Musicultura 2022: ecco com’è andata la XXXIII edizione

Nella prima vera edizione post pandemia abbiamo battuto il record di iscrizioni dell’anno precedente, abbiamo instaurato nuove collaborazioni, ci siamo, più che mai, immersi in un mare di musica e rituffati nell’abbraccio pieno del pubblico: questo e molto altro a Musicultura 2022.

Le Audizioni Live


FEBBRAIO- MARZO 2022: Dopo due anni di attesa, al Teatro Lauro Rossi di Macerata, torna finalmente il pubblico in sala. Una maratona musicale, un viaggio tra le variegate realtà musicali del nostro paese che ha coinvolto non solo le 61 proposte selzionate tra nella rosa di 1086 candidature ma oltre 270 musicisti arrivati a Macerata da tutta Italia. Con il pubblico tornano in teatro anche le sorprese: con noi per le serate di Audizioni Cristina Donà, Irene Grandi, Paola Minaccioni e Mariella Nava.

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I finalisti


MAGGIO 2022: Per la prima volta la rosa dei finalisti è passata da 16 a 18 artisti. Finalisti che si sono esibiti live in due serate al Teatro Persiani di Recanati, entrambe trasmesse in streaming sulle pagine Facebook di Radio1 e di Musicultura e in diretta radiofonica su Rai Radio1 per due special condotti da John Vignola, Marcella Sullo e Duccio Pasqua. Ospiti delle serate recanatesi: Simone Cristicchi, Amara ed Enrico Ruggeri.

Per tutto il mese di maggio le canzoni finaliste sono state protagoniste delle programmazioni musicali di Radio1 Rai: nelle trasmissioni Radio1 Music Club condotta da John Vignola e Stereonotte di Duccio Pasqua. 

Ad accedere alla fase finale del festival solo otto fra le 18 proposte finaliste, di cui sei selezionate dal prestigioso Comitato Artistico di Garanzia composto da Francesca Archibugi, Enzo Avitabile, Claudio Baglioni, Diego Bianchi, Francesco Bianconi, Maria Grazia Calandrone, Luca Carboni, Alessandro Carrera, Guido Catalano, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Teresa De Sio, Niccolò Fabi,  Giorgia, La Rappresentante di Lista, Dacia Maraini, Mariella Nava, Antonio Rezza, Vasco Rossi, Ron, Enrico Ruggeri, Paola Turci, Roberto Vecchioni, Sandro Veronesi. Gli altri due nomi sono stati, invece, decretati dalla stessa Musicultura.

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I vincitori


7 GIUGNO 2022: Gli studi radiofonici Rai in Via Asiago a Roma tornano a ospitare l’annuncio e il concerto dei vincitori di Musicultura 2022. Per lo Speciale Musicultura condotto da John Vignola con Marcella Sullo e Duccio Pasqua sulle frequenze di Radio1 Rai, infatti, gli 8 si sono esibiti live sul palco della storica Sala A che ha ospitato nomi come Mina e Frank Sinatra e dove sono andati in onda grandi successi radiofonici come “Bandiera Gialla’, la “Corrida” di Corrado, ‘Gran Varietà’ e “Alto Gradimento”.

Riascolta la puntata su Rai Play Sound.

FASI FINALI – SFERISTERIO

24-25 GIUGNO 2022: L’Arena Sferisterio di Macerata torna ad accogliere gli spettatori nella totalità della sua capienza per le due serate finali di Musicultura 2022 condotte per il secondo anno consecutivo da Veronica Maya e Enrico Ruggeri. 

Sul palco, insieme ai vincitori del concorso (Emit, Isotta, Malvax, Cassandra Raffaele, Valeria Sturba, THEMORBELLI, Martina Vinci, Yosh Whale), grandi ospiti del panorama musicale internazionale ai vincitori del concorso: Litfiba, Angelo Branduardi, Manuel Agnelli, Ditonellapiaga, Violons Barbares, DakhaBrakha, Ilaria Pilar Patassini, Gianluca Grignani e Emiliana Torrini & The Colorist Orchestra.

Gli Yosh Whale con il brano “Inutile” sono stati decretati vincitori assoluti di Musicultura 2022 dal pubblico presente in Arena. Al gruppo salernitano sono andati i 20mila euro del Premio Banca Macerata oltre al premio per il Miglior Testo del valore di 2 mila euro e il Premio NuovoImaie del valore di 10mila euro finalizzati alla realizzazione di una tournée.
Il Premio della Critica Piero Cesanelli e il Premio AFI sono stati assegnati, invece, a Isotta.

Rivivi su Rai Play il meglio delle due serate all’Arena Sferisterio nello special, firmato alla regia da Duccio Forzano, interamente dedicato alla XXXIII edizione del Festival, andato in onda a luglio su Rai 2, partner televisivo di Musicultura.

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Musicultura 2022 approda in tv

Musicultura 2022 in onda su Rai2 e su RaiPlay

Lo speciale dedicato alla XXXIII edizione di Musicultura, il festival della canzone popolare e d’autore, per la regia di Duccio Forzano, in onda su Rai2 il 22 luglio alle 23.15, e disponibile on demand su RaiPlay.
A condurre lo spettacolo dallo Sferisterio di Macerata, la suggestiva arena simbolo della città e delle Marche, saranno Veronica Maya ed Enrico Ruggeri.
Vedremo le performance live di Litfiba, Angelo Branduardi, Emiliana Torrini & The Colorist Orchestra, Ditonellapiaga, Gianluca Grignani e dello stesso Ruggeri. Con loro sul palco anche i giovani artisti protagonisti del concorso: Emit (Lodi) con  Vino; Malvax (Modena) con Esci col cane; TheMorbelli (Alessandria) con  Il giardino dei Finzi Contini; Yosh Whale (Salerno) con Inutile.

“La presenza di Rai2 come partner televisivo, analogamente a quella di Rai Radio 1 come radio ufficiale, ci fa piacere e ci sembra un segnale positivo – ha dichiarato Ezio Nannipieri, il direttore artistico di Musicultura – Significa che il servizio pubblico presta attenzione a una realtà musicale italiana propositive trasparente, in contatto diretto con le motivazioni degli artisti e le ragioni di un’utenza le cui aspettative si evolvono”.

Musicultura Festival rappresenta una delle più importanti manifestazioni dedicate alle espressioni artistiche della canzone popolare e d’autore. Dal 1990 si adopera per favorire il ricambio generazionale nel segno della qualità, mantenendo al contempo aperto e vitale il confronto col patrimonio artistico d’eccellenza della nostra canzone.
Gianmaria Testa, Pacifico, Fabio Ilacqua, Simone Cristicchi, Mirkoeilcane, Mannarino, La Rappresentante di Lista sono alcuni degli artisti passati attraverso il concorso con cui ogni anno Musicultura intercetta e vaglia le aspirazioni creative di migliaia di giovani.

La selezione coinvolge anche un illustre Comitato Artistico di Garanzia, che in questa XXXIII edizione è composto da Francesca Archibugi, Enzo Avitabile, Claudio Baglioni, Diego Bianchi, Francesco Bianconi, Maria Grazia Calandrone, Luca Carboni, Alessandro Carrera, Guido Catalano, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Teresa De Sio, Niccolò Fabi, Giorgia, La Rappresentante di Lista, Dacia Maraini, Mariella Nava, Antonio Rezza, Vasco Rossi, Ron, Enrico Ruggeri, Tosca, Paola Turci, Roberto Vecchioni, Sandro Veronesi.
Al termine di un lungo percorso di selezione è il voto del pubblico presente allo Sferisterio di Macerata ad eleggere il vincitore assoluto del concorso.

Intervista: nel mondo onirico di Emiliana Torrini & The Colorist Orchestra

Poteva mancare una grande icona del panorama musicale internazionale alla serata della finalissima di Musicultura? Certo che no! Così abbiamo accolto Emilíana Torrini, cantautrice islandese attiva dal 1994 e conosciuta dal grande pubblico per hit come Jungle Drum e Sunny Road. Ad accompagnarla sul palco c’è stata la The Colorist Orchestra: un ensemble di 8 musicisti belgi che spaziano da strumenti classici come il pianoforte, la viola e il contrabbasso a quelli più ricercati e insoliti come il flapamba, il calabash e le pietre. L’improvvisazione, la sperimentazione e l’entusiasmo di questa collaborazione hanno dato vita all’album The Colorist & Emiliana Torrini (2016): un concentrato di poesia sonora caratterizzato dal multistrumentalismo e dall’inconfondibile vox della Torrini.
Con quest’intervista noi della redazione di “Sciuscià” abbiamo parlato dapprima con Emilíana, passando poi a Kobe Proesmans e Aarich Jespers della The Colorist Orchestra per scoprire qualche curiosità in più sulla loro carriera musicale.

Sei islandese ma hai radici italiane da parte di tuo padre. In occasione del Festival della Canzone popolare e d’autore di Musicultura, la domanda sorge spontanea: ti è stato trasmesso l’amore per qualche brano o artista nostrano che potrebbe essere stato d’ispirazione per la tua carriera?

Non essendo cresciuta in questo paese, per me il concetto di “Italia” è sempre stato solo un’idea. Nella mia carriera ho messo quella che penso sia l’influenza italiana. Sono cresciuta ascoltando una lista di artisti jazz che sì, cantavano musica italiana, ma erano stranieri e i miei unici veri riferimenti sono sempre stati quelli della sfera artistica napoletana perché a mio padre piaceva moltissimo la musica anni Sessanta. Penso sia un’influenza enorme, ma si tratta più che altro di una persona italiana straniera che cerca di trovare le proprie radici.

Ascoltare le tue creazioni musicali è un po’ come catapultarsi in un mondo di atmosfere surreali e rimandi onirici accompagnati da grandiosi cambiamenti stilistici. Pensando al risultato di questo connubio, da dove parti nel processo creativo delle tue canzoni?

Improvvisazione. Con la The Colorist Orchestra è un ritrovarsi insieme, iniziare a suonare e rapidamente avere già l’immagine in testa. Un po’ come vedere il film di quello che si sta facendo prima di iniziare. Inoltre, siamo davvero liberi nella creazione: cominciamo con un tipo di canzone, ma non sappiamo dove andrà a parare. Accade e basta. Per esempio, un giorno ero nella vasca da bagno di un hotel e c’era un rubinetto rotto che ha iniziato a gocciolare dando vita a una sorta di musica jazz e, dopo averlo registrato, sono andata da loro e ho detto: “Penso che possiamo fare qualcosa con questo”. Volevamo suonarlo come se fosse uno strumento, ma non riuscivamo a trovare il ritmo per ricreare quel suono. Oggi, invece, la musica è arrivata a qualcosa di completamente diverso. Puoi iniziare da qualsiasi parte e non sai dove andrà a finire. Pensi di avere il controllo, pensi che le gocce te lo diranno, ma poi sparisce nella stratosfera e quindi devi solo iniziare il processo ed essere aperto mentalmente. Credo che ci siano due creatori: l’artista e l’ingegnere del suono. Quest’ultimo creerà tutto ciò che c’è di immaginabile utilizzando la prospettiva del “No, ma…”, mentre l’altro lavora con l’assenso.
Qualsiasi cosa tu proporrai, l’artista ti dirà: “Sì, proviamoci”. Ecco, si tratta di seguire il flusso e di non ricercare il controllo.

Nella tua vasta carriera internazionale spicca la tua interpretazione di The Gollum’s Song per la colonna sonora del film di Peter Jackson, Il Signore degli Anelli – Le due torri. Quali emozioni ti ha suscitato sentire la tua voce in un film-capolavoro come questo?

Per me è stato molto divertente e allo stesso tempo un esperimento vocale interessante, perché non mi sembrava di poter cantare in modo troppo angelico sapendo di starlo facendo per Gollum. Infatti, per far figurare tutta la tensione di quella scena, e tirare fuori il lato bello e il brutto del personaggio, ho cercato di cantare con un tono bello e brutto allo stesso tempo. Ovviamente i produttori che mi avevano contattato non si aspettavano rendessi il brano più grottesco, però per me è stata un’opportunità per sperimentare qualcosa di diverso.

L’ultimo album di Emilíana (ci rivolgiamo ora ai musicisti della The Colorist Orchestra, ndr) vede la vostra collaborazione. La particolarità sta anche nel fatto che si tratta di un album dal vivo: si rubano l’emozione del momento, i feedback del pubblico e anche l’errore mischiato all’improvvisazione. Indubbiamente un album ben riuscito, ma com’è nata l’idea di lavorare assieme?

Il nostro progetto ha un obiettivo specifico e consiste nell’invitare artisti a lavorare con noi per riarrangiare assieme loro brani, contaminandoli con le nostre sonorità. Diciamo che noi Colorist definiamo il nostro modo di “ricolorare” i brani cercando la linea sottile tra pop, classica e musica underground. Così è stato anche per Emilíana: l’abbiamo invitata a lavorare assieme su suoi brani già usciti e da questo è nata un’altra collaborazione con lei che prevede canzoni composte insieme sin dall’inizio.

Come definireste il vostro modo di suonare gli strumenti musicali?

Ci piace chiamarla “art brut”: se non hai la tecnica per suonare uno strumento allora sei libero di suonarlo come vuoi, come un bambino che gioca con i suoi giocattoli. Insomma, un’arte spontanea senza alcuna pretesa o forzatura. Lo stesso è per uno strumento che non conosci, perché devi prima scoprire il suono e inventarti un modo per usarlo. A noi piacciono le sorprese, non sapere dove andremo a finire, come un esperimento continuo.

Intervista: Ilaria Pilar Patassini torna sul palco di Musicultura

Artista senza frontiere, viaggiatrice e sognatrice, Ilaria Pilar Patassini ha esordito nel 2007 con il suo primo album intitolato Femminile singolare. Da lì la sua musica non si è più fermata, spaziando tra generi e culture, storie e viaggi. Quello stesso anno inebriava lo Sferisterio di Macerata con la sua Gente che resta, la stessa canzone che le ha permesso di vincere il premio finale di quella edizione di Musicultura. Dopo anni è tornata sotto quegli stessi riflettori a emozionare il pubblico, a lasciare messaggi d’amore e a raccontare un po’ di sé a noi della redazione di “Sciuscià”.

Leggendo la tua biografia è evidente che, oltre a un ovvio amore per la musica, una tua grande passione è il viaggio. Da cosa nascono queste tue passioni e cosa, secondo te, le unisce?

Per me la musica e il viaggio sono due cose congiunte. Chi vuole far musica deve per forza avere una vocazione al viaggio come senso dello spostamento, come senso reale di quello che si vive e di quello che si fa. I musicisti sono anche un po’ marinai. Io ogni volta non vedo l’ora di partire. Poi, giunta a destinazione, non vedo l’ora di ripartire per andare a suonare da un’altra parte. Se non viaggi non conosci, non ti distacchi dal posto in cui vivi, quindi non puoi vedere le cose da fuori. E questo è fondamentale per chi canta e per chi interpreta, come nel mio caso. Il distacco dal proprio posto è imprescindibile per poterne parlare, altrimenti si rischia di diventare assolutamente autoreferenziali. Se si parla del posto in cui si vive, della propria vita, non distaccandosene mai, è difficile riuscire a dare alla composizione un carattere universale. Sarà sempre troppo personale, quindi tenderà a parlare a molte meno persone possibili. Chi viaggia, conosce. Il viaggio non è solo un’azione fisica ma una forma di conoscenza. Anche leggere un libro è un viaggio, un atto di conoscenza per scoprire le storie altrui: se un interprete non conosce le storie altrui, come si racconta al pubblico? Per me il viaggio in sé è casa. Aspettare ai gate degli aeroporti o stare su un treno in movimento per me è casa. La considero una “droga legale”, ma alle volte anche una croce.

Sei stata una delle protagoniste di una trasmissione RAI intitolata Femminile Musicale, in un approfondimento dedicato alle problematiche presenti nella discografia italiana per le donne. Qual è il tuo parere a proposito?

Da madre di un bambino molto piccolo, posso dire che la maternità è ancora un handicap per le donne. Questa cosa per me non riguarda la politica ma proprio i diritti umani. Il sessismo e la discriminazione ci sono ancora e sono fortissimi. E io mi rendo sempre più conto del fatto che essere una donna abbia influito tantissimo nella mia vita professionale, umana e artistica. A farsi carico dei figli e del lavoro non retribuito non dovrebbero essere solo le donne. E finché questo non entra nella mente dei maschi, il divario non può essere colmato. Questo problema non si risolve mettendo gli asili nido negli uffici, se poi a portarseli dietro sono sempre e solo le donne. Il carico mentale gigantesco che noi donne abbiamo è da sempre la forma di ingiustizia più grande e scandalosa che esista al mondo. Secondo il libro meraviglioso di una sociologa, il lavoro di cura non retribuito nel mondo è al 75% sulle spalle di noi donne, e questo è un peso che appartiene solo a noi. Tutto questo, ovviamente, si riflette anche nel mondo della musica, come nel mio caso. A volte non riesco a dedicare il mio tempo allo scrivere canzoni perché devo pensare a tutte le faccende che riguardano la casa, mio figlio, eccetera. Alcuni passi avanti sono stati fatti ma non è ancora abbastanza. Se non ci si fa carico a livello comunitario di questo problema, non si risolverà mai. Fino ad arrivare al punto di cedere per stanchezza.

Hai collaborato con moltissimi artisti – per citarne qualcuno: Don Byron, Tosca, Neri Marcoré, Jean-Louis Matinier. In che modo ti hanno aiutato ad ampliare il tuo bagaglio artistico e culturale?

Collaboro in continuazione. Trovo stimolante poter condividere i miei lavori con altri artisti che stimo e che fortunatamente mi stimano. Questo mi fa sicuramente crescere. Adesso ho una collaborazione con Daniele di Bonaventura che è un bandoneonista marchigiano. Faremo uscire insieme un disco molto bello di world music realizzato insieme alla sua band storica. Ho anche una collaborazione con Geoff Westley, un direttore d’orchestra, con cui suono i brani di De André in chiave sinfonica. Spero poi di tornare in Canada per recuperare le collaborazioni che ho lasciato lì. Ci sono sempre delle collaborazioni all’orizzonte. Del resto da soli non si va da nessuna parte. Non siamo isole, al limite possiamo essere arcipelaghi!

Per quanto la cultura musicale contemporanea cerchi di inquadrare gli artisti all’interno di generi ben definiti, sembra che tu combatta proprio per evitare una sorta di inquadramento. Tuttavia, tra i tanti generi che tratti ce n’è uno che prediligi?

La bella musica: questo è il genere che prediligo.

La tua carriera discografica è cominciata nel 2007 e da lì non ti sei più fermata. Se potessi parlare alla Pilar di 15 anni fa, cosa le diresti?

Probabilmente le darei i consigli che mi sono stati dati ma che non ho mai ascoltato. Una mia insegnante, ad esempio, mi diceva di andare altrove, di espatriare, ma io, essendo troppo legata alle mie radici, non le ho dato mai ascolto. Amo troppo il mio paese e amo scrivere nella mia lingua, quindi sarebbe stato molto difficile per me andare lontano. Forse un altro consiglio che le darei è quello di stare attenta alle persone che ha intorno. Sì, un’altra cosa che le direi è proprio questa: “Cara ragazza, smettila di essere così educata e ogni tanto di’ qualche vaffanculo in più.”

RACCONTO: da La Controra ai vincitori assoluti

La sesta e ultima giornata di Musicultura inizia nel migliore dei modi: con un aperitivo. Per l’occasione, a raccontarsi al pubblico, guidati dalla conduzione delle voci di Rai Radio 1 John Vignola, Duccio Pasqua e Marcella Sullo, sono i quattro vincitori del Festival che hanno avuto accesso alla finalissima: i Malvax, THEMORBELLI, Yosh Whale ed Emit.

La Controra continua poi con Storie di straordinaria fonia. A presentare il libro è il suo autore, Rodolfo “Foffo” Bianchi, che nel volume guarda alla musica italiana dalla sua prospettiva, quella di musicista, produttore e ingegnere del suono, raccontandone cinquant’anni di storia con fatti, curiosità e aneddoti.
Spazio poi a L’angelo e la mosca: Commento sul teatro dei grandi mistici. Protagonista dell’evento è Massimiliano Civica, regista teatrale che spiega al pubblico che “Il teatro è una religione mistica che non ha dogmi e che mette al centro l’uomo”.

L’ultimo evento de La Controra? John Vignola è a A tu per tu con Manuel Agnelli. Piazza Cesare Battisti ospita così un grande volto della musica italiana che racconta aneddoti relativi alla sua carriera e dichiara: “È un’arte quella di perdere il controllo, quella di lasciare che la magia faccia accadere le cose”.

E quella stessa magia la ritroviamo sul palco dello Sferisterio, dove proprio Agnelli è tra gli ospiti della finalissima del Festival.
L’arena è gremita e accoglie con affetto Ilaria Pilar Patassini, ex vincitrice del Festival, che si esibisce con il suo brano Lascia ch’io pianga.

È poi la volta di Enrico Ruggeri, conduttore delle serate finali insieme a Veronica Maya, che con La rivoluzione anticipa l’ingresso in scena dei primi due vincitori del concorso.
Tra le poltrone e i palchetti, dalle gradinate alla platea, risuonano così le note di Esci col cane dei Malvax e di Vino di Emit.

È poi Gianluca Grignani a regalare ai presenti tre dei successi della sua carriera artistica – La mia storia tra le dita, Sogni infranti e La fabbrica di plastica – per poi lasciar spazio agli altri due vincitori del concorso: THEMORBELLI con il brano Il giardino dei Finzi Contini e gli Yosh Whale con Inutile.

E protagonista torna a essere lui, Manuel Agnelli, che regala allo Sferisterio, con un’intima performance chitarra e voce, Padania e Non è per sempre.

Ed è subito tempo di riconoscimenti: Il Premio della Critica Piero Cesanelli viene assegnato a Isotta; il Premio NuovoIMAE finisce nelle mani degli Yosh Whale.

A salire di nuovo sul palco, poi, è Ilaria Pilar Patassini, che si esibisce in due pezzi, Luna in ariete e Todo cambia di Julio Numhauser, prima di lasciar spazio a un’altra incredibile voce femminile, quella di Emiliana Torrini. Accompagnata dalla The Colorist Orchestra, l’artista islandese, per questa sua unica tappa italiana, regala a Macerata Jungle Drum, Mikos, Hilton e Blood red.

E infine, il grande annuncio: i vincitori assoluti di Musicultura 2022 sono gli Yosh Whale! Il gruppo salernitano riceve il Premio Banca Macerata di 20.000 € consegnato da Ferdinando Cavallini, Presidente dell’istituto di credito.

 

RACCONTO: da La Controra ai live all’Arena

Macerata si prepara a ospitare la quinta giornata del Festival oramai sempre più ricco di novità: narrazione, podcast, fotografia, scrittura e tanta musica!

Agli esordi delle serate di finalissima allo Sferisterio, nell’aria si sente profumo di novità e l’energia che solo la musica live sa dare. E ancora, tanta curiosità e condivisione agli immancabili eventi proposti da La Controra. La giornata si apre con lo speaker Filippo Ferrari e il conduttore radiofonico John Vignola che, tra scambi di esperienze, raccontano di podcast e di tutto ciò che gira intorno a questa nuova forma di comunicazione uditiva-non-visiva: “Il bello del podcast, soprattutto di quello indipendente, è che è un laboratorio personale, come un libro auto-pubblicato”.

Il pomeriggio tra le vie del centro storico maceratese si arricchisce di incontri: con il format di “Le parole che non ti ho detto”,  Ennio Cavalli intervista il giornalista Andrea Vianello. Un racconto toccante il suo, dal dolore e la fragilità di una malattia al cervello alla rinascita del linguaggio grazie al sostegno degli affetti più cari. Vianello racconta che per tornare a parlare c’è bisogno di amore, tanto amore. “Forse è proprio la carica affettiva, il trasporto insito in questa parola che è l’unico vero motore per vivere”.

La giornata prosegue con un’ulteriore intervista, questa volta alla cantautrice romana conosciuta sotto lo pseudonimo di Ditonellapiaga che si racconta a John Vignola confessando qualche particolare aneddoto della sua carriera artistica, esplosa anche grazie alla partecipazione allo scorso Festival di Sanremo. La giovane cantante si svela al pubblico maceratese: “Sento di avere ancora tanto da sperimentare e da imparare. Amo fare ricerca per la scrittura di un disco”.

È la volta di un altro ospite tanto atteso: il fotografo e critico musicale Guido Harari. Ad accompagnarlo nelle sue rivelazioni sono gli intervistatori Marcella Sullo di Rai Radio 1 e il giornalista de Il Giornale Paolo Giordano. Tra domande e curiosità del pubblico, Harari racconta di mille imprese fotografiche, di incontri mirabolanti con i più grandi miti della storia del panorama musicale, descrivendo il magico connubio che da decenni unisce il mondo della fotografia con quello della musica. Parla dei suoi anni ’90 e della spiccata volontà di creare delle autobiografie reali di memoria fotografica, come quelle dei cantautori Fabrizio De André e Giorgio Gaber.

Sul far del tramonto inizia lo show: tutta l’attenzione sull’Arena Sferisterio, per la finalissima della XXXIII edizione del Festival. È il gruppo ucraino dei DakhaBrahka a dare inizio alle danze, con il pensiero e il cuore rivolto alla propria terra.

Spazio ai giovani protagonisti della canzone italiana: Isotta è la prima finalista a esibirsi sul palco e inaugura gli otto brani concorrenti intonando Palla avvelenata. Seguono Valeria Sturba con Antiamore, THEMORBELLI con Il giardino dei Finzi Contini e Martina Vinci con cielo di Londra.

Tra le novità degli esordienti allo Sferisterio, una pausa con un grande classico della musica nostrana, menestrello della canzone italiana, il cantante genovese Angelo Branduardi. Dopo i brani Confessioni di un malandrino e Il dono del cervo, a sorpresa il maestro propone sul palco dell’Arena una rivisitazione de Alla fiera dell’est con una strofa in ucraino.

Si ritorna alla rosa degli 8 vincitori: i prossimi artisti a esibirsi sono Cassandra Raffaele con La mia anarchia ama te e i Malvax che interpretano Esci col cane. Con Vino, Emit coinvolge il pubblico dello Sferisterio con la sua settima proposta in gara. A terminare la fila degli otto sono gli Yosh Whale, band salernitana che calorosamente canta Inutile.

Ritorna, questa volta in live, la cantante Ditonellapiaga che accende gli animi dello Sferisterio con i brani Per un’ora d’amore e Chimica, cavallo di battaglia che l’ha resa celebre a seguito del Festival di Sanremo.

E poi, quando il rock chiama, i Litfiba rispondono! I brani Vivere il tempo, Il mio nome è mai più che Pelù dedica alle popolazioni dell’Ucraina, di Gaza e di Kabul, Lo spettacolo e El Diablo scatenano letteralmente il pubblico dell’Arena. Mauro Giustozzi e Graziano Leoni consegnano l’onorificenza per Alti Meriti Artistici alla rock band di Piero Pelù.

A seguire, è la volta del trio franco-mongolo-bulgaro de i Violons Barbares che fanno doppietta al Festival con ritmi etnici energici, sonorità  inedite e musiche baltiche che ammaliano il pubblico marchigiano in Arena.

In chiusura di serata, vengono assegnati i premi ai vincitori di Musicultura: il premio Miglior Testo viene consegnato dagli studenti dell’Università di Camerino e di quella di Macerata alla band Yosh Whale; il premio AFI invece viene assegnato a Isotta da Sergio Cerruti, presidente stesso dell’AFI (Associazione Fonografi Italiani). Regalo a sorpresa per la città: one-man show con Enrico Ruggeri e la sua esibizione in Arena.

Ci rivedremo nella seconda serata della kermesse? L’Arena si colora di azzurro con un quartetto tutto al maschile: Emit, THEMORBELLI, Malvax e Yosh Whale sono ufficialmente i quattro protagonisti della finalissima della XXXIII edizione di Musicultura 2022.

RACCONTO: il giovedì targato La Controra 2022

La Controra di Musicultura continua e il primo ospite della giornata di ieri è Ennio Cavalli. Nel cortile del Palazzo Comunale lo scrittore, poeta e giornalista presenta le sue ultime fatiche letterarie: la raccolta di poesia Amore Manifesto e il romanzo Parabola di un filo d’erba. In quest’ultimo, centrale è il tema della vecchiaia, che secondo l’autore “altro non è che l’insieme degli anelli della giovinezza”.

Spazio poi al secondo ospite, il regista e autore televisivo Duccio Forzano. È possibile imparare a incassare i colpi più duri e non smettere di credere, nonostante ciò, nell’occasione della propria vita? La risposta, positiva, è contenuta proprio nel romanzo di Forzano, Come Rocky Balboa. “Nel mio caso – si legge nella quarta di copertina – le delusioni e la sofferenza mi hanno messo a dura prova fin da piccolo, ma in qualche modo sono riuscito a trasformare tutto quel dolore e tutti quegli ostacoli nell’energia positiva che mi serviva per andare avanti e per raggiungere obiettivi che chiunque avrebbe considerato irraggiungibili”.  È la storia della sua vita, insomma, quella che il regista racconta tra le pagine e al pubblico di Musicultura in compagnia del conduttore radiofonico John Vignola; è una storia portatrice di un messaggio di rivincita che vale esclusivamente a una condizione: “è possibile concretizzare i propri sogni solo se ci si crede davvero.”

Per la serata protagonista torna a essere la musica con il concerto dei Violons Barbares. Con l’esibizione del gruppo Macerata si trasforma nella Ulan Bator del XVIII secolo; o magari nella Parigi dell’epoca degli Impressionisti; o forse nella Bulgaria di fine Ottocento. Insomma, grazie alla performance della band il tempo e lo spazio si annullano. E per un attimo tutto è “qui e ora”, “hic et nunc”, grazie alla gadulka, i violini, le percussioni, il canto armonico.

Ma non è tutto qui. Perché nel frattempo, nel cortile di Palazzo Buonaccorsi, uno dei più grandi discografici della musica italiana viene omaggiato con la proiezione di un docufilm di Roberto Manfredi, Nanni Ricordi, l’uomo che inventò i dischi. E che produsse i lavori, solo per citarne alcuni, di artisti del calibro di Umberto Bindi, Gino Paoli, Luigi Tenco, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Sergio Endrigo e Ornella Vanoni, scrivendo la storia del cantautorato nostrano.

RACCONTO: il mercoledì maceratese de La Controra

Dopo due giornate trascorse all’insegna di fortissime emozioni, entusiasmo e partecipazione da parte del pubblico accorso da ogni angolo della regione Marche per assistere agli eventi proposti, la terza giornata de La Controra non delude le aspettative.

Il primo capitolo della giornata si apre con “Scrivere per ricostruire. Voci e storie del dopo terremoto”, progetto ideato e promosso dall’Istituto Storico di Macerata e la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari. Il progetto nasce con l’intento di ri-costruire le memorie delle comunità delle aree interne della provincia maceratese in seguito ai terremoti che hanno colpito l’Appennino dove, tra ritardi e polemiche, la ricostruzione ha tardato a iniziare. Presso la Sala Castiglioni della Biblioteca Comunale di Macerata sono presentate storie di vite attraversate dalla fragilità, dal coraggio e dalla speranza. Sono storie di donne, uomini, bambini, anziani. Molti sono i temi che vengono trattati tra cui il passato, la riorganizzazione della propria vita e la voglia di ricostruire con la convinzione che è proprio la forza del racconto e della scrittura ad aiutare a risanare le ferite e a rimettere insieme quanto dentro e fuori di sé sta andando in pezzi.

La giornata prosegue presso il Cortile di Palazzo Buonaccorsi, dove bambini, genitori e lettori curiosi accolgono l’editrice e autrice Elisabetta Dami, teneramente conosciuta come la “mamma” di Geronimo Stilton. Dami, insignita da poco del titolo di Commendatore della Repubblica Italiana, ripercorre la storia della sua vita attraverso una serie di aneddoti e racconti inediti e racconta al pubblico presente come da una esperienza personale, l’adozione presso la tribù di nativi americani Cherokee, l’autrice abbia tratto lo spunto per il suo ultimo romanzo. Così parlò Lupo Blu è un viaggio avventuroso nella natura selvaggia alla scoperta del vero senso della vita e dei valori fondamentali quali la cooperazione, la tolleranza e il rispetto per noi stessi, per gli altri e per la Natura. Un romanzo che parla a tutti, grandi e piccini, e ci ricorda la bellezza della diversità e il potere straordinario delle storie come queste, toccanti, dolci. Lupo Blu ci insegna che noi, attraverso le scelte che compiamo ogni giorno, siamo i responsabili e gli artefici del nostro destino e che il futuro è nelle mani di chi ha la forza e il coraggio di continuare a sognare e a ricercare la felicità.

Le vie di Macerata si riempiono poi di gioia e colori grazie all’ Hoopelaï Hula Hoop Show di Andreanne Thiboutot, artista canadese che nella sua importante carriera vanta meravigliose collaborazioni con il prestigioso Cirque du Soleil. In Hoopelaï, Thiboutot, veste i panni di Madame Jocelyn, una donna elegante e sofisticata, che si stordisce a far girare i suoi hula hoop.  Grande è il coinvolgimento del pubblico, giovane e meno giovane che con grande stupore e meraviglia si lascia affascinare ed emozionare da tanta bellezza e tanta arte.

La sera si accendono i riflettori su Piazza della Libertà Il sindaco di Macerata, Sandro Parcaroli e la direttrice commerciale di Banca Macerata, Debora Falcetta, sottolineano l’importanza di un festival come Musicultura per la comunità maceratese. Spazio poi a John Vignola per l’inizio della serata musicale in compagnia degli otto vincitori di Musicultura 2022.

La prima a esibirsi è Isotta, artista senese che porta sul palco le sue Palla avvelenata e Psicofarmaci, a detta della cantautrice una metafora di tutti quei “castelli di sabbia che la nostra mente crea per cercare di stare meglio con se stessi e nel rapporto con gli altri”. Spazio poi all’anima dolce ed elettronica di Martina Vinci, cantautrice e musicista genovese che ha incantato la platea con Il cielo di Londra e Parole di troppo, canzone che parla dei mille modi possibili di vivere l’amore, invita ad accettarsi e ad accettare gli altri e a fare delle proprie insicurezze dei punti di forza. La serata continua poi con THEMORBELLI, autore e interprete de Il giardino dei Finzi-Contini e THERINASCIMENTO, una canzone d’amore non convenzionale che lascia trasparire una rabbia velata la quale sottende una gioia e un amore infinito per la vita. Il quarto ad esibirsi è Emit. Il cantautore sottolinea l’importanza che le parole hanno all’interno della sua produzione artistica e suggerisce delle bellissime immagini con i suoi due brani Vino e Mare.

Altra presenza femminile è quella di Cassandra Raffaele. La musica rappresenta per lei un rifugio, una luce, un fuoco che le brucia l’anima e che la porta a intonare le note de La mia anarchia ama te e Sarà successo. Seguono gli Yosh Whale, che con le loro Inutile e Stanca portano sul palco la loro musica frutto di un ricercato lavoro di sperimentazione e contaminazione. È il turno poi di Valeria Sturba, artista polistrumentista che grida forte il suo Antiamore e racconta i mille mondi interiori che convivono in ognuno di noi con Le cose strane. Ultimi a esibirsi sono i Malvax che, con una straordinaria capacità di coinvolgere il pubblico presente, eseguono le loro canzoni Esci col cane e Sneakers.

Intervista: con Elisabetta Dami, l’arte della curiosità a La Controra 2022

Chi, come noi della redazione di “Sciuscià”, ha la possibilità di incontrare di persona Elisabetta Dami, capisce subito che di fronte non ha solo l’autrice di Geronimo Stilton. Classe 1958, da sempre dedica la sua vita alla scrittura e ai viaggi. Tra un libro e l’altro ha corso tre volte la maratona di New York e una volta la durissima 100 km del Sahara; ha preso il brevetto da pilota d’aereo e fatto paracadutismo. Per il suo ruolo di storyteller è stata adottata ufficialmente da due tribù di nativi americani: il Popolo degli Hopi e quello dei Cherokee. Avventura, rispetto e curiosità sono i suoi principi guida nel lavoro e nella vita. Anche se la sua missione principale consiste nell’educazione di bambini e ragazzi, una cosa è certa: Elisabetta Dami è un esempio per tutti, grandi e piccini.

Nella tua biografia dici che in ogni libro c’è un po’ di te, soprattutto la tua passione per l’avventura. Come riesci a prendere le distanze dal tuo vissuto personale e a trasformarlo in una storia?

In realtà tutte le esperienze che faccio, da sempre, mi sono servite. Sono la materia prima da cui parto per elaborare le emozioni che ho provato e trasmetterle ai lettori che magari non hanno ancora l’età, o le capacità di organizzarsi – magari le avranno in futuro – per scalare il Kilimangiaro, completare una maratona di centoventi chilometri nel deserto del Sahara o un trekking in Nepal. Sono tutte cose che mi hanno insegnato moltissimo su me stessa e di cui sono grata alla vita. Quindi parto dall’emozione che ho provato in queste avventure e cerco di trasmetterle a chi legge, in modo che il libro sia come una finestra sul mondo, capace di immedesimare il lettore nella realtà vera di quello che ho sentito io. Per esempio, una volta mi chiesero – più di vent’anni fa – di scrivere un libro di Geronimo sulle cascate del Niagara e c’era pochissimo tempo perché il lavoro era urgente. Dissi che ci dovevo andare, e tutti a ripetermi che ero la solita esagerata, che avrei potuto solo studiare un po’. Volevo – e voglio ancora – l’emozione. Quando arrivai là capii che avevo ragione. La cosa curiosa che scoprii alle cascate è che tu senti un rumore fortissimo prima ancora di vederle. E proprio questo ti dà l’emozione: comprendere che quella è una cosa assolutamente fuori dal normale. Lo stesso mi accadde quando per la prima volta mi trovai vicino a degli elefanti nella riserva naturale di Dzanga-Sangha in Centrafrica: prima di vederli, senti il terreno che trema e senti l’odore, questo odore di selvatico che non è sgradevole e sa di foglie bagnate, di fango, di terra, di piante, di esotico, di Africa. E la guida ti dice: “Arrivano!”.

I valori e gli ideali che cerchi di trasmettere nei tuoi libri sono approdati in tutto il mondo: Geronimo Stilton è stato tradotto in ben 49 lingue, dall’inglese al cinese, fino  all’arabo. Come si arriva al cuore dei bambini quando hanno una cultura di base tanto diversa dalla nostra?

I bambini in tutto il mondo, almeno fino ai dieci anni, sono molto simili perché sono istintivi e danno una grande importanza al cuore. Vedo che rispondono alle stesse leve psicologiche ed emotive, proprio per questa loro capacità così autentica di essere sinceri. I valori di Geronimo sono onestà, lealtà, sincerità, amicizia, soprattutto rispetto. Rispetto per la natura significa ecologia, rispetto per gli altri significa valorizzazione delle diversità, inclusione e pace. Rispetto per se stessi significa non fare mai nulla che possa farti del male, per esempio non avvicinarsi alle droghe o all’alcol. Ci sono anche il rispetto per la famiglia, per la scuola, per le istituzioni, per la legalità. Tutti questi valori aiutano i bambini a inserirsi in modo pacifico e civile nella società, ma il punto più importante è la speranza. Geronimo è nato proprio così, in un ospedale, per dare speranza ai ragazzi. Poi le sue storie sono anche avventure, colpi di scena in ogni pagina e umorismo, che è fondamentale.

Il tuo ultimo libro, Così parlò Lupo Blu, si discosta in parte dalla produzione precedente, soprattutto per quanto riguarda i possibili destinatari del testo: non solo piccoli uomini e donne, ma anche ragazzi e adulti. Come è emersa l’esigenza di parlare a una platea più ampia?

Per oltre vent’anni ho parlato con la voce di un topo, poi ho pensato di fare un libro per i più piccoli: sono nati Billo e Billa nella Valle della Felicità. In ogni libro spiego un valore e cerco di aiutare i genitori ad affrontare certi temi difficili. Il lupo, invece, è un animale che parla al cuore di tutti noi e desideravo scrivere un’avventura senza tempo, alla scoperta del senso della vita. Attraverso la voce di questo personaggio speciale volevo raccontare la mia esperienza. Vedo che i giovani hanno bisogno di sentirsi confortare da qualcuno che dica loro: “Io ti racconto ciò che ho imparato, secondo me ti sarà utile”.

Suoni il pianoforte e da anni sei ambasciatore dello Zecchino d’Oro e dell’Antoniano Onlus. La tua presenza a Musicultura evidenzia l’aspirazione di questo Festival a essere un’officina dell’arte in tutte le sue forme, una scuola per chiunque abbia voglia di imparare. A te cosa ha insegnato la musica?

La musica è forse l’unico linguaggio universale perché – di nuovo – parla al cuore di tutti. Quando ci si riunisce in nome della musica non si può sbagliare e a quel punto si può parlare anche di cultura, di libri. Qui al Festival ho trovato un clima di amicizia che mi piace tantissimo. Infatti ho chiesto a Ezio (Nannipieri, il direttore artistico di Musicultura, ndr) di invitarmi anche l’anno prossimo. Magari troverò qualcos’altro di intelligente da dire!

Dopo quarant’anni di carriera come si conserva e protegge quella curiosità di bambina che, come dici, ispira ancora il tuo lavoro?

Guarda, li ho contati l’altro giorno: sono 45. Io ho 63 anni e sono orgogliosa di dirlo perché nel cuore me ne sento meno e, quando scrivo, ritorno ai miei 7 anni. Però sono anche contenta di essere “maturata”, come direbbe Geronimo per il formaggio. L’età mi ha insegnato un sacco di cose. Sono migliorata con gli anni: per esempio, ho imparato la pazienza – una virtù che da giovane non avevo – e ho capito l’importanza della gentilezza. Sono felice che la mia esperienza possa passare a qualcuno.

Hai già fatto il giro del mondo e visitato alcuni dei luoghi più singolari del pianeta. Dove ti porterà il prossimo viaggio?

Tocchi un punto sensibilissimo. Iniziai a lavorare a 18 anni con mio papà e a 25 gli dissi: “Senti, qui ho capito che per far le cose come dico io devo lavorare tanto, sarà impegnativo e mi ci voglio buttare bene. Adesso mi prendo sei mesi sabbatici e vado a fare il giro del mondo”. Partii con i soldi che avevo guadagnato e messo da parte religiosamente, in classe economica e da sola perché volevo fare esperienza. Ho visto di tutto, ma non è stato facile. A metà ci ho messo anche un corso di sopravvivenza nel Maine. Però è stato favoloso e da qualche tempo a questa parte mi sono detta: ho lasciato passare quarant’anni, adesso lo devo rifare!