Mirkoeilcane dalla vittoria a Musicultura al Festival di Sanremo

Dallo Sferisterio all’Ariston , da Macerata a Sanremo.

Mirko Mancini, in arte Mirkoeilcane, a pochi mesi dalla vittoria a Musicultura 2017 trionfa nella serata televisiva Rai “Sarà Sanremo” entrando così di diritto, con la sua nuova canzone Stiamo tutti bene, nella rosa delle otto nuove proposte in gara alla prossima edizione del Festival di Sanremo.

A giugno il cantautore romano con il brano Per fortuna aveva trionfato sul palco dello Sferisterio in diretta televisiva in prima serata su Rai 1, aggiudicandosi il primo premio del concorso del valore di 20.000 euro.

Una premiazione portafortuna quella della scorsa estate sul palco maceratese, dove Mirkoeilcane ha ricevuto il primo premio della XXVIII edizione di Musicultura direttamente dalle mani di Simone Cristicchi, altro cantautore romano, per il quale proprio con la vittoria al Festival della canzone popolare e d’autore nel 2005 è cominciata un’intensa carriera di successi, fra cui quello indimenticabile sul palco dell’Ariston dove, a due anni dalla vittoria maceratese, conquistò pubblico e critica con Ti regalerò una rosa.


L’esibizione dal vivo di Mirkoeilcane all’Arena Sferisterio durante la finale di Musicultura 2017

Record d’iscrizioni a Musicultura 2018: oltre 800 artisti

Nuovo record d’iscrizioni per Musicultura 2018, il Festival della canzone popolare e d’autore, che ha registrato oltre 800 artisti iscritti alla XXIX edizione del concorso.  La notizia arriva proprio nei giorni in cui a Musicultura  si applaude l’approvazione alla Camera  della nuova Legge sullo spettacolo dal vivo promossa dal Ministro Dario Franceschini.

“È una legge che occorrerà valutare complessivamente al termine del “secondo tempo”, ovvero del completamento dei decreti attuativi che ne determineranno gli effetti concreti sul campo – ha commentato il vicepresidente di Musicultura Ezio Nannipieri – ma è indubbio che siamo davanti ad un avvenimento importante. Con questa legge l’Italia rimedia ad un ritardo storico e culturale: per la prima volta dopo tante promesse e rinvii, c’è un quadro legislativo di riferimento che si occupa in modo organico di un settore complesso come quello dello spettacolo dal vivo. In particolare abbiamo apprezzato che il Ministro Franceschini, in un tweet, abbia voluto rimarcare come la nuova legge contenga finalmente il riconoscimento da parte della Repubblica Italiana del “valore delle espressioni artistiche della canzone popolare e d’autore”.

Ci è piaciuta anche la simbolica foto di Fabrizio De André che il Ministro ha scelto per accompagnare il suo messaggio – ha aggiunto il direttore artistico Piero Cesanelli.- De André, primo firmatario nel 1990 del progetto Musicultura, sanno tutti che non amava il protagonismo, ma in questo caso credo che sarebbe stato contento di vedersi associato ad una notizia così connessa al grado di civiltà di una nazione.”

Le sincere felicitazioni di Musicultura per la nuova legge vanno anche all’Onorevole Roberto Rampi, relatore della legge, e all’Onorevole Irene Manzi, membro della Commissione Cultura della Camera. “Abbiamo avuto modo di apprezzarli – ha aggiunto Ezio Nannipieri – nel corso del lungo e capillare lavoro preparatorio di ascolto che, in vista della stesura del testo definitivo della legge, hanno condotto raggiungendo e incontrando sul campo gli operatori del settore”.

La nuova legge è una buona notizia anche per gli oltre 800 artisti,  tutti autori dei brani che interpretano, che da ogni angolo d’Italia si sono iscritti  alla nuova edizione di Musicultura, il festival che in ventinove anni di storia è stato capace di influenzare il corso della musica italiana, divenendone un punto di riferimento. Una conferma in più, se ce ne fosse stato bisogno, della vitalità dei cantautori italiani e della loro voglia di raccontare i tempi che cambiano. Con questi numeri Musicultura mantiene il suo primato di concorso musicale italiano con il numero più alto di partecipanti.

Aperte le iscrizioni alla XXIX edizione del concorso

Sono aperte le iscrizioni a Musicultura 2018

A distanza di poco più di due mesi dalla finalissima dell’edizione 2017, seguita da oltre 2 milioni di persone in diretta televisiva su Rai 1 e radiofonica su Radio1 Rai, Musicultura vara la XXIX edizione del concorso.

Dal 1° settembre al 6 novembre 2017 chiunque abbia qualcosa di autentico e creativo da dire in forma di canzone può partecipare Musicultura 2018, il concorso che scopre, premia e promuove la nuova musica italiana di qualità.

In 29 anni di attività sono state ascoltate più di 34.000 canzoni per gli oltre 17.000 artisti che si sono iscritti al premio; tutti hanno ricevuto una risposta con una scheda di valutazione; fra questi i più meritevoli sono stati di volta in volta sottoposti all’ascolto e al giudizio di un Comitato Artistico di Garanzia con il quale Musicultura, anno dopo anno, ha messo assieme il gotha della canzone, della letteratura e della poesia italiana. I primi due firmatari del Comitato Artistico di Musicultura sono stati, nel 1990, Giorgio Caproni e Fabrizio De André. Fanno parte del Comitato Artistico di Garanzia che ascolterà e valuterà le canzoni finaliste dell’edizione 2018: Enzo Avitabile, Claudio Baglioni, Paolo Benvegnù, Brunori Sas, Luca Carboni, Alessandro Carrera, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Teresa De Sio, Niccolò Fabi, Giorgia, Alessandro Mannarino, Dacia Maraini, Mariella Nava, Gino Paoli,  Ron, Vasco Rossi, Enrico Ruggeri, Paola Turci, Roberto Vecchioni, Antonello Venditti, Sandro Veronesi, Federico Zampaglione.

Al vincitore assoluto, decretato dal pubblico nell’ambito delle serate finali del concorso nella splendida cornice dell’Arena Sferisterio di Macerata, andranno i 20.000 euro del premio UBI – Banca. Fra gli altri premi assegnati, il Premio NuovoImaie del valore di 15.000 euro (da utilizzare per la realizzazione di una tournée), il Premio della Critica del valore di 3.000 euro e quello per la Miglior Musica, per il Miglior Testo e per la Miglior Interpretazione del valore di 2.000 euro ciascuno.

Il bando per partecipare scade il prossimo 6 novembre 2017.

Tutte le informazioni sono disponibili su www.musicultura.it, allo 071.7574320 e via posta elettronica scrivendo a musicultura@musicultura.it

 

Concerto Fabrizio Moro a Lunaria 2017: info accessi e parcheggi

INFO PARCHEGGI ED INGRESSI PIAZZA LEOPARDI

L’ingresso al concerto di Fabrizio Moro in programma giovedì 13 luglio in Piazza Leopardi a Recanati è gratuito Per motivi di sicurezza tuttavia la piazza sarà agibile per un numero complessivo di 4.000 persone.
Agli ingressi saranno consegnati pertanto distribuiti dei tagliandi conta persone. Esauriti i 4.000 tagliandi a disposizione, gli accessi verranno chiusi.

DOVE PARCHEGGIARE
Parcheggio Lorenzo Lotto: 60 posti circa
Parcheggio Coal (Via Offagna): 200 posti circa
Viale Monte Conero (in ingresso da Macerata): 120 posti circa (solo giovedì 13,19,27 luglio e 3 Agosto dalle ore 20:00 alle ore 01:00)
Piazzale Jan Palach: 30 posti circa
Parcheggi a pagamento: S.I.S. Segnaletica Industriale Stradale S.r.l.
Via Passero Solitario: 23 posti (strisce Blu) zona verde 0,50 € ora
Via Porta Cerasa: 19 posti (strisce Blu) zona blu 1,20 € ora
Via Cesare Battisti: 128 posti (strisce Blu) zona rossa 0.70 € ora, e zona blu 1,20 € ora, dalle ore 20,00 alle ore 24,00 in Viale Battisti i parcheggi fronte il palazzo Comunale vengano riservati alle persone diversamente abili;
V.le Matteotti: 46 posti (strisce Blu) zona verde 0,50 €ora
Via Campo Sportivo: 11 posti (strisce Blu) zona rossa 0.70 € ora
Centro Città 2.0: 309 posti (tariffa oraria 1,20€ all’ora)
Per info: 3316371806
I parcheggi in Zona blu sono a pagamento fino alle ore 24
I parcheggi in zona Zona rossa e verde fino alle ore 20,00

Lunaria accende i riflettori su Piazza Leopardi a Recanati

Il programma:

13  luglio  FABRIZIO MORO con Bianca Guaccero

19 luglio   JACK SAVORETTI

27 luglio   THE STARS FROM COMMITMENTS con John Vignola

3 agosto   ARISA

Recanati, Piazza Leopardi (21.30) – Ingresso libero (eccetto data del 19 luglio)

Si accendono i riflettori sull’edizione 2017 di Lunaria, la rassegna estiva ideata e curata da Musicultura in collaborazione con il Comune di Recanati, al via la prossima settimana in Piazza Giacomo Leopardi a Recanati.

Nata nel 1996,  Lunaria si è rapidamente imposta come una delle rassegne italiane più originali e seguite dal pubblico.

Le affollate notti sotto le stelle dell’estate recanatese da più di vent’anni uniscono al fascino indiscutibile della location la peculiare formula di spettacolo che vuole insieme, sullo stesso palco e molto spesso per la prima volta, esponenti del mondo della canzone insieme ad attori, poeti, giornalisti, scrittori, registi: curiosi e inediti incontri tra artisti della canzone e acrobati della parola, chiamati a condividere per una sera lo stesso palco e a confrontare i rispettivi codici espressivi, sull’onda dell’emozione e del divertimento.

L’attrice Bianca Guaccero e il giornalista di Radio1 Rai John Vignola si aggiungono al ricco e variegato cartellone già annunciato nei mesi scorsi, ma vediamo nel dettaglio l’intero programma.

Giovedì 13 luglio Fabrizio Moro inaugurerà l’edizione 2017 di Lunaria, dopo i vivi riscontri di critica e di pubblico all’ultimo Sanremo, dopo la calda accoglienza del nuovo album “Pace” – col  singolo “Portami via” già certificato oro – Moro si esibirà sul palcoscenico di Lunaria accompagnato da Bianca Guaccero, talentuosa attrice e conduttrice con una già rigogliosa carriera teatrale e televisiva. A farli incontrare per la prima volta è stata, la scorsa primavera, una canzone –E’ più forte l’amore-, scritta da Moro, cantata a due voci e finita nel nuovo e fortunato album di inediti del cantautore romano. Il palcoscenico recanatese sarà l’occasione per sentirli cantare insieme dal vivo. Non mancheranno anche inframezzi recitati dall’attrice pugliese che andranno ad arricchire l’attesissimo concerto dell’autore di Portami via.

Mercoledì 19 luglio Jack Savoretti sarà l’ospite internazionale di Lunaria 2017. Astro nascente del folk-rock britannico definito a più riprese sulla stampa di mezza Europa il nuovo Bob Dylan Savoretti sarà l’assoluto protagonista della serata, accompagnato dalla band e dalla sua inseparabile chitarra acustica. La serata in compagnia del cantautore britannico è l’unica data a pagamento di Lunaria e i biglietti sono ancora disponibili al botteghino del Teatro Persiani e su ticketone.com.

Giovedì 27 luglio è il giorno dei The Stars from the Commitments. Dal grande schermo del cinema al suggestivo palcoscenico recanatese, la celebre band irlandese protagonista del leggendario film musicale The Commitments, candidato a due premi Oscar e diventato un vero e proprio cult, omaggerà il pubblico di Lunaria con i grandi successi della musica soul miscelati ad una carica adrenalinica senza eguali. A condividere con la band il palcoscenico di Lunaria sarà il giornalista e conduttore radiofonico John Vignola, voce di Radio Rai e critico musicale, che, sulle onde di Radio 1, racconta quotidianamente, all’interno della sua Radio1 Music Club, curiosità, storie, anniversari e personaggi che girano intorno al mondo della canzone.

Giovedì 3 agosto   Arisa con il suo talento cristallino e la sua voce indiscutibile chiuderà il cartellone di Lunaria. La poliedricità di una delle interpreti più brave della nuova canzone italiana unita alla volontà di Musicultura di arricchire ulteriormente il piatto, lasciano già intendere che anche per questo ultimo appuntamento non mancheranno delle piacevoli sorprese.

 

Crediti e ringraziamenti: l’ideazione e la direzione artistica di Lunaria sono di Musicultura. La rassegna ha il sostegno del Comune di Recanati. Tra gli sponsor: Banca del Credito Cooperativo di Recanati e Colmurano, Astea Energia

INTERVISTA – La Controra di Musicultura ospita Alessio Bertallot: le opportunità della “radio 2.0”

Cosa è cambiato dal punto di vista di chi lavora nel sistema mediatico, ossia di chi sta “nel mezzo”, nel modo di fruire la musica? L’incontro de La Controra del 20 giugno, “Ascoltare musica oggi: nuove frontiere tecnologiche”, ha visto come protagonista Alessio Bertallot, DJ famoso per il suo programma “B-Side”, per i suoi contributi a Rai 5, ma soprattutto per essere uno sperimentatore nell’ambito della radiofonia, tanto da riuscire a cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie a chi fa della divulgazione musicale il suo mestiere.

Sono ormai 4 anni che il tuo “Casa Bertallot”, programma radiofonico in streaming, è ospitato dalla piattaforma web-radio Spreaker. Che bilancio puoi fare di quest’esperienza? Che riscontro hai avuto da parte del pubblico?

Vedo Spreaker, come molti altri servizi radiofonici in streaming, come uno strumento neutro, ed è quello che, secondo me, gli dà un valore aggiunto. La web-radio, in generale, funziona molto bene in determinate situazioni mentre per altri contesti non è adatta. Per me ha funzionato, anche se per motivi che non sono esattamente quelli canonici: è stato un modo molto efficace per promuovere le mie idee e per mantenermi attivo come divulgatore della musica in un territorio totalmente indipendente. C’è da dire che in Italia non esiste ancora, in questo ambito, un modello di business generalmente applicato: i grandi investitori continuano a finanziare quasi esclusivamente i media tradizionali. In aggiunta, gli utenti non pagano perché non si capisce come e quanto sarebbe giusto farli pagare. È un mondo ancora in formazione, per certi aspetti.

Nelle tue trasmissioni radiofoniche (hai condotto per molti anni “B-Side” su radio DeeJay), televisive e online hai sempre cercato di portare alla ribalta generi musicali di nicchia. Come funziona la tua ricerca delle novità musicali? Ti servi dei nuovi servizi di musica digitali per scoprire nuovi artisti?

In realtà, per scovare nuova musica, uso ogni mezzo a disposizione. Devo cercare dappertutto perché c’è sempre qualcosa che sfugge agli schemi. Quando ho iniziato a lavorare a radio DeeJay, era forse più semplice indirizzare gli sforzi in un’unica direzione, che poi era quella di, sostanzialmente, andare nei luoghi dove la musica veniva prodotta e prelevare direttamente i dischi da chi li faceva. Adesso è cambiato tutto: bisogna tenere sotto controllo un’enorme quantità di materiale, per cui, se è vero che non hai da affrontare un viaggio per recarti in loco, devi districarti tra un sacco di “fuffa” inutile, ossia devi ascoltare molta musica che non vale assolutamente niente, che viene prodotta con estrema facilità ma che con altrettanta facilità svanisce. Se prima ero un DJ, un disc jockey, ora sono un selctor, faccio da filtro. In passato ero colui che andava all’estero e fisicamente portava la musica in Italia, parlando di dischi esteri, oppure andavo in giro per l’Italia in cerca di musicisti – tra l’altro, da Musicultura, spesso ho pescato. Adesso scelgo da tutto quello che è a disposizione.

Il ruolo del DJ sembra, sempre di più, che venga sostituito dagli algoritmi di Spotify e dai “video suggeriti” di YouTube. Quanto è vera quest’affermazione? I nuovi media aiutano anche i “non esperti” a trovare musica da ascoltare fuori dalle logiche mainstream?

Gli algoritmi sono dei DJ virtuali che producono contenuti correlati, in alcuni casi anche molto azzeccati, ma che però hanno un limite: quello di non avere una visione culturale della musica. Esistono dei sistemi che cercano di tenere conto di questa visione culturale, ma è comunque un atteggiamento, una funzionalità parziale e riduttiva: può accontentare solamente gli ascoltatori che “si accontentano”. Chi vuole approfondire, chi cerca un approccio culturale alla musica andrà sempre a cercare “l’elemento umanistico”, che tendenzialmente non viene riprodotto da questi sistemi. Chi non ha particolari esigenze dal punto di vista dell’approfondimento musicale, si accontenta dei contenuti correlati di You Tube, delle tracce in streaming di qualsiasi piattaforma, di musica di qualità scadente e persino di video caricati in rete con crediti sbagliati. Se si abbandona questa esplorazione della musica estremamente superficiale, si entra in un territorio dove bisogna intervenire esattamente come si interviene in qualsiasi ambito culturale: con una consapevolezza d’approccio. Ci devi mettere tu del tuo, della fatica tua per far sì che quella cosa valga di più di quello che vale per gli altri. Senza fatica, non si ottiene nessun risultato importante.

Dal 2015 sei il direttore artistico della piattaforma di streaming musicale Tim Music. Cosa significa gestire una piattaforma di musica on demand? È possibile (e auspicabile) un’integrazione tra i vecchi media (in questo caso la radio) e i nuovi media digitali?

Innanzitutto, per correttezza, ti dico che non sono più il direttore artistico di Tim Music: l’ho abbandonata per un nuovo progetto che sta per nascere, che presumibilmente sarà operativo da luglio e che sarà anch’esso una piattaforma di musica in streaming. La cosa fondamentale da capire quando di occupi della direzione artistica di un servizio di questo genere è che ti rivolgi ad un pubblico estremamente eterogeneo: ci sono sia gli appassionati della musica che piace a te, sia chi ha gusti completamente differenti dai tuoi, ma di cui bisogna comunque tener conto. Non faccio il mio programma radiofonico personale, cerco di fornire un servizio musicale per tutti, che tenga conto della musica a 360 gradi. Per riuscire in questo scopo, bisogna curare molto le modalità di ascolto piuttosto che la musica che viene ascoltata. Per questo ho escogitato un’ibridazione che incorporasse alle funzionalità della piattaforma gli elementi umanistici della divulgazione musicale: ho inserito contributi di esperti all’interno dell’applicazione, interviste ai musicisti, interventi vocali, playlist curate, segnalate agli utenti per l’importanza che hanno attraverso elementi che ricordano quelli di un programma radiofonico. Ho inserito l’elemento “voce” in una piattaforma in streaming e voce significa anche testo. Aver avuto l’esperienza di Tim Music e quindi aver capito che questo tipo di editoriale ha avuto un effetto estremamente promuovente della musica, mi fa pensare che quella sia la forma giusta: abbiamo raddoppiato, quasi triplicato gli ascolti della piattaforma. Ho dedotto che le persone abbiano un sincero bisogno di musica e di approfondimento, più di quanto normalmente si pensi. Forse bisogna solamente trovare un modo caldo di fargliela arrivare.

INTERVISTA – La ciurma di Capitan Capitone approda a La Controra di Musicultura

La prima serata de La Controra parte alla grande, con il concerto di Capitan Capitone e la sua ciurma. Poco più di un anno fa Daniele Sepe ha deciso di intraprendere un nuovo viaggio musicale affiancato da musicisti che, sempre di più, si stanno affermando sulla scena newpolitana. Il collettivo di artisti, con il tempo, non solo ha avuto consensi da parte del pubblico, ma si è sempre di più arricchito di nuovi compagni: ad oggi, infatti, sono 69 i giovani talenti che fanno parte del progetto.

Dopo aver collezionato live in tutta Italia, la ciurma napoletana approda a Macerata per inaugurare il primo degli eventi live in Piazza Cesare Battisti. Daniele Sepe e i suoi musicisti – solo per citarne alcuni, Claudio Gnut, Sara Sossia Sgueglia, Roberto Colella de La Maschera, Andrea Tartaglia -, con la tipica ironia che contraddistingue l’animo partenopeo, hanno presentato alcuni dei brani sia del loro primo album, “Capitan Capitone e i fratelli della costa”, che del secondo, “Capitan Capitone e i parenti della sposa”.

Daniele, Sara e Roberto hanno concesso, poco dopo aver terminato il soundcheck, un’intervista alla nostra redazione.

Daniele, fai parte della storia della musica napoletana, eppure hai deciso di intraprendere un viaggio con molti artisti che si stanno affermando ora, sempre più, sulla nuova scena artistica. Cosa ti ha attirato del loro modo di vivere e concepire la musica? Cosa, con loro, hai in comune e cosa vorresti avere?

Essendo giovani, hanno amiche giovani (ride, n.d.r.). Parlando seriamente, oltre al rapporto musicale, non essendo più io tanto giovane, sono per me fondamentali per affrontare le nuove dinamiche sociali che stanno investendo il mondo della musica. I Rolling Stones e Miles Davis credo siano i due esempi che più sono riusciti nell’adattamento ai nuovi cambiamenti che la società ha posto loro dinanzi; ora un dato di fatto è che i Rolling Stones a ottant’anni ancora suonano insieme e riescono a stare al passo coi tempi. Per quanto riguarda Miles Davis, invece, avendo sempre avuto fidanzate giovani è riuscito a tenersi sempre sul pezzo (ride, ndr). Ovviamente sto scherzando! Tra me e i il resto della ciurma è semplicemente successo che ci siamo più volte incontrati nei vari locali di Napoli; ad un certo punto ho proposto ai miei compagni di viaggio di imbarcarci in questo nuovo progetto: così è nato Capitan Capitone.

Oltre al concept piratesco, che dà struttura al vostro progetto, è la napoletanità l’altro elemento unificante. Come nasce l’idea del viaggio musicale insieme alla fortunata ciurma?

Roberto: La napoletanità è stata la conseguenza espressiva delle nostre origini comuni e, in questo senso, ci ha spinto ad esportare le nostre radici culturali verso altri orizzonti.

Daniele: l’idea del progetto è quella di sprovincializzare la questione musicale napoletana.

Prima “Capitan Capitone e i Fratelli della costa” ed ora “Capitan Capitone e i Parenti della sposa”, entrambi finanziati grazie all’attività di crowfunding: insomma, sembra che tra voi e il vostro pubblico sia veramente “ammore o’ vero”. Giusto?

Daniele: Soprattutto nella città di Napoli abbiamo riscontrato una forte risposta positiva da parte del pubblico. Abbiamo notato inoltre una forte presenza di bambini ai nostri concerti, forse dovuta al fatto che il concept di base piratesco. Il grande calore da parte di chi viene ad ascoltarci ci ha dato la spinta per proseguire in questa avventura. Ci piace che il pubblico che ci segue sia un calderone. La nostra ciurma è formata da musicisti di varia estrazione; proprio per questo i brani sia del primo, che del secondo album presentano diverse convergenze stilistiche che accontentano il vasto parterre di ascoltatori.

Il bar di Peppe è stato un luogo importante per voi: un punto di ritrovo per alcuni napoletani, come quelli che, tra uno Spritz ed un altro, parlano di rivoluzione. Com’è nato il brano Spritz e rivoluzione? E poi, com’è una serata da Peppe in compagnia della ciurma?

Sara: Una sera Daniele e Flo Cangiano ebbero l’idea di comporre Spritz e rivoluzione, così mi chiesero di arrangiare questo pezzo.

Daniele: In realtà quasi tutte le nostre canzoni nascono in sala; non c’è nulla di pre-arrangiato. Ognuno di noi contribuisce con una rima, una parola e una frase. L’idea di Spritz e Rivoluzione nasce dal fatto che, mentre negli anni ‘70 la generazione di giovani fu consumata dall’uso dell’eroina, al giorno d’oggi identifichiamo nell’alcol il ruolo di agente soporifero. In ogni caso l’obiettivo del nostro progetto è quello di descrivere la realtà sociale per quello che palesemente è, senza trarne conclusioni etiche o morali.

Il bar di Peppe in Piazza Bellini è solo uno dei tanti luoghi presenti nei vostri album, in cui sono evidenziati alcuni tra i mille colori di Napoli. A quale posto della tua terra sei più legato e dove ti trovi più a tuo agio?

Daniele: Senza alcun dubbio il mare, che è il luogo prescelto per articolare le varie storie del Capitan Capitone.

Nel vostro progetto Napoli si apre al mondo, ma non per essere contaminata da altre culture, ma per far conoscere la propria: è questo che traspare, ironicamente, in Sushi e friarielli, ad esempio. Tra le tante cose, qual è aspetto più invidiabile della cultura napoletana?

Daniele: Siamo affascinati da tutto ciò che non è napoletano e siamo molto recettivi rispetto ciò che non conosciamo. Il brano Sushi e Friarelli evidenzia le differenze culturali che in realtà non esistono, ma alle quali viene attribuito comunque un peso enorme. Lo scontro di classe è in tutto il mondo e si ripresenta, in modo simile, nelle varie aree geografiche della terra.

INTERVISTA – “La musica e l’ironia ci salveranno la vita”: Giangilberto Monti a La Controra

Chansonnier, amante del mondo teatrale e scrittore: Giangilberto Monti arriva a Macerata, in occasione de La Controra di Musicultura. Lui, autore di molte canzoni per artisti del calibro di Anna Oxa, Ricky Gianco e Mia Martini, ha lavorato anche per tanto tempo con Dario Fo e Franca Rame. Da questa collaborazione è poi nato il suo libro “E sempre allegri bisogna stare”, di cui ne ha parlato domenica 25 giugno, al Cortile del Palazzo Municipale.

Vi raccontiamo, di seguito, com’è andato l’incontro tra lo scrittore e la nostra redazione, da cui ne è scaturita un’intervista.

In “Romanzo Musicale di Fine Millennio” racconta con ironia sia la progressiva sparizione del vinile, sia il mondo culturale nella Milano degli anni ’70. I tempi sono cambiati: in che modo? Eppure molti artisti scelgono ancora di pubblicare album in vinile.

I tempi si sono trasformati perché il mondo discografico non è più quello di di una volta e perché non esiste più il disco. Prima il panorama musicale aveva un carattere industriale, mentre adesso è diventato un po’ come l’artigianato; questo da una parte è un bene, poiché permette a molti giovani esordienti di tentare la carriera artistica, dall’altra è un disastro per il mondo che ruota intorno a questo ambiente, intriso di difficoltà a livello lavorativo, che tendono a moltiplicarsi.

Com’è stato lavorare con Dario Fo? Ci può raccontare di un momento che ha condiviso con il Maestro?

Lavorare con Fo è stato utilissimo, perché allora mischiavo la recitazione alla musica; ho imparato, anche grazie a lui, un’arte. Il mio primo provino l’ho fatto a casa sua: lui era a due metri da me, seduto sul divano; mi diceva: “Dai, canta, visto che fai il cantante”. Non sapevo cosa fare, tanto che mi ha cacciato via subito (ride, n.d.r.). Alcuni mesi dopo mi sono ripresentato per un altro provino e mi ha preso a lavorare con lui. È stato un po’ come aver fatto l’università del teatro con Dario e Franca, che mi hanno insegnato tante cose.

C’è una canzone di Dario Fo a cui è più legato?

Agli inizi degli anni ’80 Dario mi concesse l’opportunità di suonare una canzone inedita, La Fine della Festa, incisa nell’album “Opinioni da clown”; la impararai, ma riuscii a registrarla solo 30 anni dopo, perché prima non avevo attirato l’attenzione di nessun discografico.

Ha ripreso alcuni brani incisi da Petrolini; che ruolo assume la canzone in una commedia teatrale?

E’ importante sapere che quando si fa riferimento al cabaret e al rapporto tra comicità e musica, si deve pensare che queste due espressioni non sono mai state divise. Ai primi del ‘900, un artista comico maneggiava in modo paritetico la canzone e la battuta, così come il racconto comico. Questa dinamica, in Italia, ha funzionato fino agli anni ’60: con la nascita della televisione e gli spettacoli dei cabarettisti, che sono diventati dei monologanti, si è perso l’aspetto musicale, ma la commedia è stata sempre vicina alla musica. Basti ricordare che la canzone d’autore e il cabaret nacquero insieme nel 1881 allo Chat noir di Parigi.

Lei è tra i tanti artisti che hanno fatto della musica una piazza di ironia e satira. Pensa che la canzone dei nostri giorni abbia abbandonato la via della protesta mascherata?

In realtà penso che ancora oggi ci siano delle sacche di resistenza umana. Porto ad esempio due fatti: il vincitore del Festival di Sanremo di questa edizione mi ha divertito molto, perché ha cantato una storia reale. Francesco Gabbani mi sembra vero, non un artista costruito a tavolino. Per quel che mi riguarda, ho inciso una canzone inedita, Matrimoni e Funerali, che comparirà in un album realizzato dai Powerillusi, che stanno lavorando ad un progetto discografico di raccolta di 30 anni di musica demenziale. La musica e l’ironia ci salvaranno la vita.

INTERVISTA – “Volevo fare la rockstar, ma poi sono diventato poeta”: Guido Catalano a Musicultura

La missione di Guido Catalano è sicuramente ambiziosa, quanto interessante: vuole rendere il mondo della poesia alla portata di tutti. La sua viene chiamata “poesia performativa”, l’unione, cioè, tra versi liberi e spettacolo. Guido Catalano, con i reading nei diversi locali italiani e attraverso i suoi profili social, dove vanta un certo seguito, è riuscito a farsi conoscere anche dal pubblico generalista. Il suo ultimo romanzo è uscito quest’anno e s’intitola “Ogni volta che mi baci muore un nazista”; è raccolta di poesie che lo ha portato anche qui, nel cuore delle Marche.

Guido Catalano si è esibito per il pubblico de La Controra, domenica 25 giugno, in Piazza Cesare Battisti, in attesa di salire, poi, sul palco dello Sferisterio per la finalissima di Musicultura 2017. Quanto segue è quello che emerso dalla chiacchierata tra il poeta e la redazione di Sciuscià.

Il tuo successo è nato attraverso i social network, i reading in giro per vari locali italiani e anche grazie ai poetry slam. Cosa ne pensi di quest’ultimo tipo di evento che sta emergendo in Italia?

Amo il poetry slam. Ho iniziato ad occuparmene circa quindici anni fa, organizzandone diversi a Torino e a Milano. Trovo che sia un ottimo modo per i giovani e per tutte le persone che hanno iniziato da poco per farsi largo soprattutto nel mondo della cosiddetta “poesia performativa”. Tra l’altro, grazie al poetry slam ho avuto la possibilità di conoscere dei miei colleghi, con i quali continuo tuttora sono amico; la poetry slam ha, come suo punto a favore, il fatto che risenta forte di una componente sociale.

Tra i temi più trattati all’interno delle tue poesie spicca l’amore, che spesso però si ritrova in meccanismi d’incomunicabilità. Come possiamo curare questo morbo tipico della società odierna? Sono davvero cambiate le relazioni amorose oggi?

Sicuramente le relazioni di oggi sono molto diverse da quelle di ieri, soprattutto grazie alla tecnologia, che ha i suoi effetti positivi e quelli negativi: possiamo comunicare in modi e in tempi che prima erano impensabili, ma allo stesso tempo abbiamo l’occasione di rimanere sempre in contatto, ma con il rischio di vederci sempre meno di persona. Io sono favorevole all’utilizzo dei social, ad esempio, all’interno delle dinamiche amorose, come il corteggiamento, ma sempre nell’ottica dell’incontro. Il miglior modo per superare questa incomunicabilità è proprio il vedersi fisicamente, secondo me.

Oltre ad avere molto seguito, hai anche ricevuto diverse critiche. In che modo reagisci ai commenti negativi? Ti hanno mai fatto pensare di smettere di scrivere?

Al contrario, mi danno energia. Esistono, secondo me, due tipi di commenti negativi: da una parte c’è la critica costruttiva, che va accettata perché serve a migliorarsi, mentre dall’altra, soprattutto nel mondo dei social, c’è l’insulto dei cosiddetti haters. Io ne ho abbastanza di questi, ne sono consapevole, ma spesso li accolgo con ironia. Sono arrivato a pensare che se non ricevi dei commenti negativi dal pubblico, significa che sei conosciuto solamente da famigliari, amici e conoscenti, che continueranno a dirti che sei bravissimo, sempre e comunque. Quando inizi ad uscire da questa cerchia, in mare aperto, le cose cambiano. Inoltre io faccio una cosa insolita: prendo la poesia e la rendo spettacolo, usando un registro comico o ironico. Non è un’arte per tutti.

Tra i molti commenti nel tuo blog per Il Fatto Quotidiano, un utente ha scritto: “Guido Catalano parla di noi con noi”. Questa frase potrebbe sintetizzare il fine delle tue poesie?

Direi proprio di sì e posso dirti che mi sento anche fortunato per questo motivo. Secondo me, per chi scrive è fondamentale riuscire ad identificare il proprio pubblico con le storie che racconta. Io poi parlo sempre di storie personali, che mi riguardano in prima persona; sapere di esser riuscito a far identificare i lettori nel senso dei miei racconti, per me è un ottimo traguardo.

Musicultura è il Festival della canzone popolare: che rapporto hai con la musica d’autore? Ti supporta nella scrittura delle tue poesie?

La musica è fondamentale per me. Io volevo fare la rockstar, non il poeta. Anzi, le mie prime poesie erano inizialmente testi di canzoni, che poi sono cambiati con il passare del tempo. Ho sempre collaborato con i musicisti e strumentisti. Ad esempio, il mio primo reading, che ho fatto diciassette anni fa, era accompagnato da un’esibizione di musica live. Trovo che la canzone d’autore sia poi una fonte d’ispirazione preziosa: i testi di brani italiani sono sempre stati degli ottimi spunti per le mie composizioni, come ad esempio Margherita di Riccardo Cocciante.

INTERVISTA – A La Controra di Musicultura, “L’amore non finisce mai” con Dacia Maraini

In occasione dell’evento “L’amore non finisce mai”, tenutosi a Palazzo Conventati sabato 24 giugno, Dacia Maraini ha ricordato Giorgio Caproni – tra i primi firmatari del Comitato Artistico di Musicultura -, citandolo nell’esordio della sua “Grande Festa”, con tre versi del poeta scelti come esergo di quello che viene considerato uno dei lavori più intimi della scrittrice: “Quando non sarò più in nessun dove / e in nessun quando, dove / sarò, e in che quando?”. La Maraini, protagonista dell’ultimo appuntamento de La Controra, ha consegnato al pubblico di Musicultura la bellezza dei suoi racconti, accompagnata dalla musica di Jacqueline Maria Ferry e di Eugenio Murrali. Una penna che ha tracciato le grandi questioni del ‘900 e che, ancora oggi, non si tira indietro davanti alle problematiche della quotidianità.

L’attualità, i viaggi, le posizioni degli intellettuali, le amicizie, il rapporto con le persone amate, con quelle perdute e il suo ruolo all’interno del Comitato Artistico del Festival: sono questi alcuni dei temi trattati dalla scrittrice nell’intervista rilasciata alla nostra redazione Sciuscià.

Attraverso la sua penna è passato il Novecento. Cosa ne pensa del momento storico nel quale stiamo vivendo? 

È un periodo di grande confusione e di nebbia. Non è facile capire cosa stia succedendo; tirano venti di guerra. Questo mi preoccupa perché io la guerra l’ho assaggiata, so di cosa si tratta e non vorrei ricordarne un’altra.

I viaggi sono stati una costante nella sua vita; numerosi quelli in Africa in compagnia di Alberto Moravia e Pierpaolo Pasolini. Quali ricordi conserva con sè? Com’è l’Africa che ha lasciato?

L’Africa degli anni ’70 era tutta un’altra cosa: povera ma più libera e più autonoma. Io credo che questo fanatismo religioso abbia trasformato il continente africano e, per questo, molta gente scappa, fugge dal terrorismo e anche dal fanatismo religioso, così come, naturalmente, dalla fame che, però era già presente al tempo dei miei viaggi.

Il 23 ottobre 1967, in una celebre quanto discussa intervista video per la RAI, Pierpaolo Pasolini incontrò il poeta americano Ezra Pound, si scusò con lui e “riabilitò” la sua figura. Con questo esempio vorrei chiederle se secondo lei, in Italia, coloro che sono socialmente riconosciuti come “intellettuali” facciano in qualche modo fatica ad accettare il “diverso”…

Dipende cosa si intende per “diverso”, che generalmente bisogna sempre rispettare. Ezra Pound è un’altra cosa: un grande poeta. Io ero con Pasolini e Sciascià, in Sicilia, nella giuria del Premio Zafferana e, in questa occasione, abbiamo premiato lo stesso Pound che venne, accetto il riconoscimento e rimase con noi. Di lui si accettava la sua vena poetica, nonostante le sue posizioni prese durante il fascismo. Ad un grande scrittore come poteva essere anche Céline, che fece dell’antisemitismo piuttosto duro, uno non accetta le sue posizioni ma accetta la sua poesia e la sua scrittura.

Appena un mese fa, su “Il Venerdì” de “La Repubblica” Bernardo Bertolucci ha ricordato un momento condiviso con lei. Ponza, 1967. Il regista venne a trovare lei e Alberto Moravia all’hotel Chiaia di Luna e nello stesso giorno avete cenato tutti insieme. C’era anche Michelangelo Antonioni. La storia del cinema e della letteratura intorno ad un tavolo. Che ricordo ha di quella serata?

Noi ci vedevamo spessissimo anche in altri luoghi, non era una cosa così eccezionale. Era una compagnia quotidiana e quindi per me questa occasione non fu un evento particolare. Allora gli intellettuali, gli scrittori, gli artisti si vedevano molto di più: una comunità con progetti in comune. Tutte cose che oggi non si vedono più.

Nel 2011 viene pubblicato il suo libro “La grande festa”. Un titolo quasi ossimorico rispetto al contenuto: un saluto a tutte quelle persone amate e perdute. Che rapporto ha con l’idea della morte e con coloro che non ci sono più? 

Un buon rapporto con la morte e con i morti è avere un buon rapporto con la memoria. Essi non sono i “mostri” che il cinema internazionale ci propone e guai a considerarli tali.

Lei fa parte e impreziosisce il Comitato Artistico di Garanzia di Musicultura. Com’è avvenuto l’incontro con il Festival marchigiano?

Concia! Concia, che è una donna straordinaria, si faceva in quattro per questo Festival e, ad un certo punto, mi ha chiesto di aiutarla a “giudicare” questi giovani. Una cosa che ho accettato di buon grado perché credo che bisogna dare ascolto ai giovani che ne hanno bisogno.

Rimando sempre in merito al tuo ruolo all’interno del Festival. Cosa la colpisce a primo impatto e a quale aspetto da più risalto, quando ascolta il CD dei sedici finalisti del concorso?

Ascolto le parole, ma soprattutto la musica. Non voglio vestire solo il ruolo di letterata poiché credo che le parole in una canzone siano importanti ma non sono tutto.