Le esibizioni degli otto vincitori di Musicultura 2019

I video delle esibizioni all’Arena Sferisterio di Macerata degli otto vincitori di Musicultura 2019.


Francesco Sbraccia – Tocca a me

Una canzone che coglie l’attimo intenso di uno stato d’animo, la dolcezza di un bisogno di centratura interiore che predispone all’armonia.


Lavinia Mancusi – Ninù

Esoterico ed evanescente nella strofa il brano si scatena nel ritornello, che assume un andamento gitano. Compatti e partecipati l’arrangiamento e l’esecuzione.


Enzo Savastano – Le mogli dei cantanti famosi

La prima notizia è che è nato un cantante neomelodico sui generis, che conosce e pratica l’arte dell’ironia; la seconda notizia è che viene a spiegarci cos’è che fanno le mogli dei cantanti famosi.


Gerardo Pozzi – Badabum

Una canzone suonata, composta ed interpretata scegliendo la via del minimalismo. Testo criptico-poetico, che muove emozioni profonde.


Luca Bocchetti – Furius

Un talking blues romanizzato, con una voce che sottolinea una scelta interpretativa disincantata e moderna, in cui la chitarra acustica la fa da padrona.


Paolantonio – Questa assurda storia

Una canzone felicemente bilanciata, con una strofa discorsiva ed un riff che spicca per l’ariosa apertura melodica, ben valorizzata dall’arrangiamento.


Francesco Lettieri – La mia nuova età

Intimismo emozionante, la canzone concepita come una autoanalisi vestita di poetiche immagini, dove bastano tre note di piano ben suonate per accendere la sensibilità di chi l’ascolta.


Lo Straniero – Quartiere Italiano

La cura del suono e della pulsazione ritmica sono il marchio di fabbrica di una band che in presa diretta racconta un quartiere multietnico in pillole di vita quotidiana.

INTERVISTA. Detto Mariano a La Controra di Musicultura, per raccontare “Una musica lunga una vita”

Compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra, pianista, paroliere e produttore: Detto Mariano è un artista a tutto tondo. A lui, il compito di analizzare il legame che si crea quando la musica incontra la parola, durante l’evento “una Musica lunga una Vita”, che si è svolto mercoledì 19 Giugno a La Controra di Musicultura.

Ha fatto rivivere, con i suoi racconti, le pietre miliari della canzone d’autore, come L’immensità, Mi ritorni in mente, Acqua azzurra, acqua chiara. Marchigiano d’origine, Detto Mariano ha cavalcato la scena musicale fin da piccolo. Durante il servizio militare ha conosciuto Adriano Celentano e da quell’incontro, l’ascesa della sua carriera, consacrata da una miriade di arrangiamenti e di brani per cantanti famosi e colonne sonore di film ancora oggi trasmessi dalle maggiori emittenti nazionali.

L’incontro con Adriano Celentano ha segnato una svolta decisiva nella sua carriera: su quali aspetti musicali vi siete trovati subito in sintonia? Cosa ha fatto scattare la “scintilla”?

Io e Adriano Celentano ci siamo incontrati durante il servizio di leva e, in quell’occasione, siamo diventati amici. Ci siamo conosciuti in maniera rocambolesca o, come si dice oggi, “alla Celentano”. Morale della favola: la casualità ci fece incontrare perché lui guidava la jeep del capitano che doveva portarmi dall’ospedale militare al campo estivo. Tra noi è nata un’amicizia, che invece non è scattata con il gruppo che mi aveva affidato, I Ribelli, perché erano di estrazione rock, mentre io venivo dal Conservatorio. Loro avrebbero voluto farmi suonare il pianoforte anche con i piedi, come faceva all’epoca Jerry Lee Lewis; io, invece, consideravo questo gesto come un andare contro la religione: baciavo il pianoforte, non ci avrei mai messo i piedi sopra! È per questo motivo che mi hanno allontanato. Un altro episodio rocambolesco è il mio essere diventato l’“Arrangiatore ufficiale del CLAN”, nonostante fossi stato allontanato dal Gruppo. Celentano, per la casa discografica di sua proprietà, aveva già realizzato tutte le basi con un famosissimo arrangiatore ma, suo fratello Alessandro, aveva fatto in modo di farmi rifare una di esse: il brano intitolato “Sei rimasta sola”. Adriano, dopo aver ascoltato la nuova base, mi chiese di rifare col mio stile anche tutte le altre che aveva già pagato. Fu questo il meccanismo che, rocambolescamente, ha consacrato il mio ingresso nel Clan.

L’immensità, Mi ritorni in mente, Acqua azzurra, acqua chiara: ha costruito e arrangiato le musiche che calzano perfettamente con il senso profondo dei testi. Ci racconta il processo creativo di questi brani?

Sì, non era solo la musica a guidare le mie scelte emotive ma lo erano anche i testi. Tu citi Mi ritorni in mente, Acqua azzurra, acqua chiara delle quali oltre alla melodia non si possono non apprezzare i geniali testi di Mogol, come anche quello de  L’immensità (di cui tra l’altro sono anche co-compositore). E’ proprio questo che ho sottolineato, sia nella mia “Commedia Musicale Autobiografica” che nel talk show de La Controra, ovvero come si arriva da un semplice provino cantato (da Battisti in quel caso) con il solo accompagnamento della chitarra, alla versione completa di musica, testo e arrangiamento.

Arrangiatore, paroliere, pianista, produttore discografico ed editore musicale. Se dovessi definirti con una sola parola, quale sceglieresti?

Detto Mariano! Mi sembra una parola che comprende tutto. L’hai detto tu: sono un compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra, pianista, paroliere, produttore ed editore musicale.

Hai composto colonne sonore per il cinema e per i cartoni animati. Come cambia l’approccio tra la realizzazione di questi prodotti culturali?

Sono stato fortunato anche nel comporre le musiche per i cartoni animati come ad es. GundamJudo Boy, i film Il Bisbetico Domato, Mia moglie è una strega, tra i tanti. Il mio sito è www.dettomariano.com, che mi piacerebbe andaste a visitare: molti conoscono i titoli di alcune pellicole, senza conoscerne l’autore. Quando in sala avevo 90 elementi d’orchestra per lavorare su un film, accettando le proposte di alcuni produttori che mi chiedevano di realizzare le musiche per i cartoni animati, mi ritagliavo gli ultimi 15 minuti per creare le sigle che poi sarebbero state ascoltate da quei bambini, oggi quarantenni che, proprio per quello, sentono la differenza tra i prodotti musicali di allora e quelli di oggi.

Se un artista di Musicultura gli chiedesse qual è il segreto della canzone popolare che resiste ai cambiamenti del mercato musicale, cosa risponderebbe?

Non lo so, forse per un fatto generazionale. Conosco poco della musica popolare attuale e, anche se lo cerco, non trovo qualcosa che mi colpisce in modo particolare. Non è colpa mia se ho avuto a che fare con gente come Battisti, Mina, Celentano, Albano, Mario Del Monaco. Però, per contro, la canzone vincitrice di Sanremo 2019 (il suo interprete compreso) mi piace moltissimo: ha un testo innovativo, intelligente, una musicalità arabeggiante, compresi i quarti di tono inseriti in modo elegante!

INTERVISTA. “D’Annunzio: una vera rock star!”: Giordano Bruno Guerri a La Controra di Musicultura 2019

Giovedì 20 Giugno l’autorevole e carismatico storico Giordano Bruno Guerri ha presentato il suo ultimo libro Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzionea La Controra di Musicultura, nel cortile di Palazzo Conventati. Accademico, Presidente e direttore generale della Fondazione Vittoriale degli Italiani, Guerri si è raccontato al pubblico, ripercorrendo i tratti salienti della sua vita professionale e privata: la famiglia, gli interessi, le prime esperienze tv e l’amore per Gabriele D’Annunzio.

Il suo ultimo lavoro tratta la celebre presa di Fiume del Vate, che per sedici mesi fu teatro di cospirazioni, feste, beffe, battaglie, amori, in un intreccio diplomatico e politico sospeso tra utopia e realtà. Cercando di valorizzarne gli aspetti innovativi e inediti, l’autore ha sottolineato come quell’impresa non fu solamente il gesto plateale di un poeta esteta, ma fu anzitutto la realizzazione politica di una «controsocietà» sperimentale.

In questi giorni gli studenti stanno svolgendo gli esami di maturità, senza una prova puramente storica: ritiene che lo studio della storia non sia adeguatamente valorizzato nella scuola come nella società di oggi?

È gravissimo che la storia non sia prevista negli esami, in quanto è la conoscenza del nostro passato e consente di capire il presente e progettare il futuro. Senza questo tipo di apprendimento, un popolo è mutilato e non potrà capire da dove viene la propria cultura.

Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzioneè una delle tante opere in cui racconta le gesta e la vita del poeta Vate della letteratura italiana. Come nasce l’interesse per Gabriele D’Annunzio?

L’interesse per D’Annunzio nacque mentre lavoravo alla tesi di laurea, ricercando il materiale di cui avevo bisogno negli archivi del Vittoriale. In quel periodo decisi di voler scrivere un libro, che pubblicai quindici anni dopo.

L’impresa di Fiume, da come spesso viene raccontata, sembra aver avuto più che un valore storico uno estetico, considerato come il gesto di un letterato al centro dell’opinione pubblica. Quei 500 giorni che cosa hanno significato per la storia italiana?

In realtà è una credenza che deriva da un errore storiografico e fu sicuramente un gesto nazionalistico logico. Si pensi, ad esempio, al clima post primo conflitto mondiale, quello che D’Annunzio chiamava Quarta Guerra d’Indipendenza. Da quel momento, prese il via una rivoluzione sociale, politica ed economica, come dimostra la Carta del Carnaro, la costituzione rivoluzionaria che il Vate diede a Fiume.

Per rimanere in tema, lei è Presidente della Fondazione Vittoriale degli Italiani, di cui è anche direttore generale. Quali sono gli aspetti del poeta che ha voluto valorizzare, per suscitare nuovo interesse nei confronti della sua figura?

D’Annunzio viene considerato un decadente, lussurioso, peccatore e protofascista. Ho cercato, con buoni risultati, di modificare questa sua rappresentazione. Fu in realtà un modernizzatore che trasformò la società italiana, fatta di una piccola borghesia ottocentesca, in una società più dinamica e aperta. Una cosa tengo a sottolineare: non fu mai fascista.

Sarà ospite di Musicultura: quale genere musicale ascolta? Se dovesse scegliere un brano più significativo della sua vita, quale potrebbe essere?

Ascolto musica rock e pop, in prevalenza quella degli anni ’60 e ’70: Frank Zappa, Beatles e Rolling Stones. Un mio brano preferito? Love in vaindei Rolling Stones.

INTERVISTA. “Musicultura, un festival meraviglioso”: il Quinteto Astor Piazzola a La Controra

Mercoledì 18 Giugno il tango argentino del Quinteto Astor Piazzolla è stato protagonista dell’appuntamento di musica live de La Controra, al Teatro Lauro Rossi di Macerata: composizioni di grande ricchezza melodica, ritmica e armonica, quella dei cinque artisti di Buenos Aires, che hanno riportato in auge gli arrangiamenti del celebre compositore Piazzolla, brani perlopiù inediti.

Il gruppo formato da Lautaro Greco, Sebastian Prusak, German Martinez, Sergio Rivas e Cristian Zarate, sotto la direzione del maestro Julian Vat, ha incantato il pubblico presente in sala e hanno confidato, alla redazione di Sciuscià, i successi del loro progetto artistico. In qualità di portavoce della band, Vat ha rilasciato un’intervista alla redazione di Sciuscià, poco prima della loro esibizione.

Com’è nato il Quinteto Astor Piazzolla?

[Julian Vat] Il Quinteto nasce diciannove anni fa per iniziativa di Laura Escalada Piazzola, per mantenere viva l’eredità di Astor Piazzolla con ilo suo stesso spirito, il suo tango e la sua musica. Fu lei stessa a convocarmi per un provino. Tra i prerequisiti,  oltre all’esperienza e a un certo tipo di professionalità, si richiedeva un amore speciale per l’arte del Maestro.

Com’è esibirvi, presentando a tutto il mondo la musica di Piazzolla?

Credo che Astor Piazzolla sia un artista universale, perché è riuscito a descrivere, con la musica, il suo paese. Portarlo in giro per il mondo è sempre un grande onore.

I genitori di Astor Piazzola avevano origini italiane: quale emozione provate nel riportare la sua musica in Italia e suonare nel nostro Paese?

Piazzolla è legato a questo Paese per tanti motivi: è la terra di origine dei suoi genitori e il posto in cui ha prodotto gran parte della sua musica, registrando molti pezzi del repertorio con musicisti italiani. Abbiamo avuto la fortuna di suonare in Italia in varie occasioni; abbiamo una grande responsabilità, in quanto Astor è molto conosciuto e apprezzato qui.

Siete stati acclamati dalla stampa internazionale come l’unico gruppo in grado di suonare la musica di Piazzola con una ricchezza melodica e ritmica senza precedenti. Come descrivereste la vostra performance?

Cerchiamo di diffondere con umiltà tutta la musica del Maestro, un autore molto fecondo; ha, al suo seguito, più di tremila opere, tra cui due sono le più famose, forse una quindicina quelle più conosciute. Noi abbiamo la fortuna e responsabilità, anche attraverso i nostri tre dischi, di far conoscere la restante parte della sua musica meravigliosa, perché merita di essere riproposta al pubblico. A Musicultura le opere più inedite di Piazzolla, affiancate dai grandi successi come Libertango.

Musicultura, in una sola parola?

Meraviglioso. Promuovere la canzone d’autore e i nuovi talenti come noi, che non ci riteniamo di certo consacrati.

Musicultura 2019: la seconda serata

  • Accedono alla finalissima di domenica Francesco Sbraccia, Francesco Lettieri, Lavinia Mancusi e Gerardo Pozzi.
  • Lo Straniero si aggiudica il premio “Musicultura in tour”.
  • Tra gli ospiti, Morgan, Sananda Maitreya, The Andrè, Beat Box e Philarmonic Orchestra, Andrea Purgatori.

L’esibizione dei vincitori

Dopo gli onori di casa fatti da Natasha Stefanenko ed Enrico Ruggeri, il primo vincitore ad inaugurare la seconda serata della trentesima edizione di Musicultura è Francesco Sbraccia con il brano Tocca a me.

Seguono Lavinia Mancusi con Ninù ed Enzo Savastano con Le mogli dei cantanti famosi ; quarto è Gerardo Pozzi con la sua Badabum.

Andrea Purgatori

La serata continua con il primo degli ospiti, il giornalista Andrea Purgatori, che  accompagnato dalle note di Changing of the guard intrattiene il pubblico dello Sferisterio di Macerata, regalando ai presenti  anche una preziosa riflessione sulla musica, che “vola sopra i muri ed i confini”.

Andrea Purgatori racconta nel suo monologo "Changing of the guard"
Andrea Purgatori racconta nel suo monologo “Changing of the guard”

Continua l’esibizione dei vincitori

Di nuovo spazio ai vincitori del concorso: è la volta di Luca Bocchetti con Furius, Paolantonio con Questa assurda storia, Francesco Lettieri con La mia nuova età e Lo Straniero con Quartiere italiano.

Morgan

Morgan è il secondo ospite della serata; delizia il pubblico con Per per sempre e Altrove. Presentato da Enrico Ruggeri come “uno degli ultimi avamposti della musica di qualità”, l’eclettico artista dona allo Sferisterio la propria definizione di cantautorato, rappresentato dall’incontro tra musica e poesia; conclude la sua performance con una bella sorpresa: l’esibizione – in duetto con Enrico Ruggeri –  di Non arrossire di Giorgio Gaber.

Morgan sale sul palco dello Sferisterio durante la seconda serata di Musicultura 2019
Morgan sale sul palco dello Sferisterio durante la seconda serata di Musicultura 2019

Sananda Maitreya

Dopo uno scambio di battute tra Natasha Stefanenko e il pubblico dello Sferisterio, il terzo ospite della serata, Sananda Maitreya, incanta gli spettatori con alcuni dei suoi brani più celebri: The birds are singing, Supermodel sandwich, This town, O divina e Sign your name.

Sananda Maitreya sul palco dello Sferisterio
Sananda Maitreya

The André

Con Rolls Royce, spetta poi a The André, il giovane artista fenomeno del web che reinterpreta con la voce di Faber i brani della musica trap, calcare il palco dell’Arena.

The Andrè canta Rolls Royce
The Andrè canta Rolls Royce

Va a Lo Straniero il Premio Musicultura in Tour. Motivazione? “Un progetto sonoro originale con tutte le carte in regola per stare sul palco e viverlo da protagonista”.

Lo straniero vince il premio Musicultura in tour
Lo straniero vince il premio Musicultura in tour

Beat Box + Philarmonic Orchestra

E’ il turno, infine, dei  Beat Box e della Philarmonic Orchestra e del loro tributo ai Beatles: tra i brani proposti Sgt Pepper’s, All you need is loveA day in the life, Hey Jude.

Chi accede alla finalissima

La serata si conclude con la proclamazione dei quattro artisti che domenica si contenderanno il premio di 20.000 euro messo in palio da UBI Banca:

  • Francesco Sbraccia
  • Francesco Lettieri
  • Lavinia Mancusi
  • Gerardo Pozzi

Chi sarà il vincitore assoluto della trentesima edizione di Musicultura?

I quattro vincitori di Musicultura 2019
I quattro vincitori di Musicultura 2019 che accedono alla serata finale

 


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Scopri il programma della finalissima di domenica 23 Giugno.

È iniziato Musicultura 2019: il resoconto della prima serata

  • Ruggeri e la Stefanenko incantano il Festival Musicultura 2019.
  • La PFM lo infiamma.
  • Tra gli ospiti il Quinteto Astor Piazzolla, i Coma Cose e Giordano Bruno Guerri.
  • A Luca Bocchetti il Premio per il miglior testo e a Francesco Lettieri il Premio AFI.
Musicultura 2019: Luca Bocchetti vince il premio "miglio testo" per la canzone Furius
Luca Bocchetti vince il premio “miglio testo” per la canzone Furius

 

“30° edizione di Musicultura, io c’ero nella prima edizione il 5 aprile del 1990, come ospite. Ora sono in veste di conduttore, ma non sarò da solo, con me c’è Natasha Stefanenko”. Così Enrico Ruggeri ha dato il via alla trentesima edizione di Musicultura. Il ‘nuovo padrone di casa’ ha cantato, emozionato e si è mosso con disinvoltura sul palco dello Sferisterio, accompagnato da una raggiante Natasha Stefanenko. Insieme hanno raccontato gli ingredienti del Festival della canzone popolare d’autore, diretto da Piero Cesanelli, proposto in diretta su Rai Radio1 attraverso le voci di Duccio Pasqua, Marcella Sullo e John Vignola e continuerà ad esser proposto da Rainews24 e la Tgr prima della messa in onda, a luglio, su Rai3.

Enrico Ruggeri, con la sua celebre canzone, scritta durante una vacanza a Marotta, ‘Il mare d’inverno‘ ha dato il via alla prima delle tre serate finali del Festival che vedranno l’elezione del vincitore assoluto tra gli otto finalisti selezionati su oltre 700 iscritti dal prestigioso Comitato di Garanzia del concorso, formato dal gotha della musica e della letteratura italiana.

Musicultura 2019 - Sul palco i vincitori della XXX edizione
Musicultura 2019 – Sul palco i vincitori della XXX edizione

Gli otto finalisti di Musicultura 2019

A sfidarsi a suon di note, nel suggestivo palcoscenico dell’Arena Sferisterio di Macerata per l’ambito titolo, sono stati i giovani artisti: Luca Bocchetti (Roma) con Furius; Francesco Lettieri (Giugliano, NA) con La mia nuova età; Lo Straniero (Asti) con Quartiere italiano; Lavinia Mancusi (Roma), con Ninù; Paolantonio (Catania) con Questa assurda storia; Gerardo Pozzi (VittorioVeneto, TV) con Badabum; Enzo Savastano (Benevento) con Le mogli dei cantanti famosi; Francesco Sbraccia (Teramo) con Tocca a me.

Intanto Luca Bocchetti, con Furius, si è aggiudicato il Premio per il miglior testo (2.000 €) assegnato in collaborazione con le Università di Macerata e Camerino e a Francesco Lettieri è andato il Premio AFI (3.000 €) consegnato dal Presidente Sergio Cerruti.

I quattro artisti più votati dal pubblico della prima serata – e che provvisoriamente entrano nella finalissima di domenica – sono: Francesco Sbraccia, Lavinia Mancusi, Gerardo Pozzie Francesco Lettieri.

Gli ospiti della prima serata di Musicultura 2019

Una grande serata di musica live che ha visto infiammare gli oltre 2.500 presenti nella storica location neoclassica dell’Arena Sferisterio, famosa nel mondo per la sua formidabile acustica, sulle note della leggendaria Premiata Forneria Marconi capitanata da Franz Di Cioccio, che ha aperto la sua esibizione con Il Regno e ha poi offerto un omaggio a Fabrizio De Andrè, primo firmatario insieme a Giorgio Caproni della edizione numero 1 del Festival Musicultura del 1990, con i brani Volta la carta e Il Pescatore accompagnati dai canti e dagli scroscianti applausi del pubblico. Hanno chiuso la loro memorabile performance nel trionfo dei presenti con Celebration seguita da Impressione di settembre.

A portare al Festival un tocco di grande classe internazionale il Quinteto Astor Piazzolla che ha fatto vibrare di passione i cuori dei presenti con la perfetta esecuzione degli indimenticabili capolavori del celebre Maestro Astor Piazzolla. Tra i pezzi eseguiti sul palco dagli attuali più grandi musicisti argentini, Lautaro Greco (bandoneón), Sebastian Prusak (violino), German Martìnez (chitarra), Sergio Rivas (contrabbaso) e Cristian Zarate (piano): Vayamos al diablo, Adios Nonino e Libertango.

Ospiti della prima serata anche i Coma Cose, uno tra i gruppi più freschi ed originali della scena musicale italiana di oggi, che si alimenta con il caos che circonda la società e lo racconta con testi moderni e spiazzanti. Il duo indie pop-rap italiano formato da Fausto Lama (Fausto Zanardelli) e California (Francesca Mesiano), nella loro performance applauditissima dai molti giovani presenti tra il pubblico, ha eseguito Post-Concerto e Mancarsi.

Spazio anche per Giordano Bruno Guerri: sulle note di Volare ha raccontato la storia di Domenico Modugno e della sua celebre canzone, il brano più eseguito dal 1958 ad oggi e più conosciuto nel mondo.

In platea anche Fabio Frizzi, fratello di Fabrizio al quale è andato un emozionante omaggio dello Sferisterio.

Seconda serata del festival: venerdì 21 giugno

Questa sera venerdì 21 i grandi live di Musicultura 2019 continuano, attesi sul bollente palcoscenico del Festival: Sananda Maitreya & The Sugar Plum Pharaohs, Morgan, The BeatBox con Roma Philarmonic Orchestra, Andrea Purgatori e The André.

INTERVISTA. “Qui a Musicultura ho trovato l’eredità di Fabrizio”: Fabio Frizzi a La Controra 2019

Mercoledì 19 Giugno Fabio Frizzi è tornato a Macerata, come ospite di Musicultura. Proprio lo scorso anno, l’artista è salito sul palco dello Sferisterio, per ricordare suo fratello Fabrizio con gli amici del festival. Chitarra alla mano, a La Controra, l’artista si è esibito in una rivisitazione dei più celebri brani del cinema italiano. Alla redazione di Sciuscià ha rilasciato questa toccante intervista in cui parla anche del rapporto con il fratello.

Con l’avvento del digitale e con la produzione sempre più cospicua delle serie tv, il cinema sta progressivamente perdendo la sua leadership. A tal proposito, come vedrebbe un suo eventuale passaggio definitivo dal grande al piccolo schermo?

Verso la fine anni ’90 ho avuto la fortuna incontrare il regista Vittorio Sindoni, che mi ha coinvolto per circa dieci di anni in una fiction, che io ho reinterpretato esattamente con lo stesso metodo che utilizzo lavorando per il cinema. Ogni puntata, l’ho considerata un film a sé stante. Anche se oggi si sta andando verso altre frontiere, io continuo a difendere il grande schermo, per la sua importanza.

Per anni ha lavorato al fianco del celebre regista Lucio Fulci. C’è, nel panorama cinematografico italiano contemporaneo, una figura che possa essere considerata l’erede spirituale del suo cinema?

Lucio ha lasciato la sua eredità lontano dalla sua terra. Anche se nel nostro Paese ci sono cineasti molto validi, questo è un Paese un po’ sterile nell’accettare o, più semplicemente, nell’ascoltare le esigenze e le idee dei giovani. Il cortometraggio ne è un esempio, tanto apprezzato all’estero quanto sottovalutato in Italia. Dunque il semino piantato da Lucio, col cinema di genere artigianale – tanto amato oggi – sta crescendo, ma di più all’estero.

L’arrangiamento di una colonna sonora avviene dopo un primo assetto di montaggio o la musica viene concepita prima, durante l’ideazione del film insieme al regista. Qual è il tipo di approccio più in voga, oggi?

Dipende molto dalle situazioni: ci sono delle volte in cui ti chiamano per lavorare, a film girato, e hai modo di vedere il montaggio. Se il regista fosse un sarto, la sceneggiatura sarebbe il cartamodello del film, un pezzo fondamentale dell’opera. Questo è l’aspetto più delicato: ogni volta hai un riferimento nuovo e anche una brillante idea può essere considerata non valida. Servono umiltà e voglia di lavorare, in una qualsiasi professione. Il mio è un mestiere difficile, ma dà grandi soddisfazioni.

Quale potrebbe essere la colonna sonora perfetta per Musicultura?

Un mio brano, che  potrei comporre in futuro. Mi piace molto com’è organizzato questo festival e lo spirito che si respira nell’aria, che permea completamente la città. Sarebbe bello scrivere un inno per i 30 anni di Musicultura. Senza dubbio, dovrebbe trattare il tema dell’amore.

Fabrizio, un amico fedele di Musicultura. C’è un momento o un aneddoto legato al festival, che suo fratello le ha raccontato?

Mi raccontò di essere venuto a Musicultura, il primo anno della sua conduzione, con un grande punto interrogativo in tasca. Eravamo già stati insieme allo Sferisterio un po’ di tempo prima, per uno spettacolo. Sin da subito mi ha parlato benissimo di questa realtà. Ha sempre vissuto il festival con grandissimo entusiasmo, quasi come se lo considerasse un regalo da conservare gelosamente. Durante la malattia, uno dei suoi rammarichi maggiori era proprio la paura di non riuscire ad arrivare alla settimana finale del concorso.  Qui a Macerata ho trovato l’eredità di Fabrizio: la gente mi ricorda lui, come anche la città, tra i pochi luoghi che mi fanno vivere bene la mancanza di mio fratello. Lui aveva la caratteristica di essere una persona buona, capace di farsi carico delle cose belle e dare importanza a tutto quello ciò che merita di avere risalto. Voi avete perso un grande amico, io un grande fratello. Ce lo ricordiamo sempre, lui è qui!

INTERVISTA. Franz Di Cioccio a Musicultura: “Vi racconto come abbiamo vissuto il Rinascimento della musica italiana”

A parlare della Premiata Forneria Marconi, pietra miliare della storia del Progressive Rock e leggenda internazionale fin dagli anni ’70, è Franz Di Cioccio, frontman e batterista della band, ospite de La Controra e della prima Serata Finale di Musicultura; mercoledì 19 Giugno, l’artista ha raccontato le tappe del Rinascimento della musica italiana e di quando nel ’74 registrò un disco live tra il verde e i grattaceli, nell’Hyde Park di New York. Poco prima dell’incontro con il pubblico al Palazzo Conventati, Di Cioccio ha rilasciato questa intervista alla redazione di Sciuscià.

Vi esibite senza sosta dagli anni ’70, siete reduci dall’intenso tour mondiale “Emotional Tattoos tour”, che ha fatto tappa in Giappone, in America, nel Regno Unito e nel nostro Paese. Come accoglie il pubblico internazionale la vostra musica?

Bene, abbiamo abituato il pubblico tanto tempo fa alla nostra musica. Difatti, abbiamo iniziato presto a suonare all’estero, pensando fosse troppo riduttivo esibirci solo nel nostro Paese, considerando che il confronto con altre persone ci avrebbe offerto ulteriori possibilità di crescita. Siamo incuriositi dalla continua ricerca di stimoli e suoni: è la chiave del mestiere di musicista. Mano a mano questa strategia si è consolidata, di pari passo al nostro confronto con più tipologie di ascoltatori. Il coronamento della scelta di suonare all’estero è stata la vincita, lo scorso anno, del titolo di Band Internazionale all’International Prog Awards, dopo un contest del Prog Magazine inglese, rivolto a lettori di tutto il mondo. Ci capita spesso di cantare in italiano, fuori dal nostro Paese. Infatti “Emotional Tattoos” è stato registrato nella doppia versione. Nonostante questo, nell’ultimo concerto londinese abbiamo cantato in lingua originale per la melodia, la dolcezza e la poesia di alcuni testi.

Una carriera al fianco di De André, la vostra. I brani di Faber appartengono anche a questa nostra società, cinica e disincantata. In che modo, oggi, è possibile raccontare quelle tematiche cantate da Fabrizio, che continuano a essere ancora attuali?

Il nostro incontro con De André è stato un evento eccezionale, nato da una mia intuizione. In America abbiamo constatato che i generi sono rispettati e non vengono discriminati, perché chi fa musica fa parte del tessuto sociale e culturale del Paese: nascevano infatti collaborazioni molto interessanti tra cantautori e band; basti pensare a Jackson Browne con gli Eagles o Bob Dylan con i The Band. Il pubblico italiano però non era abituato a questi incontri e a questi approcci alla musica. La PFM aveva già lavorato con Fabrizio per “La buona novella”; un giorno ci venne ad ascoltare a Nuoro e ci invitò a pranzo. Ne approfittai per fargli una proposta indecente, prendere coraggio e fare quello che nessuno in Italia aveva mai fatto. Inizialmente titubante, vista la sua natura ostinata e contraria, disse “Belin, è pericoloso!? allora lo faccio!”. Abbiamo messo a sua disposizione un patrimonio musicale. Tutto questo non ha segnato solo la storia della nostra discografia, ma anche il senso della musica in Italia, dimostrando che la condivisione artistica, nella nostra ricerca e sperimentazione, avrebbe dato un grande apporto alla diffusione della poetica dei suoi testi all’interno delle canzoni.

La fruizione e la produzione della musica subiscono continuamente evoluzioni. In che modo vi approcciate ai cambiamenti, sempre più frequenti, del mercato musicale?

Non credo nel mercato musicale, propenso soltanto alla vendita dei dischi, magari di quelli più orecchiabili. Confido però nel talento delle persone. Non esiste un genere che ti fa vendere con assoluta sicurezza; esiste la capacità dell’artista, che dà la giusta carica all’animo. A discapito dei fenomeni indotti, quelli spontanei sono più duraturi perché più liberi. Non c’è una regola per arrivare al “successo”, participio passato del verbo succedere. Prima bisogna produrre un bel disco; solo quando è successo, allora arriva il successo.

La vostra storia è segnata da tanta musica e innumerevoli collaborazioni. Qual è il prossimo progetto della PFM? 

Quest’anno abbiamo fatto la tournée “PFM canta De André Anniversary”, perché spesso le cose belle in Italia non vengono ricordate. Eppure, ci sono state 45 date sold out, 6 delle quali solo a Milano. Abbiamo suonato con rigore e con maestria, ma soprattutto con passione. Fabrizio è come un’autostrada: ti fa viaggiare dove vuoi, sapendo che sarà un viaggio lungo. Il prossimo progetto? Fare un disco diverso, quindi non sapere cosa riserverà il domani. Nel futuro c’è l’intrigo, che manca nella replica di una cosa che ha già il profumo di successo. Se scaviamo attraverso le emozioni, tra i ricordi e tra i viaggi, arriverà un’idea nuova: quello sarà il prossimo album!

Quale consiglio dareste agli otto vincitori di Musicultura, per vivere una carriera premiata e fortunata come la vostra?

Uno dei consigli più semplici: essere quello che si è e mai quello che si vuol sembrare. Per fare heavy metalnon basta comprare un chiodo e suonare la chitarra bassa; l’hanno già fatto. Bisogna raccontare ciò che ci fa gioire o soffrire. Non tutti i sogni vengono subito a galla; qualcuno diventerà realtà inaspettatamente.

INTERVISTA. A La Controra di Musicultura, Lidia Ravera racconta la letteratura dell’amore

Fervente femminista, rivoluzionaria e penna prestigiosa della letteratura italiana contemporanea, la scrittrice Lidia Ravera è approdata a La Controra, per raccontarsi attraverso un’emozionante lettera che ha scritto per la sorella, scomparsa 26 anni fa, con l’inedito format “Le parole che non ti ho detto”. Con una lettura a cuore aperto, la Ravera, continua a parlare, attraverso la forza della scrittura, con l’amata sorella, raccontando anche i passaggi fondamentali della sua vita: il rapporto con la religione, la maternità inaspettata, i progetti, di cui alcuni ancora in cantiere.

Dall’assessorato alla cultura e alle politiche giovanili alla finale del Premio Strega 2008 fino all’ultimo romanzo distopico “Gli Scaduti” (2018), emerge il ritratto di una donna istrionica e combattente che ha sempre tenuto alto il suo pensiero attraverso una sola unica arma: la scrittura.

In “L’Amore che dura” definisce la scrittura come ‘l’unica forma possibile di espressione dell’inesprimibile’. Quanto si rafforza un testo con la musica?

Moltissimo, perché la musica alza la temperatura emotiva, consentendo ad altre parti dell’essere umano di lievitare liberamente. Con la musica, quindi, non si è più solo testa, cervello e attenzione critica ma si riesce a toccare la sfera sublime dell’emozione, difficilmente raggiungibile con la sola scrittura.

La sua è una preziosa voce nel documentario di Paola Columbia “Femminismo”. Le battaglie per la conquista dei diritti non sono mancate, ma ancora oggi assistiamo a tragedie consumate dentro le mura domestiche. Qual è, secondo lei, l’espressione artistica che più, tra le altre, riesce a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione?

Ancora e sempre la letteratura, poiché rappresenta un esercizio di empatia: attraverso la scrittura, si cercano di capire le ragioni e ci si mette dal punto di vista degli altri, della vittima e del carnefice. Un buon libro consente di comprendere la meccanica alla base di queste tragedie. Io ho una fiducia sconfinata nella letteratura proprio perché passa attraverso un esercizio dell’attenzione culturale, intellettuale ma anche spirituale. Ho scritto un monologo che si chiama “A me non era mai piaciuto”, e ho usato questo strumento per cercare di capire le ragioni profonde degli atteggiamenti dei protagonisti, e di conseguenza degli uomini. Una delle funzioni chiave della letteratura è mantenere viva la compassione, un lavoro che noi scrittori e scrittrici ci dobbiamo accollare.

La scrittura è per lei una protagonista indispensabile per restare al mondo. Nel caso di “Sorelle”, mette in scena un suo testo molto intimo. Com’è stato ritrovarsi nel ruolo di spettatrice della propria stessa vita?

Lavoro con il materiale della mia vita come qualsiasi scrittore fa da sempre. In particolar modo ho scritto due racconti autobiografici: il primo è “Sorelle”, che ho deciso di scrivere dopo la sua scomparsa. Dovevo guardare in faccia a questo dolore immenso e distanziarlo; è stata una scelta obbligata. In un dialogo mai interrotto tra me e lei, il libro però rintocca qualcosa che è comune a tutti, cioè la nostra vulnerabilità, la nostra fragilità e quanto l’amare qualcuno ci espone al dolore, sia che si ami un uomo, un figlio, una sorella o un padre. Soltanto chi non ama nessuno non soffre, ma è un prezzo alto però da pagare, una vita senza amore è miserabile. Il secondo scritto autobiografico nasce, invece, su commissione, quando sono imprevedibilmente rimasta incinta senza averlo deciso. All’epoca venivo considerata una femminista di quelle cattive, senza nessun desiderio femminile e distante dall’idea di maternità. “Stampa Sera” mi chiese un articolo su questa scelta di diventare madre. Riportai un buon elaborato, piacque molto, tanto che un dirigente della Bompiani mi chiese di farne un libro e io scrissi “Bambino mio”. È un inno alla maternità, che ancora adesso fa qualche vittima. Non è più in circolazione ma lo fotocopio e lo regalo a qualche giovane coppia di amici che solitamente, entro l’anno, rimane incinta.

In “Sorelle”, in cosa lo spettatore si sente più emozionato? Nel ripercorrere la scrittura o nello spettacolo teatrale?

Non lo so. Da “Sorelle” è stato tratto uno spettacolo teatrale nel 2006 con Lina Sastri e Patrizia Zappa Mulas. É una lettera alla sorella quella che leggo oggi, quì a Macerata. Rintocca qualcosa che è comune a tutti, cioè la nostra vulnerabilità, la nostra fragilità e quanto l’amare qualcuno ci espone al dolore, sia un uomo, un figlio, una sorella, un padre. Soltanto chi non ama nessuno non soffre. È un prezzo alto però una vita senza amore è miserabile. Io racconto questo rapporto unico tra sorelle, diverso dall’amicizia perché si è come due rami dello stesso albero. Si può divergere ma la radice è comune. Io sciaguratamente avevo un rapporto talmente bello con mia sorella, morta quando ha compiuto 46 anni, che continuo a parlarle. È un dialogo, mai interrotto, proprio grazie la scrittura.

Ne “Gli scaduti” racconta di una società che allontana tutti coloro che hanno raggiunto il 60esimo anno d’età, per permettere ai giovani di realizzarsi. Secondo lei, oggi, manca lo spirito d’iniziativa dei giovani oppure la società odierna non è ancora pronta ad un cambio generazionale?

Nessuna delle due cose. Per l’universo de “Gli scaduti” ho trovato ispirazione dalla mia irritazione per una parola usata da Matteo Renzi, “rottamazione”, riferita agli esseri umani. Questo ha messo in moto il desiderio di raccontare questa società in cui un cretino tra i 30 e i 40 anni prende il potere e ne costituisce una nuova in cui il ricambio generazionale è forzato. Io penso che ciascuno debba fare la sua parte, non si può non tener conto del fatto che la vita si è allungata di 30 anni; arriviamo alla terza età in condizioni fisiche spesso smaglianti ed intellettuali (siamo l’ultima generazione formata sui libri e non su Wikipedia, il che ci offre qualche vantaggio). Perché, allora, rottamare una generazione così stimolante? Troviamo spazio per tutti. Dai giovani mi aspetto che rovescino il tavolo a spallate, tocca loro fare la rivoluzione. Io, da anziana attiva, mi occupo di riforme. Vorrei che voi vi occupaste di rivoluzioni.

Qual è, secondo lei, il punto di forza di un festival come Musicultura, che continua a mantenere vivo lo spirito della canzone d’autore e esalta l’esibizione dal vivo?

Ha il grandissimo merito, che condivide con molti festival, di esaltare la dimensione dal vivo. Esci di casa e consumi cultura, emozioni, musica, parole, insieme agli altri. Non è come illuminare lo schermo e sentire musica da Spotify, vi è una differente modalità di consumo che, se venisse meno, a me mancherebbe molto. Quando ero in età universitaria organizzavo concerti pop, e, con i circoli del proletariato giovanile, il salto delle transenne per quei giovani che non potevano permettersi il biglietto, perché ho sempre sostenuto che la musica era di tutti. Un passato di cui ovviamente sono fiera. Negli anni ’70 ho co-diretto con Giaime Pintor una rivista musicale, Muzak: recensivamo, tra i tanti, artisti come Frank Zappa. Questo festival ha l’enorme vantaggio di unire la musica alle parole, che si completano e andrebbero sempre deliberate insieme.

Il programma della prima serata di Musicultura 2019: PFM, il Quinteto Astor Piazzolla, Coma Cose e Giordano Bruno Guerri

Si apre domani giovedì 20 giugno il sipario sulle serate finali di Musicultura, condotte da Enrico Ruggeri e Natasha Stefanenko, con tanti ospiti internazionali e l’attesa sfida finale tra gli otto vincitori finalisti del Festival 2019.

Il programma prevede le esibizioni di:

  • PFM – Premiata Forneria Marconi
  • il Quinteto Astor Piazzolla
  • Coma Cose
  • Giordano Bruno Bruno Guerri

E degli 8 vincitori del concorso:

  • Luca Bocchetti
  • Francesco Lettieri
  • Lo Straniero
  • Lavinia Mancusi
  • Paolantonio
  • Gerardo Pozzi
  • Enzo Savastano
  • Francesco Sbraccia

Tutte le serate finali saranno trasmesse in diretta radio su Rai Radio 1 e in diretta Facebook sulla pagina ufficiale di Musicultura.

Informazioni e biglietti per assistere alle serate finali alla pagina dedicata su questo sito.