Intervista: Roberto Piumini ospite a La Controra 2022

Roberto Piumini ha sempre giocato con i suoni, le parole, i racconti. È stato, all’inizio della sua carriera, insegnante di lettere e attore teatrale. La scrittura è arrivata quasi naturalmente, nel 1978: da allora ha pubblicato moltissimi libri di fiabe, filastrocche e testi teatrali, diventando uno dei nomi più importanti della letteratura per l’infanzia. E non solo: perché dagli anni ’90 ha anche scritto romanzi, racconti e poemi per i più grandi.

Ieri ha messo un po’ di quelle storie in valigia e le ha portate a Macerata, per la Controra di Musicultura. Nella Sala Castiglioni della Biblioteca Mozzi Borgetti, assieme a Nadio Marenco che lo ha accompagnato con la sua fisarmonica, ha letto ad alta voce le avventure de “Il Piegatore di lenzuoli”. Noi della redazione di Sciuscià l’abbiamo intervistato, per conoscere meglio il suo percorso artistico, le sue idee sul mestiere di scrivere, le sue ispirazioni. Ecco cosa ci ha raccontato:

Partiamo così, a bruciapelo: come nasce una filastrocca?

La filastrocca nasce dal gioco: il gioco delle parole e del senso, e il gioco dei suoni. È qualcosa che origina nella parte ludica e fonosimbolica della nostra mente, dalla voglia di creare e poi di condividere con gli altri. “Altri” che in questo caso sono i bambini. In un primo momento la filastrocca appartiene solo a chi la scrive, ma fa presto a diventare divertimento, coralità, danza e movimento, voglia di partecipare insieme. È un materiale verbale dinamico.

Ha tradotto poemi di Browning, i Sonetti e il Macbeth di Shakespeare. Come si integra il suo lavoro di traduttore con quello di scrittore per l’infanzia?

Il mio lavoro di traduttore è una sorta di “prolungamento ludico” della mia attività di poeta. Ma senza la responsabilità di narrare e di inventare. Con la traduzione ho la possibilità di far dilatare al massimo l’intervento del mio linguaggio e della mia capacità di costruire e di creare. Di mestiere non faccio il traduttore, però quando traduco mi informo sul campo semantico usato dall’autore, faccio una sorta di “perizia investigativa” sulla metrica, studio la lingua, le metafore. Però non mi dimentico mai di essere anche un poeta, quindi cerco di creare delle versioni che siano comunque fedeli, ma più godibili e con più canto.

Ha lavorato al fianco di diversi musicisti per la realizzazione di libri su autori, strumenti e stili musicali. Com’è nata l’idea di queste collaborazioni?

Diversi decenni fa Bruno Lauzi, cantautore della gloriosa epoca del cantautorato italiano, mi fece iscrivere alla SIAE. Aveva visto e apprezzato alcuni dei miei testi, e voleva a tutti i costi che io diventassi autore musicale per potermi coinvolgere in un progetto. La cosa alla fine non avvenne, il progetto non fu mai realizzato, ma io rimasi comunque formalmente un autore. Quando cominciai a girare per le scuole e per le biblioteche per fare spettacoli sui miei testi accompagnato da musicisti scoprii che non avevo nessuna difficoltà a scrivere canzoni. È un’attività che mi diverte tantissimo, proprio come mi diverte fare traduzioni. Credo che in entrambi i casi, infatti, ci sia una parte poetica preesistente; quindi posso rivolgermi con più attenzione al mio campo specifico: quello delle parole. Le considero entrambe attività “defaticanti”. Il che può sembrare strano, perché una traduzione come quella del “Paradiso Perduto” mi ha occupato circa un anno e mezzo. Ma è un gioco: un gioco che si fa con qualcosa detto già da altri o che sta per essere detto da altri, e io cerco di giocare nel miglior modo possibile.

Che valore attribuisce alla poesia quando afferma che “partecipa al colloquio del mondo, anche quando è un canto solitario”?

Attribuisco alla poesia un valore antropologico. È senz’altro l’atto espressivo più profondo e più legato alla memoria, al desiderio, all’esperienza, all’identità. È quello che più di ogni altra cosa richiama una risposta nell’altro.

Da oltre trent’anni Musicultura accoglie moltissimi giovani cantautori. Parliamo di musica d’autore in cui ognuno esprime una parte di sé, del proprio animo. Quali sono le sue impressioni a proposito?

Posso parlare dei miei gusti personali, perché non sono un ascoltatore per così dire “qualificato”. Mi piacciono i cantautori che non scrivono con un eccesso di letteratura, ma che lavorano sull’espressività. Preferisco i cantautori che non vogliono essere troppo letterati, insomma. Quelli che trovano il giusto equilibrio, senza esagerare nel profetarsi poeti.

Musicultura e Banca Macerata

Venerdì 24 e sabato 25 giugno, l’Arena Sferisterio farà da scenario alle esibizioni degli 8 vincitori della XXXIII edizione di Musicultura. Alla fine delle due serate verrà assegnato il premio Banca Macerata, del valore di 20.000 euro, al vincitore assoluto di questa XXXIII edizione. Ecco, proprio valorizzare l’eccellenza e i giovani talenti musicali è uno degli obiettivi che la partnership tra Musicultura e Banca Macerata intende perseguire. In un momento storico come questo, in cui ricominciare è la parola d’ordine, il Presidente dell’istituto di credito, Ferdinando Cavallini, ci ricorda proprio di puntare sempre sui giovani e sul futuro della musica italiana.

Sta per giungere al termine il secondo anno di collaborazione con il Festival della Musica Popolare e d’Autore. Com’è nata l’idea di questa partnership?

L’idea nasce da una semplice costatazione: Musicultura è un’eccellenza del territorio che si è affermata – e sempre più si va affermando – nel tempo, portando la città di Macerata ad avere risonanza a livello nazionale. Banca Macerata è una banca giovane, un po’ più giovane di Musicultura, e vuole quindi valorizzare i giovani e i loro talenti. Non c’era un partner migliore per noi, perché rispondeva perfettamente alla nostra esigenza di portare avanti un’idea: quella di essere sempre presenti e sempre attivi sul territorio.

Facciamo un piccolo bilancio, seppur ancora parziale, di questa prima edizione del festival post-pandemia…

È stata un’edizione di grande successo, di grande soddisfazione, di grandi impegno e capacità organizzativa. Il Festival ancora una volta è riuscito a coinvolgere tutti in termini mediatici. C’è stata tanta presenza, insomma. Tanto tutto. Tanto bello.

Le serate finali che si terranno allo Sferisterio si avvicinano. Qual è il suo augurio agli otto vincitori che a breve si esibiranno per aggiudicarsi il titolo di vincitore assoluto?

Che vinca il migliore. Che vinca il finalista più apprezzato dal pubblico. A tutti gli artisti auguro una splendida carriera, perché si sono impegnati tanto, hanno superato molte selezioni e sono arrivati fino a questo traguardo. Credo che sarà una grande soddisfazione per tutti loro essere già arrivati fin qui. In bocca a lupo a tutti, vi auguriamo tutto il bene possibile.

Chiudiamo così: se dovesse dedicare una canzone a Musicultura, quale canzone sceglierebbe?

Sei bellissima, di Loredana Bertè.

Intervista: Michele D’Andrea torna a La Controra di Musicultura

La seconda giornata de La Controra è inaugurata dalla presenza dello storico, araldista, scrittore romano Michele D’Andrea e dalla sua spiccata volontà di narrare particolari storici poco noti al pubblico. Tante le attività e le passioni che contraddistinguono la sua figura, tra cui la passione per la musica risorgimentale italiana.
Classe ’59, Michele D’Andrea ha ricoperto cariche prestigiose come quella di Consigliere della Presidenza della Repubblica e membro del Cerimoniale. Si è occupato, inoltre, di messaggistica presidenziale e uffici stampa. Insomma, la sua è stata, per sua stessa ammissione, “una bella palestra di crescita professionale”. Conosciamo altre sfaccettature della sua persona attraverso quest’intervista rilasciata alla redazione di “Sciuscià”.

Si è occupato di messagistica e comunicazione istituzionale, cerimoniale, storia, teatro e musica. Come ci si giostra tra attività apparentemente così diverse?

Con tanta passione. La passione è qualcosa che ti fa vivere. È ossigeno. È il cervello che si apre. Sono le occasioni che prendi al volo. Sono le intuizioni. È anche la mancanza di fatica quando sei stanco. E c’è una cosa che dico a voi ragazzi: fate tutte le vostre cose, scuola e fuoriscuola, con passione, perché la passione muove le montagne.

In qualità di araldista ha curato lo stendardo presidenziale e gli stemmi dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Marina Militare e dell’Esercito Italiano. Qual è l’importanza di questa forma di comunicazione nel 2022?

L’araldica fu una sorta di miracolo. In cinquant’anni appena, tra la fine del 1100 e l’inizio del 1200, l’Europa riusciva a parlare lo stesso linguaggio figurato attraverso l’araldica, che è un po’ una carta di identità senza parole e, per tantissimi secoli, è stato uno strumento per raccontare la storia, le persone, le comunità. Oggi l’araldica ha ancora un senso, perché in tutti i comuni se alzi lo sguardo all’entrata della città puoi vedere il suo stemma ed essere in grado di riconoscerlo tra mille. Ecco perché l’araldica è ancora importante: dà un messaggio immediato, visivo, che si può cogliere subito.

Spesso si è interessato di temi quali il galateo della comunicazione, l’educazione e il rispetto nella società contemporanea. Che valore ha sensibilizzare i giovani di oggi su queste tematiche?

Non vorrei essere preso per un vecchio, però ci sono dei comportamenti che possono dare fastidio, trent’anni fa come oggi. Io dico sempre che c’è una libertà personale che dev’essere poi mediata con la libertà degli altri. Il nostro comportamento individuale deve essere sempre legato al luogo in cui si sta, a chi si ha intorno, all’occasione, all’età delle altre persone.
È importante perché voi ragazzi affronterete il mondo del lavoro, e in quel mondo ci sono delle regole non scritte molto più rigide. È necessario, quindi, abituarsi adesso ad avere un certo tipo di atteggiamento con gli altri, un atteggiamento tendenzialmente rispettoso che ha in sé la cifra di un’educazione. Ad esempio, io a una persona più grande darei comunque del “lei”. Quando sarete nel mondo del lavoro, questo vi aiuterà a capire meglio quali sono i meccanismi che regolano gli ambienti in cui spenderete la vostra professionalità. Se uno tende a essere un pochino anarcoide, prima o poi si scontrerà frontalmente contro un treno e con una realtà che è molto diversa.

Nella scorsa edizione del Festival ha presentato al pubblico dello Sferisterio Il Canto degli italiani. Cosa rappresenta per lei l’Inno di Novaro-Mameli?

Hai detto bene, “l’inno di Novaro-Mameli”, perché tutti dicono “l’inno di Mameli” ma, effettivamente, ciò che l’ha portato a essere simbolo dell’Italia è la musica di Novaro. L’inno è stata la colonna sonora non solo del nostro Risorgimento, ma anche degli anni a venire. Si pensi, per esempio, che in tema della Resistenza nel 1943, Radio Bari, che era una radio che trasmetteva ai partigiani del Nord, chiudeva le sue trasmissioni con l’inno di Mameli. Se l’anno scorso, proprio qui a Musicultura, l’ho presentato e quest’anno ne riparlo è proprio perché il nostro inno merita di essere raccontato, svelato, e deve essere presentato come in realtà è e non come, purtroppo, viene spesso massacrato da esecuzioni che non sono corrette.

Nei suoi seminari e convegni utilizza spesso l’ironia. L’ha sempre usata o ha deciso solo di recente di adottarla come strategia comunicativa?

Più che parlare di “strategia comunicativa”, che fa pensare a qualcosa di costruito, direi che in realtà ho sempre cercato di approntare il mio lavoro e i miei interessi non tanto sull’ironia quanto sull’autoironia, prendendo in giro anzitutto me stesso, ovvero non prendendomi troppo sul serio. La storia si può raccontare in tanti modi, ma sono certo che anche raccontandola attraverso l’aneddotica, i retroscena, le curiosità, anche scherzandoci un pochino sopra, alla fine il messaggio arrivi ugualmente, ma in una maniera forse più piacevole che magari invoglia ad andare in libreria e comprare un libro per aggiornarsi. Ecco, un altro consiglio che mi permetto di dare, da persona anziana, a voi giovani, è proprio questo: abbiate tanta autoironia.

Ron positivo al Covid: salta il suo concerto. Arriva Enrico Ruggeri

Siamo spiacenti di riferire che poche ore fa, ci è stata comunicata l’impossibilità di Ron a partecipare al concerto previsto per questa sera martedì 21 giugno a Macerata, in Piazza della Libertà, per la Controra della XXXIII edizione di Musicultura.

Sono molto dispiaciuto di non poter suonare questa sera a Macerata per Musicultura a cui sono legato da anni di collaborazione, facendo anche parte del Comitato Artistico di Garanzia. – Ha detto Ron  Purtroppo sono risultato positivo al Covid. Spero di poter recuperare questo concerto al più presto.

Musicultura formula a Ron il più caldo e affettuoso augurio di pronta guarigione. Dopo il bellissimo concerto di Filippo Graziani che ha aperto ieri sera La Controra, con l’omaggio alle canzoni del padre Ivan, in una Piazza della Libertà stracolma di pubblico, c’era in città una grande attesa per lo spettacolo che avrebbe visto stasera protagonista Ron accompagnato dall’Ensemble Symphony Orchestra.

Il dispiacere per l’impossibilità del grande cantautore di essere presente a Musicultura non ha appannato la reattività dell’organizzazione del festival.

In una emergenza dell’ultimo minuto come questa,  non ci siamo arresi e abbiamo fatto di tutto per  assicurare comunque al pubblico stasera un grande spettacolo in piazza – ha dichiarato il direttore artistico Ezio Nannipieri – Ci siamo rivolti a un amico e gli abbiamo chiesto se fosse disponibile a venirci in soccorso, l’amico è Enrico Ruggeri. Generosamente e in tempo reale Enrico si è reso disponibile e stasera  sarà lui a suonare  in piazza della LIbertà con la sua band.

Enrico Ruggeri che il 24 e il 25 giugno condurrà insieme  a Veronica Maya le serate conclusive  della XXXIII edizione di Musicultura allo Sferisterio di Macerata, ha così commentato. Non è semplice organizzare un concerto con poche ore a disposizione prima della partenza del nostro tour. Ma ci sono valori perfino più importanti dell’organizzazione: gli amici di Macerata non meritavano di rinunciare a un concerto. Un abbraccio a Ron, con i nostri auguri di pronta guarigione. Macerata, arriviamo di corsa.

Intervista: Pupi Avati a La Controra di Musicultura

L’incontro di ieri in occasione di Musicultura 2022 ne ha dato conferma: il Maestro Pupi Avati, oltre ad avere una spiccata predisposizione per l’arte, dopo aver fatto del cinema la sua vita è riuscito a maturare una visione profonda del mondo, che risalta magnificamente in questa intervista. Mentre parla, mostra con naturalezza disarmante il suo carattere introspettivo e la saggezza accumulata nel corso degli anni, che sente di dover condividere: “Alla mia età ho il dovere di dirvi cos’è la vita,” spiega durante la sua partecipazione a La Controra, alla quale fa da sfondo il cortile di Palazzo Buonaccorsi, nel centro di Macerata. Prima del suo arrivo, il pubblico è già fuori ad attenderlo; in molti cercano di acciuffare un posto per assistere all’evento; i giornalisti, pazientemente, aspettano il loro turno per porre qualche domanda. E anche noi lo facciamo: poniamo domande. E le risposte ricevute ci accarezzano.

Prima di affermarsi come regista ha avuto una carriera nel mondo della musica come clarinettista nella Doctor Dixie Jazz Band; a distanza di tutti questi anni le è rimasta questa passione e suona ancora il suo clarinetto oppure la fiamma si è spenta col tempo?

La passione è rimasta perché è stato il primo sogno della mia vita. E dal primo sogno della vita è difficile svegliarsi. Purtroppo non si è realizzato: essendomi confrontato con musicisti di grande talento (io non credo di averne), e sentendomi ancora in tempo per cambiare progetto, ho abbandonato quel sogno. Ma dentro di me il desiderio di poter fare il musicista è rimasto vivido e ho ancora vicino alla scrivania il mio clarinetto montato; ogni tanto provo a fare qualche nota ma la musica richiede esercizio e studio, quindi non la pratico più. Però, se mi chiedessero se avessi preferito essere un musicista o un regista, avrei scelto la musica.

Oltre a diverse fortunate collaborazioni, condivideva con il compianto compositore pesarese Riz Ortolani un’amicizia di vecchia data; conserva di lui qualche ricordo in particolare che le piacerebbe condividere?

Avrò fatto con Riz all’incirca 30 film, sono il regista con il quale ha lavorato di più nella sua vita. Ha contribuito a fornire un’anima ai miei film, carica di sentimenti e di un’emotività che prima non avevano. Montavo la sua musica sulle riprese e levitavano, raggiungevano l’emozione; per questo io a Riz debbo tantissimo. Il nostro era un rapporto tra musicisti – nonostante abbia smesso di suonare sono un cultore della musica – così gli suggerivo quali suoni o atmosfere ricreare, quali artisti ascoltare tra Béla Bartóko Miles Davis, e lui immaginava un mondo musicale solo per quel film. Riz era straordinario nell’arrangiamento degli archi, aveva questo grande dono.

A settembre uscirà il suo ultimo film, Dante, che narra della vita del sommo poeta in uno scenario post mortem attraverso gli occhi di un giovane Boccaccio; come ha trovato l’ispirazione per affrontare in maniera così “inedita” e singolare un personaggio tanto conosciuto?

Tanto conosciuto e così poco indagato, perché nonostante le biografie dantesche siano infinite il Dante “umano” è raccontato pochissimo, quando in realtà non era così difficile desumerne il carattere. I gesuiti dicevano: “Dammi un bambino i primi cinque anni della sua vita e sarà nostro per sempre”; Dante ha vissuto la sua infanzia nel dolore per aver perso la madre a 5 anni e gli furono imposti una matrigna e un fratellastro; poi incontrò questa Beatrice, della quale si innamorò, e lei si sposò con un altro; non era difficile intuire che la sua grande sensibilità poetica derivasse da tutto il dolore patito. Perché il dolore è un percorso attraverso il quale ci si forma. Non è da augurare a nessuno, certo, però le persone più profonde sono tutte transitate attraverso il dolore. Ho quindi voluto raccontare un Dante giovane e autentico in cui ci si possa riconoscere. Corrado Augias, alla fine della prima proiezione a Roma, mi disse: “Dopo 80 anni, finalmente Dante non mi è più antipatico.”

Da quale scuola o movimento cinematografico è maggiormente affascinato?

Ho cercato di liberarmi dalla fortissima influenza che ho avuto e dalla fascinazione che ancora ho nei riguardi di Federico Fellini: se faccio cinema è perché ho visto 8; non avrei mai immaginato che il cinema fosse una cosa del genere. Per i primi anni della mia attività venivo definito “il giovane regista felliniano”, poi via via oltre all’aggettivo “giovane” anche “felliniano” è scomparso, perché ho trovato un mio tono di voce, una mia calligrafia, ma non è stato facile: i maestri sono importanti, ma è importante anche liberarsene. Non si può rimanere allievi tutta la vita.

Tra musica e cinematografia c’è un sodalizio che in qualche maniera oggi va avanti anche attraverso la produzione di video musicali. C’è un brano nel panorama nazionale di cui le piacerebbe dirigere la componente visiva?

Più di uno. Ci sono molti brani ne L’alta Fantasia, la biografia che ho scritto; ogni capitolo è accompagnato da un suggerimento musicale, c’è una sorta di playlist composta da pezzi che ascolto mentre scrivo, e già da lì si desume la grandezza della mia passione; non c’è un brano unico, ci sono brani che variano a seconda delle mie emozioni, di cosa sto scrivendo e di cosa provo, anche se è evidente che i miei riferimenti musicali sono tutti nella musica classica e nel jazz. La musica popolare non mi incuriosisce, non produce in me le stesse emozioni.

Intervista: Filippo Graziani ospite a La Controra 2022

A inaugurare la settimana di concerti de La Controra di Musicultura è Filippo Graziani, cantante, musicista e figlio di Ivan.
Nato a Rimini, cresce tra chitarre e serate dal vivo nei locali, fa parte di un gruppo stoner rock e si trasferisce per qualche tempo a New York per poi tornare in Italia e omaggiare a più riprese la produzione musicale di un gigante: suo padre. Col suo tour “Ivan 25” propone i brani del repertorio del papà proprio a 25 anni dalla sua scomparsa, in un viaggio musicale attraverso ironia, riflessioni sulla realtà e canzoni che hanno fatto la storia del cantautorato italiano.
Questa l’intervista rilasciata alla redazione di “Sciuscià”.

Iniziamo subito col parlare dell’occasione che ti porta a Macerata durante la Controra 2022, il tuo tour “Ivan 25”, esattamente a 25 anni dalla scomparsa di tuo padre: qual è la particolarità di questo tour rispetto ad altre date passate dedicate a lui?

Sono 25 canzoni tratte da tutta la discografia di papà. In passato abbiamo fatto scalette lievemente più corte e ovviamente non andavamo a pescare da tutto il repertorio; operavamo delle scelte rivolte ai pezzi più conosciuti e poi ne aggiungevamo qualche altro. Qui l’idea è proprio quella di presentare un live che abbracci dal primo all’ultimo disco.

Parlando proprio de la Controra e di Musicultura, quale pensi sia l’importanza di contesti simili e quali i benefici apportati alla musica e al suo legame coi giovani?

Musicultura è importantissima perché manifestazioni così sono l’àncora di salvezza per il mondo del cantautorato italiano, che sta passando un periodo abbastanza complesso; questi luoghi sicuri, queste isole dove ognuno si può esprimere, sono estremamente importanti per chi decide di fare questo lavoro.

Molti figli d’arte tendono a distaccarsi dalla carriera dei padri per cercare una propria indipendenza musicale, cosa che hai fatto anche tu con esperienze all’estero, ma tieni sempre a sottolineare di essere il figlio di Ivan Graziani. Cosa ti spinge a presentarlo come figura di riferimento da un punto di vista musicale?

Tanto non è che si scappi da quella cosa. Avevo – ti parlo di decenni fa – una band con cui facevo musica stoner in inglese; suonavamo nei dei locali, nei centri sociali, e c’era sempre qualcuno che mi chiedeva Monna Lisa. Questo significa che se non puoi scappare da una cosa devi abbracciarla; poi non ho nessun motivo e nessuna voglia di scappare, anzi, l’ho accolta a braccia aperte e me la sto godendo insieme a tutti gli altri. Ci stiamo godendo questo repertorio meraviglioso.

Hai calcato palchi importanti con nomi celebri del panorama musicale italiano – giusto per citarne qualcuno: Elio e le Storie Tese, Renato Zero, Negramaro, Nicolò Fabi, Max Gazzè – . In tutte queste esperienze ricordi un momento particolare in cui hai provato la sensazione di star facendo quello che era giusto per te, e che ti rendeva felice?

Sì, accade spesso. Sanremo è stato uno di quelli, Tenco è stato uno di quelli, Elio è stato uno di quelli e a oggi rimane la cosa più divertente che abbia mai fatto. In quel caso ero sul palco con altri musicisti con i quali non avevo una confidenza particolare, li conoscevo in maniera abbastanza superficiale. Però la musica è un linguaggio talmente preciso che ci ha uniti: abbiamo legato lì quindi è stato molto bello poter condividere quell’esperienza con artisti incredibili.

Un sogno nel cassetto che si deve ancora realizzare?

Scrivere la colonna sonora per una serie mi piacerebbe tanto. Se potessi, farei quello per una serie figa tipo Stranger Things. Ancora non è successo, speriamo che in futuro qualcuno mi prenda in considerazione.

Musicultura 2022 su Stereonotte

Aspettando di vedere i vincitori della XXXIII edizione del Festival sul palco dell’Arena Sferisterio di Macerata, Duccio Pasqua Stereonotte ci fa riascoltare i loro brani tornano su Rai Radio 1, la radio ufficiale di Musicultura.

La programmazione:

Notte tra giovedì 16 e venerdì 17
Y0 – TRAPsodia POPolare
Malvax – Esci col cane
Cassandra Raffaele – La mia anarchia ama te
Emit – Vino
Martina Vinci – cielo di Londra

Notte tra venerdì 17 e sabato 18
Yosh Whale – Inutile
Valeria Sturba – Antiamore
THEMORBELLI – Il giardino dei Finzi Contini
Isotta – Palla avvelenata

Aggiornamento sulla rosa dei vincitori – Nota ufficiale

Per sopravvenuti motivi personali, l’artista Y0, già designato tra gli otto vincitori della XXXIII edizione di Musicultura, sarà impossibilitato a esibirsi durante la fase conclusiva della manifestazione a Macerata. Musicultura ritiene comunque opportuno, e funzionale al concorso, rispettare la formula delle serate finali, che vede otto artisti vincitori chiamati ad esibirsi sul palco dello Sferisterio e pertanto, stante l’imprevisto occorso a Y0, chiamerà a partecipare a tale fase conclusiva, quale nono vincitore, la prima proposta artistica rimasta esclusa dalla rosa degli otto vincitori ad oggi selezionati, che in questo caso è quella dei Malvax.
Ai fini del concorso, pertanto – anche a parziale integrazione del Regolamento – i vincitori della XXXIII edizione di Musicultura saranno nove, e Y0 potrà regolarmente concorrere con gli altri otto vincitori all’assegnazione dei riconoscimenti previsti dal Regolamento non vincolati all’esibizione dal vivo durante le serate finali.

Angelo Branduardi ospite a Musicultura 2022

Angelo Branduardi sarà tra gli ospiti di Musicultura 2022, il suo nome si aggiunge al nutrito e variegato cast artistico della XXXIII edizione del Festival della canzone popolare e d’autore. Le serate finali della manifestazione, in media partnership con Rai, sono in programma allo Sferisterio di Macerata il 24 e il 25 giugno prossimi e saranno condotte da Enrico Ruggeri e Veronica Maya.

L’amato “menestrello” della musica italiana e internazionale si esibirà allo Sferisterio nella serata di apertura, venerdì 24 giugno insieme ai Litfiba, Ditonellapiaga, DakhaBrakha, Violons Barbares e agli otto artisti vincitori del concorso. I 2.400 spettatori dello Sferisterio potranno attivamente esprimere con il voto le proprie preferenze e decidere le quattro proposte in concorso che accederanno alla finalissima del sabato.

Angelo Branduardi si esibirà in duo col Maestro Fabio Valdemarin e torna a Musicultura dopo avere intersecato più volte in passato il suo straordinario percorso artistico con quello del Festival.

Nel pullulare dell’effimero che ci circonda si sente un gran bisogno di artisti dotati di visione e di anima, tra questi spicca il nome di Angelo Branduardi – ha detto il Direttore Artistico Ezio Nannipieri – Angelo non ha mai tradito la sua vocazione di acuto sperimentatore, aperto ad orizzonti internazionali, originale nell’ esplorare e fondere musiche di epoche diverse, sempre al servizio dell’arte e della poesia. Da troppo tempo Angelo mancava dal palco di Musicultura, siamo felici e gli siamo grati per avere risposto sì al nostro invito e per averlo fatto con la gentilezza che lo contraddistingue.

Le due serate finali del 24 e 25 giugno verranno trasmesse in diretta su Rai Radio 1 e andranno in onda nel prossimo mese di luglio su Rai 2, nel programma televisivo Musicultura Festival 2022 che verrà diffuso anche in ambito internazionale da Rai Italia.

 

 

 

Speciale Musicultura su Radio 1 Rai: il concerto degli 8 vincitori

RIASCOLTA LO SPECIAL SU RAI PLAY SOUND.

Appena investiti del titolo di vincitori di Musicultura 2022, Emit, Isotta, Cassandra Raffaele, Valeria Sturba, THEMORBELLI, Martina Vinci, Yosh Whale e Y0 hanno fatto il loro debutto live in una location davvero speciale: la storica Sala A di Via Asiago a Roma.

Per lo Speciale Musicultura condotto da John Vignola con Marcella Sullo e Duccio Pasqua sulle frequenze di Radio1 Rai, infatti, gli 8 si sono esibiti live sul palco che ha ospitato nomi come Mina e Frank Sinatra e dove sono andati in onda grandi successi radiofonici quali “Bandiera Gialla’, la “Corrida” di Corrado, ‘Gran Varietà’ e “Alto Gradimento”.

Tra una canzone vincitrice e l’altra, Filippo Graziani ha ricordato suo padre Ivan a 25 anni dalla scomparsa, John Vignola ha fatto due chiacchiere con il presidente dell’AFI Sergio Cerruti e Veronica Maya e Ilaria Pilar Patassini hanno dato appuntamento agli ascoltatori per le serate finali del Festival.

Ecco com’è andato l’esordio live degli  8 vincitori: