che si apre con l’esibizione di sonoalaska. Il primo brano, Come Lupi, si compone di sonorità pop e R&B. L’artista gioca con la tonalità della sua voce, così come fa pure nel secondo pezzo proposto, Bimba pazza: «Quello che canto – spiega – rappresenta il mio modo di essere e ciò che voglio essere. La musica è leggerezza, ma è anche veicolo per il messaggio che voglio trasmettere».

È poi la volta di Pino Ruffo, con i pezzi  ‘A tofa e O cunt d’o mare. Forte è il richiamo alla tradizione musicale partenopea attraverso l’uso del dialetto e di ritmi mediterranei morbidi, ibridati da spunti jazz e di world music. Quello dell’artista campano è quindi un progetto che si compone di tradizione e innovazione. E di esperienze di vita: «Nei miei pezzi – spiega – cerco di raccontare il mare, cantando le emozioni che ho vissuto quando facevo il pescatore. Il mio è stato un percorso di allontanamento e poi di ritorno a Napoli».

È ora il turno di Aaron, che porta sul palco i I colori dell’alba e Un finale diverso (Grandine), mettendo al centro dell’esibizione la sua voce. Accompagnato da chitarra acustica e pianoforte, propone un sound compatto e diretto e parla, poi, della genesi dei suoi lavori: «I miei testi nascono tra le tre di notte e le quattro del mattino; ci metto tanto cuore e spero che molti riescano a riconoscersi in ciò che sento. Ogni volta che sono in studio, poi, cerco di mettere la mia firma anche sulla parte musicale».

La quarta esibizione vede Vittoria cantare Lontano e Lacrime. L’artista propone una sonorità moderna, di stampo pop. Il suo approccio alla musica è molto istintivo: «Quando scrivo sto attenta al suono delle parole. Durante l’ascolto voglio entrare nel mood della canzone e non perdermi troppo a pensare ai singoli termini. Creo i miei brani badando a quello che mi piace e non a ciò che può interessare al pubblico».

Con Burnout si apre l’esibizione di Matteo Tambussi. Punto di partenza della sua produzione sono folk e cantautorato italiano che, attraverso incursioni blues, vengono riportati in una dimensione intima e personale e raccontano di timori e dissidi morali. Succede anche nella seconda canzone eseguita, il cui titolo è Tanta paura. Del resto, spiega il suo autore, «in musica bisogna lasciar parlare anche i propri demoni. E tramite la mia chitarra, butto fuori le mie frustrazioni».

Sesta e ultima esibizione della serata è quella di Loree, con i brani Insalata di pollo e Mai solo, dal mood indie e pop. L’artista marchigiano dipinge immagini che parlano di amore, rapporti personali, del suo vissuto, della solitudine. Quanto a quest’ultima afferma: «Non ce n’è di peggiore di quella che si prova quando si è in mezzo agli altri e quando suono mi connetto un po’ con loro».

E questa connessione, evidentemente, è fattiva. Perché è proprio Loree ad aggiudicarsi la Targa Banca Macerata, assegnata ogni sera all’artista più gradito dal pubblico presente in sala. A consegnare il premio sono il Rettore dell’Università di Macerata, John McCourt, e Francesco Serafini, Direttore della filiale di Civitanova Marche della banca.

Loree – Targa Banca Macerata

 

Il racconto della terza e della quarta serata di Audizioni

«Per tutti questi secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi, dal potere magico e delizioso di riflettere raddoppiata la figura dell’uomo»: è così, con una citazione di Virginia Woolf fatta dal Direttore artistico del Festival, Ezio Nannipieri, che si apre la terza serata di Audizioni Live, quella dell’8 marzo, appunto, Giornata Internazionale della Donna.

A inaugurare l’appuntamento arriva da Sassari NILO, con Tutti-nessuno e Felici ansie, brani che esplorano due diversi volti della quotidianità: da un lato la purezza e l’efficacia dei gesti semplici e comuni, dall’altro le sfumature emotive e le incertezze che segnano il vivere di ogni giorno. «Ho trovato il mio linguaggio», afferma rispondendo alla giuria del Festival, descrivendo il suo stile come minimalista ma attento a unire accordi e strumenti per creare mondi sonori intensi, in grado di evocare una sensazione di piena sincerità.

A seguire, il sound elettronico dei Frammenti, duo trevisano, invade il palco con un mix audace di elettronica e punk. Con Colpa dei soldi denunciano la guerra e la logica di monetizzazione che le ruota attorno, mentre in La pace tracciano una visione di speranza per un mondo migliore. «Le feste ce le creiamo noi», affermano parlando della dimensione live, per spiegare come la loro musica, frutto di una fusione di generi, sia sempre alla ricerca di spazi che sappiano accogliere e amplificare la loro visione e il loro spirito ribelle.

La terza a salire sul palco è Bambina, che guida il pubblico in un viaggio intimo e profondo. Con solo voce e chitarra, trasmette il suo legame viscerale con l’arte e il rapporto complesso con la sua terra d’origine. La sua Musa è un omaggio alla musica che l’ha accompagnata nei momenti più difficili, mentre ‘Na vita fa esplora «il tormentato senso di appartenenza, diviso tra la Calabria e Roma». Il dialetto e la registrazione delle voci delle nonne, inserite nel brano, rendono ancora più intenso il racconto del suo passato.

Con l’accompagnamento di chitarra, basso e batteria, è la volta di Arrigo, che propone Al museo egizio e A parole tue. Mescolando indie e country, canta del contrasto tra la ricerca della propria identità artistica e gli ostacoli quotidiani. Con ironia, racconta la sua vita da impiegato e cantautore, spiegando come sia riuscito a ritagliarsi uno spazio artistico nelle giornate trascorse rinchiuso «a lavorare in un open space».

In staffetta, Elsa, giovane cantautrice in bilico tra pop e R&B, porta Qualcosa, un brano che esplora il delicato equilibrio tra intimità e distanza emotiva, tra ciò che si esprime a parole e ciò che si prova realmente. In Se lo facessi a te, invece, affronta la paura dell’abbandono, paragonandosi a un fiore che continua a crescere nonostante le avversità. La sua voce si modella sulla metrica, dando vita a testi intensi e capaci di soddisfare la necessità di esprimersi.

L’ultima a salire sul palco è la band Androgynous, che chiude la serata con Inseparabili e L’eterno. Nel primo brano celebra un amore semplice e affettuoso; nel secondo esplora questo sentimento come forza che spinge alla scoperta, fino al cosmo. «L’eterno è solo un attimo», afferma il frontman a proposito della sua concezione di tempo, sottolineando che ciò che conta davvero è la qualità dei momenti vissuti, non la loro durata.

È proprio quest’ultima esibizione a essere premiata dal pubblico presente in sala con il premio Banca Macerata, consegnato da Toni Guardiani, Direttore dell’istituto di credito, e Graziano Leoni, Rettore dell’Università di Camerino.

Androgynus – Premio Banca Macerata

Buio. 


Poi ancora luce. Al Lauro Rossi il palco si riaccende, pronto a ospitare altre sei proposte del nuovo cantautorato italiano.

La quarta serata delle Audizioni Live si apre con la cantautrice e producer Martina di Nardo. La sua vocalità avvolgente si fonde con i suoni lenti e nostalgici della chitarra elettrica di 123 e La città di notte. In un mondo sempre più iperconnesso e saturo di stimoli, la sua musica dimostra come l’arte possa diventare uno strumento fondamentale per le nuove generazioni, offrendo loro un mezzo autentico per esprimere, senza filtri, il proprio mondo interiore: «Faccio musica istintivamente, senza pensarci troppo su. Trovo che sia bello mantenere un po’ di incoscienza nelle proprie scelte».

Le performance continuano con l’arrivo sul palco del cantante e producer ME, JULY. L’iniziale melodia della chitarra classica di Risale cede gradualmente il passo a un’esibizione più sperimentale, in cui la sua voce, filtrata attraverso una cornetta telefonica, si mescola con l’accompagnamento vocale e strumentale di Angela Brissa. In Mundi, l’artista dà vita a una narrazione che richiama la sua terra d’origine, la Campania, alla quale si sente legato in modo profondo paradossalmente da quando si è trasferito a Milano: «Oggi per me è fondamentale tornare a casa, mi aiuta a proiettare un’interiorità che sento di dover comunicare a chi mi ascolta».

Segue il polistrumentista ULULA, che presenta due brani tratti dal suo primo album da solista: il ritmo impetuoso e martellante della batteria in Nuovo coraggio sostiene voce e chitarra elettrica, mentre una cascata di vibrati introduce a Pelle di lupo, un brano che si muove tra cantautorato e trame elettroniche. «Non ho più voglia di stare dentro a schemi o regole, voglio solo lasciarmi andare», racconta intervistato sul palco, spiegando le sue diverse influenze musicali.

Subito dopo è il turno di domenico_mba, artista pugliese che, con il suo nuovo progetto da solista, si muove continuamente tra passato e futuro, tra tradizione e innovazione. «La maggior parte delle canzoni le ho scritte in maniera molto intima al piano, per avere una base su cui poi sperimentare suoni più particolari», racconta. E, infatti, in La tua luce si intrecciano e si sovrappongono strofe che da un lato richiamano il cantautorato e dall’altro esplorano sonorità elettroniche. La seconda canzone, Qualcosa non va, si distingue per un ritmo più impetuoso e distorsioni dance. 

È la volta, poi, del primo marchigiano di questa edizione, l’anconetano Atarde, che si presenta sul palco con Alba Adriatica e Temporale. La sua voce calda e profonda intende spingersi in un immaginario evocativo e polifonico, dove le melodie nostalgiche, tipiche del tramonto, si mescolano a sonorità contemporanee. Le sue canzoni, che spaziano tra indie e ricerca melodica, catturano l’essenza di un paesaggio emotivo, con il mare che fa sempre da sfondo, aggiungendo profondità al suo racconto.

L’ultima a esibirsi è Chiaré, accompagnata dal suo contrabbasso: «Amo cantare affiancata da questo strumento, è come avere una persona vicino a me sul palco e sentirne le vibrazioni». Nei brani Ninna nanna nennè e Nicotina, la sua voce sottile e delicata si intreccia con i suoni della band, creando un’atmosfera sospesa tra dolcezza e intensità, mentre riecheggiano le sfumature sonore di Napoli e Salerno, le città che porta nel cuore.

Terminate le esibizioni, il pubblico è di nuovo chiamato a scegliere il vincitore del premio Banca Macerata. Questa volta il riconoscimento va a domenico_mba, che, tra gli applausi degli spettatori, riceve la targa da Debora Falcetta, Direttrice commerciale di Banca Macerata, e Katiuscia Cassetta, Assessora alla Cultura del Comune di Macerata.

domenico_mba – Targa Macerata