INTERVISTA. “Giovani artisti, non cercate opinioni, ma risposte”: Sananda Maitreya a Musicultura 2019

Dopo l’incredibile performance della sera prima sul palco dell’arena Sferisterio, venerdì 21 Giugno, il multiplatino artista Sananda Maitreya ha raccontato i suoi 30 anni di Post Millenium Rock newyorkese al pubblico de La Controra, dimostrando la saggezza e l’auto consapevolezza di chi la musica l’ha vissuta in tutte le sue possibili sfumature.

Più di musicista, molto di più: ha esordito in un paio di film e, più recentemente, ha anche partecipato alle riprese di una serie televisiva. Com’è stato vestire i panni dell’attore? Qual è il suo rapporto con l’industria cinematografica?

L’approccio con la macchina da presa è stata un’esperienza magnifica; mi ritengo, ancora oggi, molto fortunato ad avere collaborato a un progetto simile. Faccio un mestiere invidiabile.Tuttavia, essere stato a contatto con il cinema mi ha dato tempo e modo di capire il perché stessi puntando tutto sulla musica. La recitazione è stata una bella opportunità, che non mi ha distolto dallo scopo della mia vita, ossia la musica, la mia vocazione.

Icona leggendaria del soul e del R’ n ‘B. Quali sono, nel panorama musicale internazionale e non, gli artisti che l’hanno accompagnata e influenzata nel corso della sua carriera?

A livello internazionale, sicuramente prediligo i Beatles e i Rolling Stones; anche Jimi Hendrix, James Brown, il magnifico Prince e gli Slayer and The Family Stone hanno avuto un ruolo fondamentale nella mia formazione artistica. Per quanto riguarda l’Italia, sono invece appassionato di musica classica: Verdi, Puccini e Rossini.

Anni fa lasciò una major per un’etichetta indipendente, la Tree House Publishing. Da cosa, in particolare, derivò la scelta di autoprodursi?

Ho sentito il bisogno di apportare un cambiamento nella mia vita. È come quando cresci e decidi di lasciare la casa dei tuoi per vivere da solo. Avevo tutto ciò di cui sentivo il bisogno, ma al tempo stesso ho capito che era arrivato il momento di intraprendere una nuova strada: uscire dalla comfort-zone è vitale per un artista, per rinnovarsi e trovare sempre nuove strade.

La musica, in passato, veniva spesso reputata un’attività femminile e, nonostante ciò, le donne venivano comunque escluse dalle attività concertistiche e sinfoniche. Erano gli uomini a dominare la scena. Quanto sessismo c’è, ancora oggi, nell’industria musicale contemporanea?  

Anche se in misura nettamente minore rispetto ai secoli scorsi, c’è ancora oggi del sessismo nel mondo della musica. Ogni generazione ha le sue croci e i lasciti di quella precedente. Tuttavia, se posso esprimere un parere prettamente personale a riguardo, ritengo che negli ultimi anni la voce femminile, nell’ambiente artistico, stia diventando ormai un valore aggiunto.

Da artista di fama internazionale c’è qualche consiglio che si sentirebbe di regalare agli otto vincitori di Musicultura?

Molto semplice: non aspettate il consiglio di nessuno. Fate ciò che vi sentite di fare e basta, senza chiedere il permesso a nessuno. Quello che dicono gli altri non ha e non deve avere importanza quando sapete chi siete. Non cercate opinioni, cercate risposte.

INTERVISTA. Carlotta Natoli a La Controra di Musicultura 2019: “Fare l’attrice è un fatto di poesia.”

Sabato 22 Giungo è terminato lo splendido viaggio de La Controra di Musicultura, una settimana di incontri in musica, poesia, letteratura, con l’appuntamento di cui è stata protagonista Carlotta Natoli, figlia del piccolo e grande schermo.

L’attrice, a soli 8 anni si ritrova nel cast di Con…fusione, di cui il “papà artigiano” – come lei lo definisce – è regista. Volto riconoscibile in molte serie tv, solo per citarne alcune Distretto di Polizia, Gli insoliti ignoti, Braccialetti Rossi, I misteri di Laura, è anche stata a contatto con il mondo dell’insegnamento. Infatti seguendo le orme materne, dal 1997 al 1998 insegna recitazione alla Giuseppe Ferlito di Firenze. La Natoli, con puntuale e leggera ironia, si racconta alla redazione di Sciuscià.

Ha esordito molto giovane. Lei ha scelto la recitazione o viceversa?

È l’arte che mi ha scelta. Ho iniziato comparendo per la primissima volta a 6 anni nel film “Armonica bocca”, proseguendo con un’altra apparizione in “Pugni in tasca”, fino ad arrivare a ricoprire un ruolo più importante a 8 anni. Son partita, praticamente, dal mondo di mio padre; lavorando, mi sono resa conto di quanto mi piacesse e quanto fosse facile per me interpretare dei personaggi. Ho una grande passione per la recitazione, però non nego che mi ha sempre interessato anche l’insegnamento, mestiere di mia madre.

Una vita tra fiction e cinema. Cosa vuole raccontarci del suo amore per la recitazione?

Il grande amore rimane sempre il cinema, anche se dalla tv ho imparato molto. Nonostante la mia preoccupazione, di essere in qualche modo risucchiata dalle dinamiche televisive, ho sempre avuto un piano B, quello del cinema. Ad oggi posso ritenermi fortunata di essere stata scelta dalla televisione, che consente di avere più tempo per studiare il personaggio da interpretare. Ovviamente è un ragionamento fatto di contraddittorietà, dove ai vantaggi si affiancano sempre gli svantaggi. Per essere un bravo attore, devi saperti muovere in quelle che sono le tre radici di questo scenario: tv, cinema e teatro.

Se dovesse interpretare un grande della musica italiana, chi sceglierebbe? E perché?

Se fossi una donna mi piacerebbe essere Fiorella Mannoia; se fossi un uomo, Lucio Dalla. Sono due grandi artisti che, anche se per aspetti differenti, hanno segnato la mia vita.

Ha presentato le tante sfaccettature femminili interpretando donne forti e diverse tra loro: ci sono delle persone della sua vita da cui ha tratto ispirazione?

Assolutamente sì. Alcuni volti ben conosciuti, altri intravisti. L’attore ha sempre un repertorio a cui attingere, per prendere spunti e coglierne aspetti particolari.

Se Musicultura fosse un film, quale sarebbe il protagonista principale?

Sicuramente Al Pacino, che è in grado di interpretare tutti i generi, partendo dal classico, al repertorio shakespeariano, fino al contemporaneo; si è sempre messo in gioco e continua a farlo, grazie anche ad uno studio continuo del mestiere. Inevitabile è il collegamento con Musicultura: l’attore dovrebbe sempre avere un approccio musicale alle cose.

La XXX edizione di Musicultura in onda su Rai3 e RaiPlay

conducono

ENRICO RUGGERI e NATASHA STEFANENKO 

tra gli ospiti

PFM, DANIELE SILVESTRI, ANGÉLIQUE KIDJO, MORGAN, SANANDA MAITREYA & THE SUGAR PLUM PHARAOHS,THE BEATBOX & ROMA PHILARMONIC ORCHESTRA, RANCORE

 e con i giovani artisti super finalisti del concorso

FRANCESCO LETTIERI, LAVINIA MANCUSI, GERARDO POZZI, FRANCESCO SBRACCIA

 Approdano il 27 luglio su Rai 3 in seconda serata i protagonisti e le emozioni della XXX edizione di Musicultura, il festival che ha a cuore la dimensione artistica della canzone popolare. Dirige le danze un conduttore sui generis, un cantautore doc, con il suo carico di competenza ed ironia: Enrico Ruggeri. Al suo fianco la vitalità di Natasha Stefanenko. Nella cornice dell’Arena Sferisterio di Macerata tanti gli ospiti in programma, tutti portatori di testimonianza artistiche vissute, non confezionate: PFM, Daniele Silvestri, Angélique Kidjo, Morgan, Sananda Maitreya & The Sugar Plum Pharaohs, Rancore, The BeatBox e la Roma Philarmonic Orchestra. E poi le incursioni musicali dello stesso Ruggeri. In scena anche i quattro super finalisti del prestigioso concorso che dal 1990 registra l’evoluzione stilistica e favorisce il ricambio generazionale della canzone di qualità italiana: Francesco Lettieri, Lavinia Mancusi, Gerardo Pozzi e Francesco Sbraccia. Accedono alla finalissima al termine di una selezione partita da 738 proposte iniziali, che ha trovato in Rai Radio 1 una sponda radiofonica e che ha coinvolto l’illustre Comitato Artistico di Garanzia di Musicultura, primi firmatari del quale furono Fabrizio De André e Giorgio Caproni. Il voto del pubblico decide l’assegnazione dei 20.000 euro del primo premio assoluto.

Musicultura 2019 è stato selezionato inoltre da Rai Italia per la programmazione internazionale sul Canale 1 (Americhe, 27 luglio), sul Canale 2 (Australia  Asia, 28 luglio) e sul Canale 3 (Africa, 27 luglio).

Al via Lunaria 2019

Lunaria 2019 dà appuntamento al suo meraviglioso pubblico con un’edizione speciale, in programma a Recanati, nello scenario di Piazza Leopardi, il 31 luglio e l’8 agosto prossimi. In scena La Compagnia di Musicultura (31 luglio), con lo spettacolo “Viaggiar cantando – canzoni e canzonette” ed una vera star della musica internazionale Noa (8 agosto). Entrambi gli spettacoli saranno ad ingresso libero.

Ideata dall’Associazione Musicultura, sostenuta dal Comune di Recanati e con la collaborazione di Amat, Lunaria caratterizza da oltre venti anni le estati della cittadina leopardiana. La rassegna si è conquistata nel tempo la fiducia del pubblico con scelte artistiche che la distinguono dai consueti circuiti dei concerti estivi. Dopo dieci anni di serate memorabili condivise con l’amministrazione Fiordomo, l’oggettiva ristrettezza dei tempi di programmazione imposta dalle recenti elezioni poteva effettivamente mettere a rischio l’edizione 2019, che invece ci sarà.

“Il nuovo Sindaco Antonio Bravi e l’assessore alle Culture Rita Soccio ci hanno convocato a ridosso del loro recente insediamento per comunicarci la volontà di assicurare nei prossimi anni ulteriore slancio alla formula della rassegna; in merito abbiamo idee precise ed originali, nei prossimi mesi le fisseremo in un progetto culturale e spettacolare definitivo, tagliato su misura su una città come Recanati, che è giusto sia in ogni mossa all’altezza della sua peculiare identità” racconta il vicepresidente di Musicultura Ezio Nannipieri. “Contestualmente – aggiunge il direttore artistico Piero Cesanelli – ci è stato chiesto di fare il possibile, nonostante i ridottissimi tempi organizzativi, per non privare l’imminente estate 2019 delle notti magiche di Lunaria. Pensiamo di esserci riusciti e che il pubblico di Lunaria non rimarrà deluso, il cartellone condensa in due appuntamenti speciali il DNA della rassegna”.

La Compagnia


La Compagnia e la straripante energia che l’amato ed acclamato Ensemble tutto made in Marche profonde nei live accenderanno Piazza Leopardi mercoledì 31 luglio, a distanza di quattro anni dall’ultima partecipazione del gruppo alla rassegna.  In scena uno spettacolo mai rappresentato prima a Recanati: “Viaggiar cantando, canzoni e canzonette”, ideato e diretto da Piero Cesanelli e scritto insieme a Carlo Latini. Lo show racconta – in bilico tra racconto, suggestioni video ed emozionanti canzoni, come ad esempio “Torpedo blu”, “Nuvolari”, “Topolino amaranto” – i mille modi in cui l’evoluzione dei mezzi di trasporto ha scolpito negli ultimi cento anni l’immaginario della società in cui viviamo. Sul palco Adriano Taborro (chitarre violino mandolino), Paolo Galassi (basso e mandolino) Andrea Casta (voce, chitarra, armonica), Riccardo Andrenacci (batteria), Chopas (voce e chitarra), Marumba, (tastiere) Alessandra Tamburrini (piano), Roberto Picchio (fisa), Bobby Bottegoni (sax), Tony Felicioli (sax), Alessandra Rogante, Elisa Ridolfi, Valentina Guardabassi, Francesco Caprari (voci), Giulia Poeta e Maurizio Marchegiani (narratori), Andrea Pompei (contributi video).

Noa


Lunaria 2019 conferma anche la vocazione della città di Recanati ad essere sempre più punto di approdo di grandi artisti internazionali. Dopo le leggende di Solomon Burke, Joan Baez, Graham Nash questa volta è NOA a rispondere sì all’invito di Musicultura e ad eleggere giovedì 8 agosto Lunaria e Piazza Leopardi a location di una delle sue poche apparizioni italiane dell’estate. Siamo al cospetto di una delle voci internazionali più emozionanti, un’artista unica capace di cambiare ed evolversi in ogni progetto, mantenendo sempre il suo tratto distintivo elegante e raffinato. Cresciuta artisticamente sotto la guida di maestri come Pat Metheny e Quincy Jones, Noa ha collaborato con artisti del calibro di Stewie Wonder e Sting. Cresciuta tra Yemen, Israele e Stati Uniti, Achinoam Nini in arte Noa, è cantautrice, poeta, compositrice, percussionista, madre di tre bambini e convinta ed importante sostenitrice, nel suo Paese e nel mondo, delle ragioni del dialogo e della pace. Insieme al suo storico collaboratore musicale Gil Dor, ha pubblicato 15 album – l’ultimo dei quali “Letters To Bach” prodotto dal leggendario Quincy Jones – e si è esibita nei luoghi più importanti e prestigiosi del mondo come la Carnegie Hall e la Casa Bianca e ha cantato per tre Papi. La sua è una musica che va oltre i confini di genere musicale e di lingua, che parla ai cuori delle persone creando punti di contatto ed evocando emozioni forti, non passeggere. Ad accompagnare Noa (voce e percussioni) saranno Gil Dor (chitarre e direzione musicale), Or Lubianiker (basso elettrico) e Gadi Seri (percussioni).

INTERVISTA. Ernesto Assante ospite de La Controra: “Musicultura, il festival che continua a resistere”

Era il 1979 quando Ernesto Assante iniziò a scrivere di musica per La Repubblica; da quell’anno tante sono state le vicende, le esperienze, gli incontri che hanno consacrato il giornalista come critico musicale tra i più importanti e influenti del nostro Paese, riconosciuto per stima, dedizione verso il proprio mestiere e per il suo grande bagaglio culturale.

Nella sua carriera, oltre alla carta stampata, anche radio, televisione e da poco tempo la cattedra universitaria, che gli consente di regalare i suoi aneddoti ad un pubblico nuovo, forse lontano da alcuni modi di concepire, ascoltare, fruire della musica di una volta, come quella degli anni ’60, dell’epoca hippie, della voglia di rivoluzionare il mondo attraverso l’arte, che Assante ha raccontato in Woodstock ’69. Rock revolution, libro che ha presentato in occasione de La Controra di Musicultura e in questa intervista, realizzata dalla redazione di Sciuscià.

Giornalista per la carta stampata, per la radio, per la televisione e ora anche docente universitario. Ci parla di questa sua esperienza e di quanto abbia influito l’approccio diretto con i ragazzi, nell’esplorazione di nuovi orizzonti musicali?

Sono stato docente universitario per circa 5 anni; ora insegno al master di critica dello spettacolo all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica “S. d’Amico”. È magnifico essere a contatto con gli studenti, dà soddisfazione. Trovo che, superata una certa età e avendo fatto una lunga serie di esperienze, condividerle con dei ragazzi sia la cosa migliore; in più durante le lezioni ho modo di rivivere di nuovo certe sensazioni. Se mi avessero pagato abbastanza, probabilmente lavorerei solo come professore.

In un recente articolo di Repubblica.it racconta come nasce la sua passione per il giornalismo musicale: dalla lettura spassionata di quello che l’epoca musicale forniva, al ritaglio dei settimanali, poster appesi in camera, recensione di concerti mai visti. Che consiglio si sente di dare a tutti coloro che vogliono intraprendere la sua professione?

Bisogna avere l’atteggiamento degli artisti e non dei giornalisti. Questo è un mestiere che non porta necessariamente guadagno, ma incredibile soddisfazione! Credo che ovviamente sia il lavoro più bello del mondo, che però va alimentato con grande dedizione. Nella vita ho non ho mai fatto nient’altro che questo. Un consiglio? Fare ciò che si ama, accettando qualsiasi conseguenza del caso.

Woodstock ’69. Rock revolution ripercorre lo sconvolgimento musicale e culturale che questa manifestazione mondiale ci ha lasciato. Secondo lei, in Italia, quanto c’è ancora di quell’ ideale di Woodstock?

Niente, nella maniera più totale. Ma anche tanto se si pensa a tutti quelli che immaginano ancora, anche se in minoranza, che il mondo possa essere cambiato in meglio. Speranza coltivata nel seme gettato dai quei tre giorni di Festival.

Partito su Repubblica.it in forma di scommessa folle, ora il format Webnotte è un appuntamento fisso con il popolo della rete, alla scoperta di storie musicali, dei personaggi della nuova musica e di quella di un tempo.  Come nasce il progetto?

Nasce da semplici gesti: prendo in mano il mio smartphone, lo accendo quando mi pare e metto online ciò che ritengo interessante senza imporre alla gente di assistere a qualcosa di bello, ma ordinando all’artista di suonare in una condizione semplice, come se fosse a casa mia. Webnotte ha i presupposti simili a quelli di Musicultura, ossia dare ai giovani l’opportunità di esibirsi al pubblico di Repubblica.it. Il progetto nasce perché ero insoddisfatto dalla musica italiana degli ultimi vent’anni, noiosa, che ora sto rivalutando grazie ad artisti che non necessariamente mi piacciono, ma che stimo per la passione verso ciò che fanno, per il loro impegno. Tutto questo va valorizzato e sostenuto.

Nel 2014 è stato a Musicultura come giornalista, per raccontare il Festival e coglierne i retroscena. Com’è stato ritornare?

Sono entrato in contatto con Musicultura in una delle sue prime edizioni, a Recanati. Ora torno da ospite, da intervistato e non da intervistatore: tutto ciò mi diverte, perché sono chiaramente un egocentrico, considerando il lavoro che svolgo. Mi gratifica che la mia firma sia riconosciuta e faccio finta di essere modesto, ma dentro di me sono presuntuosissimo. Tornando al festival, credo sia molto bello che da trent’anni un pubblico attento, la città, le persone che ci lavorano e che mostrano passione siano fedeli alla rassegna, con passione. Musicultura continua a resistere, nonostante le condizioni che questo Paese vuole imporci.

INTERVISTA. Carlo Massarini a La Controra 2019: “Vi racconto il rock dagli absolute beginners ad oggi”

Il sabato de La Controra ripercorre La fine del sogno, quello dei Beatles, con un grande giornalista, conduttore televisivo e radiofonico: Carlo Massarini. Un artista completo che ricordiamo soprattutto, ma non solo, per Mister Fantasy – Musica da vedere Non Necessariamente, trasmissioni televisive dedicate al rock e in particolare al concetto di videoclip.

Massarini ha rivoluzionato il modo di concepire la musica attraverso le immagini, dedicando la sua carriera allo studio di nuove tecniche cinematografiche e alla grafica computerizzata, che hanno segnato la storia dei video musicali. Nel 2009, a 25 anni di distanza dall’ultima puntata di Mister Fantasy, pubblica Dear Mister Fantasy, fotolibro sugli anni ’70 e ’80, periodi storici che ha raccontato come fotografo e giornalista musicale: un” diario di bordo” per rivivere il rock dell’epoca attraverso parole e immagini, le stesse che il giornalista ha presentato alla redazione di Sciuscià, in questa intervista.

La sua trasmissione Mister Fantasy è stata la prima trasmissione italiana a riprodurre videoclip musicali: cosa ha cambiato il linguaggio del video nel rapporto tra ascoltatori e musica?

Il linguaggio del video ha cambiato il rapporto che l’ascoltatore aveva con la musica e con i musicisti. Si tratta di una rivoluzione: Mister Fantasy nasce come strumento promozionale per poter mandare in diretta televisiva gli artisti senza la loro necessaria presenza fisica. Questo cambiamento venne inizialmente adottato dai Beatles, dai Rolling Stones, dai Quee che volevano mostrare  una loro ulteriore dimensione, quella di protagonisti di mini documentari. La realizzazione delle clip divenne così, gradualmente, un’abitudine che Mister Fantasy ha voluto evidenziare. Fu l’impronta di Paolo Giaccio ad approfittarne per farci un programma vero e proprio, per esplorare il mondo del video nelle sue innumerevoli e continue sfumature: video-arte, video-moda, video-architettura. Si creò un’idea onirica della realtà.

Il videoclip ha acquisito sempre più una maggiore importanza, diventando un elemento costitutivo del prodotto musicale, quasi quanto la musica stessa: l’avvento di Internet ha amplificato una tendenza già in atto o ne ha creata una nuova?

Internet è stato importante perché, al di là dell’avere una banca dati pazzesca, ha anche fornito ai musicisti la possibilità di esprimersi in modi diversi. Ci sono stati siti strumentali per la scoperta di nuove band e seguaci, che identificandosi con questi gruppi emergenti, hanno contribuito a costruire quello che oggi definiamo il “social”; ciò ha permesso una cambiamento nel rapporto tra musicisti e pubblico.

Oggi è a Musicultura per parlare dei Beatles: sono state le divergenze musicali a farli allontanarli o quell’invadente successo e tutto ciò che gravitava intorno a loro?

È un insieme di cose. In questa risposta, occorre indubbiamente menzionare Yoko Ono. Lei rappresenta quella forza decisionale mancata a John Lennon, arrivando a chiuderlo in una sorta di bolla autoreferenziale, fino ad allontanarlo dal gruppo. La sua presenza inizia a diventare sempre più fastidiosa: dall’intervento nelle incisioni fino a metterlo in difficoltà con gli altri membri della band. Lo scioglimento de “i quattro di Liverpool” è dovuto anche dal manager americano, Allen Klein, che iniziò a lavorare con la band, impressionando Lennon per la profonda conoscenza dei suoi lavori (recitò a memoria il testo di molti dei suoi brani). Proprio per la sua elevata preparazione, John convinse George Harrison e Ringo Starr che Klein era l’uomo giusto per loro. McCartney, però, dissentì e si rifiutò di firmare un accordo, mandando su tutte le furie i suoi tre compagni di gruppo. Questo fondamentale disaccordo portò allo scioglimento della band. Tutto ciò che è stato fatto dopo, non ha mai raggiunto la consistenza e la continuità di quanto fatto prima, artisticamente.

Secondo lei bisogna guardarsi nostalgicamente indietro, tra le grandi leggende del rock, per trovare gli innovatori o gli “absolute beginners” ci sono ancora oggi?

Per saper rispondere a questa domanda bisognerebbe avere il senso della prospettiva. Ovviamente gli innovatori pescano sempre dal passato. Tutti i grandi della musica hanno un punto di riferimento solido dal quale partire. Non nascondo, però, che anche adesso ci sono proposte interessanti, ma serve una certa distanza storica per giudicarle fino in fondo.

Da giornalista e conduttore radiofonico, quale domanda porrebbe agli 8 vincitori di Musicultura?

Istintivamente chiederei che visione hanno del loro percorso. Quanto hanno intenzione di mettersi in discussione? Quanto sono artisti e quant’è profonda la loro visione in questo momento? Mi piacerebbe sapere da loro dove vogliono arrivare: è importante darsi obbiettivi con una scadenza, avere una solidità interiore.

INTERVISTA. A La Controra di Musicultura, da De André a The André

The Andrè è un vero fenomeno del web, che prende ispirazione dall’amore per la musica di Faber. Proprio da questa premessa, nasce l’idea dell’artista di interpretare i brani degli autori oggi più in voga nel genere trap, imitando la voce di Fabrizio De Andrè.

Vanta oltre 4 milioni di visualizzazioni su Youtube  e si sta affermando sempre di più nella scena artistica, come un progetto innovativo, ironico, intelligente. Venerdì 22 Giugno The André è stato il protagonista di un talk show condotto da John Vignola a La Controra di Musicultura e, per l’occasione, ha intonato delle cover più significative del suo album Themagogia.

Ad incuriosire il pubblico della rete è stata la sua identità mascherata. Come mai ha deciso di tenerla nascosta?

Il mio progetto nasce su Youtube senza un volto, con la pubblicazione di video le cui immagini illustravano i cantanti trap, autori dei brani che eseguivo imitando la voce di De André. L’intento era quello di preservare il più possibile l’illusione e la suggestione. Quando poi hop iniziato ad esbirmi dal vivo, ho voluto mantenere il mistero sulla mia identità, per non disturbare l’ascoltarore, per salvaguardare l’illusione della vocalità e della sonorità tipica di Faber.

Quindi, come nasce l’idea di cantare con una voce che somiglia incredibilmente a quella di De AndréÈ stata una sua idea o è il frutto di una collaborazione?

Il progetto nasce da alcuni scambi di messaggi vocali su WhatsApp tra me e un mio amico, in cui cercavamo di interpretare alla maniera di De André delle canzoni di Dalla e Guccini. Siamo approdati a Fabri Fibra e poi alla trap, genere musicale che viene considerato come il nuovo cantautorato. È nato tutto per gioco.

Vuole dunque dimostrare quanto la trap abbia delle radici cantautoriali o si tratta di un’operazione satirica, la sua?

In principio il mio intento era satirico, proprio per mettere in relazione due mondi che, almeno per il mio punto di vista, avevano poco in comune. Nell’approfondire poi la coscienza di questo genere, ho conosciuto artisti che hanno un approccio piuttosto serio nei confronti della musica; oserei dire in maniera “più artistica” (ride).

È per la prima volta ospite di Musicultura, in veste di ideatore di una nuova corrente musicale contemporanea o come unicum?

Non ho la presunzione di aver inaugurato nessuna corrente e non so se, ora come ora, esista qualcosa di simile al mio progetto. Di sicuro ci sono molti artisti che rivisitano i generi della trap e dell’indie in modo ironico.

Secondo lei in che modo oggi un cantautore può essere rivoluzionario e rompere gli schemi?

Una cosa che manca moltissimo nella musica mainstream contemporanea è l’impegno politico e sociale. Ad esempio l’indie è molto introspettivo, caratteristica che non è della trap. Forse l’impegno sociale potrebbe far la differenza, per diventare un cantautore rivoluzionario.

INTERVISTA. Detto Mariano a La Controra di Musicultura, per raccontare “Una musica lunga una vita”

Compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra, pianista, paroliere e produttore: Detto Mariano è un artista a tutto tondo. A lui, il compito di analizzare il legame che si crea quando la musica incontra la parola, durante l’evento “una Musica lunga una Vita”, che si è svolto mercoledì 19 Giugno a La Controra di Musicultura.

Ha fatto rivivere, con i suoi racconti, le pietre miliari della canzone d’autore, come L’immensità, Mi ritorni in mente, Acqua azzurra, acqua chiara. Marchigiano d’origine, Detto Mariano ha cavalcato la scena musicale fin da piccolo. Durante il servizio militare ha conosciuto Adriano Celentano e da quell’incontro, l’ascesa della sua carriera, consacrata da una miriade di arrangiamenti e di brani per cantanti famosi e colonne sonore di film ancora oggi trasmessi dalle maggiori emittenti nazionali.

L’incontro con Adriano Celentano ha segnato una svolta decisiva nella sua carriera: su quali aspetti musicali vi siete trovati subito in sintonia? Cosa ha fatto scattare la “scintilla”?

Io e Adriano Celentano ci siamo incontrati durante il servizio di leva e, in quell’occasione, siamo diventati amici. Ci siamo conosciuti in maniera rocambolesca o, come si dice oggi, “alla Celentano”. Morale della favola: la casualità ci fece incontrare perché lui guidava la jeep del capitano che doveva portarmi dall’ospedale militare al campo estivo. Tra noi è nata un’amicizia, che invece non è scattata con il gruppo che mi aveva affidato, I Ribelli, perché erano di estrazione rock, mentre io venivo dal Conservatorio. Loro avrebbero voluto farmi suonare il pianoforte anche con i piedi, come faceva all’epoca Jerry Lee Lewis; io, invece, consideravo questo gesto come un andare contro la religione: baciavo il pianoforte, non ci avrei mai messo i piedi sopra! È per questo motivo che mi hanno allontanato. Un altro episodio rocambolesco è il mio essere diventato l’“Arrangiatore ufficiale del CLAN”, nonostante fossi stato allontanato dal Gruppo. Celentano, per la casa discografica di sua proprietà, aveva già realizzato tutte le basi con un famosissimo arrangiatore ma, suo fratello Alessandro, aveva fatto in modo di farmi rifare una di esse: il brano intitolato “Sei rimasta sola”. Adriano, dopo aver ascoltato la nuova base, mi chiese di rifare col mio stile anche tutte le altre che aveva già pagato. Fu questo il meccanismo che, rocambolescamente, ha consacrato il mio ingresso nel Clan.

L’immensità, Mi ritorni in mente, Acqua azzurra, acqua chiara: ha costruito e arrangiato le musiche che calzano perfettamente con il senso profondo dei testi. Ci racconta il processo creativo di questi brani?

Sì, non era solo la musica a guidare le mie scelte emotive ma lo erano anche i testi. Tu citi Mi ritorni in mente, Acqua azzurra, acqua chiara delle quali oltre alla melodia non si possono non apprezzare i geniali testi di Mogol, come anche quello de  L’immensità (di cui tra l’altro sono anche co-compositore). E’ proprio questo che ho sottolineato, sia nella mia “Commedia Musicale Autobiografica” che nel talk show de La Controra, ovvero come si arriva da un semplice provino cantato (da Battisti in quel caso) con il solo accompagnamento della chitarra, alla versione completa di musica, testo e arrangiamento.

Arrangiatore, paroliere, pianista, produttore discografico ed editore musicale. Se dovessi definirti con una sola parola, quale sceglieresti?

Detto Mariano! Mi sembra una parola che comprende tutto. L’hai detto tu: sono un compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra, pianista, paroliere, produttore ed editore musicale.

Hai composto colonne sonore per il cinema e per i cartoni animati. Come cambia l’approccio tra la realizzazione di questi prodotti culturali?

Sono stato fortunato anche nel comporre le musiche per i cartoni animati come ad es. GundamJudo Boy, i film Il Bisbetico Domato, Mia moglie è una strega, tra i tanti. Il mio sito è www.dettomariano.com, che mi piacerebbe andaste a visitare: molti conoscono i titoli di alcune pellicole, senza conoscerne l’autore. Quando in sala avevo 90 elementi d’orchestra per lavorare su un film, accettando le proposte di alcuni produttori che mi chiedevano di realizzare le musiche per i cartoni animati, mi ritagliavo gli ultimi 15 minuti per creare le sigle che poi sarebbero state ascoltate da quei bambini, oggi quarantenni che, proprio per quello, sentono la differenza tra i prodotti musicali di allora e quelli di oggi.

Se un artista di Musicultura gli chiedesse qual è il segreto della canzone popolare che resiste ai cambiamenti del mercato musicale, cosa risponderebbe?

Non lo so, forse per un fatto generazionale. Conosco poco della musica popolare attuale e, anche se lo cerco, non trovo qualcosa che mi colpisce in modo particolare. Non è colpa mia se ho avuto a che fare con gente come Battisti, Mina, Celentano, Albano, Mario Del Monaco. Però, per contro, la canzone vincitrice di Sanremo 2019 (il suo interprete compreso) mi piace moltissimo: ha un testo innovativo, intelligente, una musicalità arabeggiante, compresi i quarti di tono inseriti in modo elegante!

INTERVISTA. “D’Annunzio: una vera rock star!”: Giordano Bruno Guerri a La Controra di Musicultura 2019

Giovedì 20 Giugno l’autorevole e carismatico storico Giordano Bruno Guerri ha presentato il suo ultimo libro Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzionea La Controra di Musicultura, nel cortile di Palazzo Conventati. Accademico, Presidente e direttore generale della Fondazione Vittoriale degli Italiani, Guerri si è raccontato al pubblico, ripercorrendo i tratti salienti della sua vita professionale e privata: la famiglia, gli interessi, le prime esperienze tv e l’amore per Gabriele D’Annunzio.

Il suo ultimo lavoro tratta la celebre presa di Fiume del Vate, che per sedici mesi fu teatro di cospirazioni, feste, beffe, battaglie, amori, in un intreccio diplomatico e politico sospeso tra utopia e realtà. Cercando di valorizzarne gli aspetti innovativi e inediti, l’autore ha sottolineato come quell’impresa non fu solamente il gesto plateale di un poeta esteta, ma fu anzitutto la realizzazione politica di una «controsocietà» sperimentale.

In questi giorni gli studenti stanno svolgendo gli esami di maturità, senza una prova puramente storica: ritiene che lo studio della storia non sia adeguatamente valorizzato nella scuola come nella società di oggi?

È gravissimo che la storia non sia prevista negli esami, in quanto è la conoscenza del nostro passato e consente di capire il presente e progettare il futuro. Senza questo tipo di apprendimento, un popolo è mutilato e non potrà capire da dove viene la propria cultura.

Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzioneè una delle tante opere in cui racconta le gesta e la vita del poeta Vate della letteratura italiana. Come nasce l’interesse per Gabriele D’Annunzio?

L’interesse per D’Annunzio nacque mentre lavoravo alla tesi di laurea, ricercando il materiale di cui avevo bisogno negli archivi del Vittoriale. In quel periodo decisi di voler scrivere un libro, che pubblicai quindici anni dopo.

L’impresa di Fiume, da come spesso viene raccontata, sembra aver avuto più che un valore storico uno estetico, considerato come il gesto di un letterato al centro dell’opinione pubblica. Quei 500 giorni che cosa hanno significato per la storia italiana?

In realtà è una credenza che deriva da un errore storiografico e fu sicuramente un gesto nazionalistico logico. Si pensi, ad esempio, al clima post primo conflitto mondiale, quello che D’Annunzio chiamava Quarta Guerra d’Indipendenza. Da quel momento, prese il via una rivoluzione sociale, politica ed economica, come dimostra la Carta del Carnaro, la costituzione rivoluzionaria che il Vate diede a Fiume.

Per rimanere in tema, lei è Presidente della Fondazione Vittoriale degli Italiani, di cui è anche direttore generale. Quali sono gli aspetti del poeta che ha voluto valorizzare, per suscitare nuovo interesse nei confronti della sua figura?

D’Annunzio viene considerato un decadente, lussurioso, peccatore e protofascista. Ho cercato, con buoni risultati, di modificare questa sua rappresentazione. Fu in realtà un modernizzatore che trasformò la società italiana, fatta di una piccola borghesia ottocentesca, in una società più dinamica e aperta. Una cosa tengo a sottolineare: non fu mai fascista.

Sarà ospite di Musicultura: quale genere musicale ascolta? Se dovesse scegliere un brano più significativo della sua vita, quale potrebbe essere?

Ascolto musica rock e pop, in prevalenza quella degli anni ’60 e ’70: Frank Zappa, Beatles e Rolling Stones. Un mio brano preferito? Love in vaindei Rolling Stones.

INTERVISTA. “Musicultura, un festival meraviglioso”: il Quinteto Astor Piazzola a La Controra

Mercoledì 18 Giugno il tango argentino del Quinteto Astor Piazzolla è stato protagonista dell’appuntamento di musica live de La Controra, al Teatro Lauro Rossi di Macerata: composizioni di grande ricchezza melodica, ritmica e armonica, quella dei cinque artisti di Buenos Aires, che hanno riportato in auge gli arrangiamenti del celebre compositore Piazzolla, brani perlopiù inediti.

Il gruppo formato da Lautaro Greco, Sebastian Prusak, German Martinez, Sergio Rivas e Cristian Zarate, sotto la direzione del maestro Julian Vat, ha incantato il pubblico presente in sala e hanno confidato, alla redazione di Sciuscià, i successi del loro progetto artistico. In qualità di portavoce della band, Vat ha rilasciato un’intervista alla redazione di Sciuscià, poco prima della loro esibizione.

Com’è nato il Quinteto Astor Piazzolla?

[Julian Vat] Il Quinteto nasce diciannove anni fa per iniziativa di Laura Escalada Piazzola, per mantenere viva l’eredità di Astor Piazzolla con ilo suo stesso spirito, il suo tango e la sua musica. Fu lei stessa a convocarmi per un provino. Tra i prerequisiti,  oltre all’esperienza e a un certo tipo di professionalità, si richiedeva un amore speciale per l’arte del Maestro.

Com’è esibirvi, presentando a tutto il mondo la musica di Piazzolla?

Credo che Astor Piazzolla sia un artista universale, perché è riuscito a descrivere, con la musica, il suo paese. Portarlo in giro per il mondo è sempre un grande onore.

I genitori di Astor Piazzola avevano origini italiane: quale emozione provate nel riportare la sua musica in Italia e suonare nel nostro Paese?

Piazzolla è legato a questo Paese per tanti motivi: è la terra di origine dei suoi genitori e il posto in cui ha prodotto gran parte della sua musica, registrando molti pezzi del repertorio con musicisti italiani. Abbiamo avuto la fortuna di suonare in Italia in varie occasioni; abbiamo una grande responsabilità, in quanto Astor è molto conosciuto e apprezzato qui.

Siete stati acclamati dalla stampa internazionale come l’unico gruppo in grado di suonare la musica di Piazzola con una ricchezza melodica e ritmica senza precedenti. Come descrivereste la vostra performance?

Cerchiamo di diffondere con umiltà tutta la musica del Maestro, un autore molto fecondo; ha, al suo seguito, più di tremila opere, tra cui due sono le più famose, forse una quindicina quelle più conosciute. Noi abbiamo la fortuna e responsabilità, anche attraverso i nostri tre dischi, di far conoscere la restante parte della sua musica meravigliosa, perché merita di essere riproposta al pubblico. A Musicultura le opere più inedite di Piazzolla, affiancate dai grandi successi come Libertango.

Musicultura, in una sola parola?

Meraviglioso. Promuovere la canzone d’autore e i nuovi talenti come noi, che non ci riteniamo di certo consacrati.