A tu per tu con Mafalda Minnozzi

Dagli anni ’90, Mafalda Minnozzi è sempre in movimento. Vanta numerose apparizioni nei più prestigiosi locali newyorchesi, ha concorso al Grammy Latino 2021, ha incontrato e collaborato con i suoi maggiori idoli musicali. Per la 34esima edizione del Festival è a Recanati, in occasione del Concerto dei 16 Finalisti di Musicultura, con il suo complice musicale, Paul Ricci, eclettico chitarrista jazz americano impegnato con lei dal 2014 nel progetto EMPathia duo. Prima dell’esibizione elegante e sobria che i due ci hanno regalato, abbiamo avuto la fortuna di scambiare due parole con Mafalda.

Nel 1996 sei approdata per la prima volta sulla scena musicale brasiliana. Che differenze hai notato, principalmente, tra industria e cultura musicali del Brasile e quelle del Bel Paese?

Ho sempre amato la canzone d’autore e quando sono arrivata in Brasile mi sono trovata subito in un Paese che a sua volta la ama e la rispetta religiosamente. Lì la musica crea un punto di partenza per la vita di tutti, un patrimonio culturale collettivo che è l’essenza assoluta della filosofia di vita del brasiliano. C’è poi il Samba. Non quello che conosciamo tutti per ballare, ma quella maniera di riunirsi e pregare attraverso la musica, da cui parte l’esperienza religiosa collettiva del Carnevale, raccontato da Vinicious de Morais in Samba de Bensao (Samba della benedizione). Nell’industria musicale di un Paese così grande, c’è inoltre una meritocrazia incredibile: iniziare dal Brasile mi ha permesso di vivere la carriera che ho avuto.

Un diverso rumore di fondo (radio che senti per strada, conversazioni, rumori, suoni della quotidianità) rende diverse le tue improvvisazioni sul suolo sudamericano? In che modo?

Da circa 25 anni, vivo tra New York, il Sudamerica, l’Italia e l’Europa, quindi posso dire di muovermi in un paesaggio sonoro fortunatamente variegato. Quello che influenza le mie produzioni artistiche non è però solo il “rumore” di fondo, ma soprattutto le culture con cui mi mescolo, quello che studio in un determinato momento. Un artista non deve mai smettere di imparare, deve essere sempre curioso, e questo mi ha portato a disporre di cinque lingue in cui cantare, tra cui il napoletano: una lingua bella quanto ostica, tanto che per padroneggiarla ho dovuto studiare canto napoletano e vivere quattro anni a Napoli. L’essere un’artista poliglotta rende quindi il mio paesaggio sonoro sempre diverso, unito dal jazz che da sempre mi aiuta a superare ogni barriera linguistica.

Com’è cambiato il tuo sound negli anni, con l’avvicendarsi di nuove “mode” musicali e una straordinaria carriera di incontri di spessore? Cosa pensi che abbia di differente la Mafalda di oggi rispetto a quella di qualche anno fa?

Siamo sempre in continuo mutamento, come artisti e come esseri umani. Per questo a volte soffro quando mi dicono “Ma tu ancora canti? Ancora vai in giro per il mondo?” (ride, ndr). Io credo che si nasca e muoia artisti, e nel mentre c’è solo movimento/cambiamento. Con gli anni insieme alla mia persona sono cambiati i miei orizzonti e i miei sogni, che hanno preso forme diverse. Riguardo alla musica in sé sono cambiata, ad esempio, adattandomi alla nuova tendenza dei cantanti contemporanei di non impostare troppo la voce: nonostante io venga dal “bel canto” fatto di grandi esercizi, ho ora un timbro più naturale e sobrio di anni fa.

Se dovessi scegliere un qualsiasi artista vivente con cui fare una collaborazione, chi pensi che sceglieresti e perché?

Difficile darti questa risposta senza pensare a Lucio Dalla, con il quale avevo un bellissimo rapporto e con cui avrei dovuto fare una collaborazione poco prima che morisse. In campo internazionale ti avrei detto per tutta la vita Roberto Menescal, uno dei padri della Bossa Nova, ma in tempi molto recenti ho coronato il sogno di suonarci assieme. Se invece dovessi scegliere un italiano, darei volentieri fastidio a un grande personaggio ritiratosi dalle scene, nato il 21 settembre come me: Ivano Fossati. Mi presenterei da lui con una torta, dicendogli: “Senti, Ivano, festeggiamo il compleanno suonando qualcosa in pubblico?”.

In questo ultimo anno di ritorno alla normalità dopo il Covid, qual è l’esperienza di live performance che ricordi con più piacere?

Mi basta pensare solo agli ultimi 15 giorni e di occasioni uniche mi vengono in mente il soldout del Bluenote di São Paulo e quello di Monaco di Baviera, o il concerto che abbiamo fatto a Toronto. Non è solo questione di numeri: che ci siano due milioni e mezzo di persone come quando suonai all’Avenida Paulista, o cinquanta, dieci, due persone, l’importante è metterci passione e umiltà, e le emozioni vengono da sé.


 

Il Concerto dei 16 finalisti di Musicultura 2023

È di nuovo Musicultura. È di nuovo concerto dei finalisti. Per questo secondo appuntamento, sono altri otto gli artisti che si esibiscono. A fare gli onori di casa sul palco del Teatro Persiani di Recanati è John Vignola; in collegamento dallo studio-bar ci sono invece Marcella Sullo e Duccio Pasqua. A condurre la serata, insomma, sono tre voci di Rai Radio 1, che trasmette l’evento in diretta.

Rompono il ghiaccio i Santamarea, con il brano omonimo del gruppo. “Qualcosa nel mare ci parla”, dichiarano dopo la loro esibizione. E in effetti, basta chiudere gli occhi per lasciarsi trasportare direttamente nelle acque della loro Palermo grazie alle note fluide del pezzo, nate da un flusso di coscienza di Stefano, il frontman, e diventato corale grazie alla perfetta sintonia dei componenti della band.

La seconda a proporre la sua performance è Cristiana Verardo, che si presenta al pubblico con un look da pugile, guantoni compresi. Nella sfida che combatte sulle note di Ho finito le canzoni l’avversario è proprio se stessa: la cantautrice fa del poetico confronto con il suo io interiore l’occasione per un’attenta presa di coscienza e per una rinascita.

È poi la volta di Simone Matteuzzi con la sua Ipersensibile. “Ma questa spiccata sensibilità – domanda Marcella Sullo – è un’arma o un punto debole?”. Il giovane artista fuga ogni dubbio: “È entrambe le cose”, risponde. Ed è il punto di partenza per la sua creatività. “Contaminazione” – di accordi, sonorità e stili diversi- è la sua parola totem.

Segue Lamante, che si abbandona a una performance che John Vignola definisce “felicemente caotica” con il brano L’ultimo piano. La cantautrice trova nella dimensione live del teatro lo spazio adatto ad accogliere il suo mix di sonorità nordiche, ritmi tribali e tante influenze differenti. E infatti, “amo non mettermi limiti e lasciare che la sonorità prenda il suo spazio”, dichiara alla fine della sua esibizione.

Con un “trittico di canzoni tristi”, come le presenta ironicamente lui stesso, è la volta di Dente, primo ospite della serata. Propone al pubblico La vita fino a qui e Allegria del tempo che passa; saluta con il brano Invece tu, del 2014, manifesto di uno dei tratti distintivi della sua musica: testi intrisi di giochi di parole che accompagnano l’ascoltatore, ogni volta, in un piccolo viaggio semantico e intimo. Malinconico e ironico, appunto, allo stesso tempo.

Si torna poi alle esibizioni degli artisti in concorso. Sul palco c’è il marchigiano Caponetti con la sua Maionese. Slot machine, treni di notte, piatti da lavare e bollette: il testo è simpaticamente costruito su una serie di immagini quotidiane che diventano un mezzo per parlare di vulnerabilità. È quest’ultima, del resto, “lo strumento più forte, il motore per scrivere le canzoni”, ammette il cantautore.

A seguire, AMarti, busker ferrarese, cantante, musicista e pittrice. Il fil rouge che lega tutte queste attività? L’amore. Un amore, spiega l’artista, inteso “in senso di liberazione, di possibilità di trasformare il dolore in qualcosa che ci fa stare bene grazie alle capacità del nostro cuore”. C’è tutto questo nelle sonorità oniriche del suo brano Pietra.

Settimo a proporre la sua musica è Nervi, che alle spalle ha già la partecipazione al concertone del Primo Maggio e la vittoria del Premio Buscaglione. Questa sera porta con sé il brano Sapessi che cos’ho, che anticipa il suo primo disco da solista, prossimamente in uscita. Prossimamente quando? Senza fretta: dichiara di voler lavorare così, “con lentezza, in un mondo estremamente veloce”.

Ultima finalista è Mira. “La musica è un viaggio all’interno di se stessi e delle proprie emozioni”, spiega. Ed è proprio questo percorso introspettivo a farla da padrone in Morire con te, brano caratterizzato da ritmi vivaci e da un testo che palesa la necessità di raccontarsi. E di comprendersi, anche. Non a caso, confida a John Vignola: “Scrivo musica perché ne ho bisogno; è nella musica che mi capisco”.

La serata non è ancora conclusa. I saluti spettano a un’altra ospite. Sul palco sale Mafalda Minnozzi, accompagnata dal suo ormai storico partner artistico, il chitarrista Paul Ricci. La cantante si esibisce in due brani rigorosamente arrangiati in chiave latin jazz. Culla il pubblico sulle note di Oh che sarà (A Flor da Pele), eseguito alternando italiano e portoghese, e di Arrivederci. Nulla di più appropriato, no?

Arrivederci a presto, allora. Perché è presto che scopriremo chi sono gli 8 artisti vincitori di Musicultura 2023 che a giugno si esibiranno allo Sferisterio di Macerata in occasione delle serate conclusive del Festival. Uno solo, poi, sarà il vincitore assoluto, al quale verrà consegnato il Premio Banca Macerata del valore di 20.000 euro.


 

A tu per tu con Dente

Un trittico di canzoni tra passato e presente, tra ironia e malinconia: Giuseppe Peveri, in arte Dente, si è esibito sul palco di Musicultura – al Teatro Persiani di Recanati, in occasione del Concerto dei sedici Finalisti del Festival – con tre dei suoi brani: Invece tu, La vita fino a qui e Allegria del tempo che passa. Reduce dall’uscita – lo scorso 7 aprile – del suo nuovo album, Hotel Souvenir, il cantautore fidentino ci ha raccontato di come sia cambiato il suo rapporto con lo scorrere del tempo e di come quest’ultimo possa svelare le contraddizioni dell’animo umano. Siamo poi passati a parlare di musica, di artisti e di come non si dovrebbe mai perdere la propria unicità lungo la strada. Così, nell’intima atmosfera di un palchetto, ha risposto alle nostre domande.

In altre interviste hai descritto il tuo nuovo album, Hotel Souvenir, come “il disco della consapevolezza” e uno dei suoi temi centrali è il tempo. Ecco, com’è cambiata la tua consapevolezza rispetto all’inevitabile scorrere di quest’ultimo?

Il mio rapporto col tempo che passa è sempre stato abbastanza tragico, però a oggi lo vivo sicuramente con meno malinconia: anni fa, ripensando al passato, provavo solamente la nostalgia di qualcosa che si era perso, qualcosa di irrimediabilmente irrecuperabile, e ciò suscitava in me il desiderio di tornare a riviverlo. Pian piano questa nostalgia è sfumata, è andata ad attenuarsi sempre più, lasciando spazio a una visione più positiva, che mi ha dato la possibilità di concentrarmi meglio sul presente. E adesso vedo il passato come un percorso che mi ha portato a essere quello che sono oggi.

In uno dei versi di Allegria del tempo che passa nomini “la stupida paura di stare bene”; da cosa deriva questa “malattia” e, se esiste, qual è la cura per spegnerla?

Eh, a saperlo! (ride ndr).
Sì, la tratto come una malattia. Credo sia una caratteristica innata che abbiamo in tanti: pensiamo di temere solo le cose brutte e invece ci spaventano anche quelle belle. Per questo a volte ci auto-sabotiamo, per colpa di una paura che, magari, nemmeno riconosciamo; paura di avere successo, di riuscire nei nostri obiettivi, di stare bene, di mettere dei punti a capo. Queste cose ci spaventano molto e non dovrebbero, ecco.

Nel 2013 hai curato la rubrica radiofonica Perla Nascosta Hip Hip Hurrà, nell’ambito della quale proponevi all’attenzione degli ascoltatori un brano italiano ormai dimenticato o poco conosciuto. Spesso si tende a sottolineare la differenza tra musica mainstream e musica meno commerciale, ma di maggior qualità; pensi che questa distinzione sia ancora attuale o si può considerarla ormai superata?

Il discorso è molto ampio. Sicuramente ci saranno sempre, per fortuna, artisti che non puntano esclusivamente al mainstream. Purtroppo in questo periodo storico sono una rarità. Sembra che il percorso musicale debba essere uguale per tutti. Invece ognuno deve intraprendere la propria strada, lungo la quale far emergere la propria unicità. Infatti gli artisti sono belli perché sono vari. Alcuni abbracciano un pubblico più vasto e sono più popolari, altri meno. Ma non è un fallimento. Secondo me è come una biodiversità: è utile all’ecosistema. E invece, negli ultimi anni, sembra che questa specie di musicisti noncurante del mainstream sia in via di estinzione. Non voglio fare l’anziano che brontola “era meglio prima” poiché non è vero. Però credo che nella testa degli artisti si sia assottigliato il concetto “faccio la mia strada, vado dove vado” e che ora sia “voglio fare la mia strada per arrivare lì”. È molto diverso.

Le tue esperienze di scrittura non si limitano solo a quella delle tue canzoni; infatti, fra le altre cose, nel 2015 hai pubblicato il tuo primo libro, Favole per bambini molto stanchi. Come ti sei trovato a scrivere qualcosa non destinato a essere messo in musica? Quali sono le differenze fra i due processi creativi?

Sono due processi molto diversi. La differenza principale sta nel suono. A volte alcune parole messe in  musica suonano bene, non solo per il significato che hanno, ma anche per come si legano con le note. Nel caso della musica il suono è sempre esplicito, sia quando la si compone, sia ovviamente quando la si ascolta. Nel caso del libro, invece, il testo viene scritto in silenzio per essere letto allo stesso modo. Ma la musicalità c’è comunque, si tratta semplicemente di un suono interiore, che è nella testa di chi legge.

Musicultura è il Festival della musica popolare e d’autore. Quanto credi sia importante valorizzare la canzone italiana?

Ovviamente molto, sarebbe sciocco dire il contrario. È giusto e bello che ci siano eventi come Musicultura. Ora forse ce n’è anche la necessità. Infatti in passato era più facile esibirsi di fronte a un pubblico, visto che nei locali si tendeva a dare fiducia anche a cantanti e gruppi sconosciuti. Ecco, penso che questo tipo di apertura verso gli artisti emergenti oggi ci sia un po’ meno. Credo che realtà come Musicultura siano una cosa preziosa, di cui il mondo musicale ha fortemente bisogno per poter continuare a crescere e ad arricchirsi.

Sei un appassionato di fotografia e hai un profilo social dove pubblichi i tuoi scatti. Inoltre la tua discografia rivela una cura nel dettaglio di copertine e video musicali. Che nesso c’è per te tra la musica e l’immagine?

Il nesso tra la musica e l’immagine secondo me è molto forte. Ciò che vediamo influenza notevolmente il modo in cui ascoltiamo una canzone. È decisamente diverso compiere questa azione giovevole in riva al mare, oppure su un treno regionale senza aria condizionata: cambia la percezione di quello che si vive in quel momento e di quello che si ascolta. In questo senso, anche l’immagine delle copertine dei dischi è molto importante.  A volte diventano più famose degli album stessi. Per esempio la mucca dei Pink Floyd: è la foto di una mucca che però è passata alla storia. Sicuramente ci saranno più persone che hanno visto la copertina rispetto a quelle che hanno ascoltato il disco. Allineare immagine e musica crea una bella alchimia. E se il nesso tra le due, che ha senso nella testa dell’artista, è comprensibile anche per gli ascoltatori, abbiamo fatto bingo!


 

Musicultura torna a Recanati!

Che Musicultura sarebbe senza Recanati? Anche quest’anno il Festival della Canzone Popolare e d’Autore fa tappa al Teatro Persiani con un doppio appuntamento. Protagonisti della serata di ieri – condotta da John Vignola, Marcella Sullo e Duccio Pasqua, storiche voci di Rai Radio 1, che ha trasmesso in diretta l’evento – otto dei sedici finalisti di questa XXXIV edizione, «una delle più belle in termini di contenuti e di personalità» secondo il direttore artistico Ezio Nannipieri.

A rompere il ghiaccio sul palco, però, è un ospite speciale, un artista che di strada ne ha già fatta tanta: Mario Venuti. La sua è una performance intima, raccolta – solo chitarra e voce – sulle note di Crudele e di Una carezza in un pugno di Adriano Celentano, brano che, come racconta lo stessoVenuti al termine dell’esibizione, fa parte del progetto Tropitalia, una rilettura della canzone italiana con un taglio un po’ tropicale, ispirato alla cultura musicale e ritmica brasiliana, al jazz e alla ricerca di un tono vocale più confidenziale.

La prima finalista a esibirsi è Lilo con il suo Gospel 121, un pezzo sperimentale che al contempo affonda le radici nella passione della cantautrice per la vocalità virtuosistica in generale. La sua parola totem – dice rispondendo alla domanda a bruciapelo di John Vignola– è «curiosità, perché ti permette di superare i limiti o cercare il perché delle cose, muove la musica e anche la vita».

È il momento di Zic, cantautore fiorentino che si definisce «appassionato di laboratorio», del lavoro in studio e del mondo cinematografico. Non passa inosservato il contrasto tra il look molto grunge anni Novanta, come nota Marcella Sullo, e la sua canzone vagamente sanremese, Futuro stupendo. Per lui la musica è accoglienza e sperimentazione, purché non ci si pongano limiti di genere.

Dall’ultima periferia a sud di Roma arriva Ilaria Argiolas col brano Vorrei guaritte io. La commistione tra dialetto, rock e tradizione popolare è proprio la cifra distintiva della cantautrice, ma anche ciò che rende davvero spontanea la sua musica. Un’artista di certo coraggiosa, come puntualizzano gli amici di Rai Radio 1, vista la scelta recente di pubblicare un album solo in formato fisico.

Spazio poi a Rosewood. Il cantautore ternano, classe 1996, porta alla finale il sound definito e ultra-contaminato di Sigarette: pop, punk, rock, trap, emo e persino heavy metal, in una performance fatta di opposti che, secondo Duccio Pasqua, «ci dimostra come parlare oggi di generi musicali non abbia molto senso».

La serata prosegue con un’altra incursione sul palco di Mario Venuti, che per salutare il pubblico del Persiani sceglie due dei suoi maggiori successi, Fortuna e Caduto dalle stelle, e una versione in acustico de Il mondo di Jimmy Fontana.

Deja è la proposta dei Frenesi, gruppo piemontese formatosi lo scorso anno fra le strade di una città piena di underground e artisti emergenti come Torino. Il segreto per far parte di una band, dice la frontwoman, è essere meno gelosi dei propri pezzi, aprirsi per accogliere altre menti e per modificare il proprio sound. «Il nome del gruppo – continua – significa fermarsi prima della frenesia, perché l’estremismo è sempre un guasto».

Da San Giustino di Perugia arriva il giovanissimo Michele Braganti, paroliere, studente di lettere all’università e anche polistrumentista. Ma l’arrangiamento de La migliore soluzione ha un’unica protagonista, la chitarra: «È lei – dice – la mia parola totem. È indispensabile, oltre che molto pratica». Lo stile melodico della sua performance crea un contrasto immediato con quella del penultimo finalista.

Mattia Ferretti, in arte solo Ferretti, fa confluire nella sua esibizione tre ingredienti principali: rap, rock e contraddizione, o meglio fastidio, la parola con cui ama descriversi, «perché è utile alla creatività e anche se a volte fa male, ogni tanto è una terapia». E in effetti Sorgono, il brano con cui il cantautore di Mogliano (Macerata) si presenta al pubblico recanatese, ha tutte le carte in regola per essere definito viscerale.

Caos e soul melanconico sono i tratti distintivi dell’ultima finalista della serata. cecilia arriva da Pisa e presenta al pubblico uno dei brani che fanno parte del suo prossimo progetto musicale: Lacrime di piombo da tenere con le mani, dice poco prima di lasciare il palco, «è il tentativo di dare il giusto ordine alle cose confuse nel mio cervello».

Il primo appuntamento recanatese di questa XXXIV edizione del Festival non può che concludersi con una foto di gruppo da aggiungere all’album dei ricordi di Musicultura.


 

A tu per tu con Mario Venuti

È stato Mario Venuti ad aprire la prima serata del concerto di presentazione dei finalisti di Musicultura 2023, portando sul palco del Teatro Persiani di Recanati la sua voce e una chitarra acustica. Un set intimo, raccolto; una testimonianza, anche, del rapporto di stima e collaborazione che unisce l’artista siciliano e Musicultura, grazie a un’amicizia nata tanti anni fa che continua nel tempo a regalare splendidi momenti di condivisione. Così, quello proposto ieri sera al pubblico del festival è stato un breve viaggio tra le mille possibilità della musica. Quelle stesse possibilità che confluiscono in questa intervista rilasciata alla Redazione di Sciuscià.

Sei un artista eclettico, autentico e di grande sensibilità. La tua visione dell’arte non segue le mode del momento, ma risponde a un’esigenza di verità e originalità di musica e parole. Quanto credi sia importante per chi partecipa a un concorso come Musicultura trovare la propria dimensione e portare sul palco la propria autenticità?

Avere personalità è sempre stato importante e continua a esserlo. Viviamo in un mondo in cui fare musica è diventato molto più democratico perché i mezzi tecnici a disposizione ci permettono più facilmente di registrare e diffondere la musica anche attraverso Internet. Per distinguersi nell’iperproduzione del panorama musicale contemporaneo, caratteristiche come la personalità e l’autenticità sono ancor di più elementi essenziali.

Hai viaggiato molto in America del Sud alla scoperta di mondi, musiche e culture lontane. Da queste esperienze, nel 2022 prende vita l’album Tropitalia, una reinterpretazione di grandi successi della musica italiana in chiave tropicalista. In che modo questo movimento musicale e culturale ha contribuito alla tua formazione artistica e personale?

Nei primi anni Novanta ho scoperto l’universo della cultura brasiliana e sono rimasto affascinato dalla musica di grandi personalità come Caetano Veloso e Gilberto Gil, autori di una generazione precedente alla mia, sostenitori di una grande rivoluzione musicale alla fine degli anni Sessanta. Mi sono subito ritrovato in questo linguaggio “onnivoro” che gioca con il passato e con il futuro attingendo da culture differenti. La maniera di cantare dei brasiliani è molto più confidenziale rispetto alla grande melodia italiana che risente ancora tanto di un retaggio melodrammatico. La musica è più intima e sembra togliere retorica alle canzoni. In Tropitalia ho cercato di coniugare gli aspetti migliori delle culture di questi due paesi solo apparentemente distanti. È stata una bella avventura rivestire la canzone popolare italiana di ritmi brasiliani e armonie sofisticate.

Sempre nel 2022, al Taormina Film Festival è stato presentato il docufilm Qualcosa brucia ancora, il racconto della tua vita dall’infanzia agli esordi nel mondo della musica, passando per l’esperienza con i Denovo fino alla carriera da solista. Com’è stato ripercorrere e soprattutto condividere con il pubblico tutta quella strada?

È stato come una seduta psicanalitica, un viaggio nel tempo, una liberazione quasi proustiana “alla ricerca del tempo perduto”. Di cose da raccontare ne avevo tante; non tutte sono riuscito a tirarle fuori.
È stato come fare un po’ il punto della situazione di tanti anni di musica, tante esperienze, tanti incontri con altri artisti con cui è stato bello collaborare e di questo mio vagare così inquieto nelle possibilità che la musica può dare. Spaziando tra vari generi, ho cercato di proporre sempre qualcosa di diverso al pubblico.

Ami condividere sui social i tuoi progetti artistici e musicali. Proprio dal tuo profilo Instagram hai annunciato che è in corso la preparazione di un nuovo album. Cosa dobbiamo aspettarci e quando potremo ascoltarlo?

È un disco complesso, stratificato con canzoni inedite scritte da me, Kaballà e altri autori. Una prosecuzione del discorso di Tropitalia, un’evoluzione del progetto che vede un ritorno graduale verso il pop e l’elettronica senza dimenticare la componente brasiliana. Il 19 di maggio uscirà il primo singolo a cui poi seguirà l’album completo.


 

Svelati i nomi dei finalisti di Musicultura 2023

Musicultura annuncia oggi i nomi dei 16 finalisti della XXXIV edizione del concorso che dal 1990 scopre, premia e valorizza giovani artisti in grado di contribuire all’evoluzione stilistica e al ricambio generazionale della canzone italiana di qualità.

Ecco i finalisti della XXXIV edizione del Festival:

Lamante Schio (Vicenza) – L’ultimo piano; Zic Firenze – Futuro stupendo; Lilo Busto Arsizio (Varese)- Gospel 121; Santamarea Palermo –Santamarea; cecilia Pisa – Lacrime di piombo da tenere con le mani; Caponetti Osimo (Ancona) – Maionese; Ilaria Argiolas Roma – Vorrei guaritte io; Michele Braganti San Giustino (Perugia) – La migliore  soluzione; Frenesi Torino –Deja; Nervi Firenze – Sapessi che cos’ho; Ferretti Mogliano (Macerata) –Sorgono; AMarti Ferrara –Pietra; Mira Casapulla (Caserta) – Morire con te; Rosewood Terni –Sigarette; Cristiana Verardo Lecce – Ho finito le canzoni; Simone Matteuzzi Milano –Ipersensibile.

Sono giovani artisti e artiste – è il commento del Direttore artistico Ezio Nannipieri – che con ispirazione, indipendenza, senso di dignità scardinano le logiche industriali della filiera produttiva della canzone, fanno entrare aria pulita in stanze chiuse, ognuno con una propria, spesso imprevedibile, specificità.

La rosa dei finalisti è frutto di una selezione articolata, iniziata nel novembre scorso con il vaglio delle 2.226 canzonipresentate in concorso dai 1.113 artisti iscritti, nuovo record di partecipazioni per il rinomato Concorso dedicato alla Canzone Popolare e d’Autore.
Fra tutte le proposte, 56 sono state poi convocate a Macerata per partecipare alle
Audizioni Live, di fronte alla commissione d’ascolto e al pubblico che per dieci giorni consecutivi ha gremito il Teatro Lauro Rossi, con dirette streaming che hanno superato il mezzo milione di visualizzazioni.

La presentazione ufficiale dei 16 finalisti di Musicultura 2023 avverrà in anteprima
nazionale il 4 e il 5 maggio a Recanati, la città leopardiana che vide nascere il Festival nel 1990, con Fabrizio De André e Giorgio Caproni primi firmatari del progetto.
Due concerti in programma al Teatro Persiani daranno modo ai giovani protagonisti del concorso – otto di loro nella serata del 4 maggio, i restanti otto in quella seguente – di esibirsi rigorosamente dal vivo con le loro canzoni e di raccontarsi al pubblico.

Le due serate saranno condotte da John Vignola, Marcella Sullo e Duccio Pasqua e trasmesse in diretta da Rai Radio 1, la radio ufficiale di Musicultura.
Non mancheranno anche importanti ospiti, già confermate ad esempio le gradite
partecipazioni di Mario Venuti (4 maggio), Dente e Mafalda Minnozzi (5 maggio). Riunire sullo stesso palco giovani artisti agli inizi delle loro carriere e protagonisti della canzone che hanno già alle spalle esperienze importanti è infatti un modo concreto per alimentare quel sano confronto espressivo intergenerazionale che rientra fra le finalità del progetto Musicultura.

L’evento aprirà anche un’importante finestra internazionale sulla Città dell’Infinito. Sull’onda della media partnership di Musicultura con la Rai arriverà infatti a Recanati una troupe di RAI Italia per seguire da vicino questo importante snodo del concorso. I servizi che verranno realizzati raggiungeranno i due milioni di utenti che l’emittente conta nei cinque continenti.

Le canzoni finaliste andranno a comporre il CD Compilation di Musicultura 2023 e passeranno in mano alla programmazione radiofonica di RaiRadio1.
Otto saranno alla fine i vincitori di Musicultura che si esibiranno con i prestigiosi ospiti italiani ed internazionali nelle serate di spettacolo finali del Festival il 23 e il 24 giugno allo Sferisterio di Macerata.

Mario Venuti aprirà la due giorni di concerti dei Finalisti di Musicultura 2023

Mario Venuti aprirà giovedì 4 maggio la due giorni di Musicultura 2023 che vedrà esibirsi gli artisti finalisti della XXXIV edizione del concorso in due concerti in programma al Teatro Persiani di Recanati.

In attesa di svelare le generalità e le canzoni dei 16 finalisti, il direttore artistico Ezio Nannipieri ha anticipato oggi il nome del primo degli ospiti che si esibirà sullo storico palcoscenico recanatese del Festival.
La risposta positiva di Mario al nostro invito è un vero piacere. – Ha detto Ezio
Nannipieri – Lo stimiamo molto, è un artista puro, eclettico, curioso di ciò che lo circonda. Lui scrive, canta e compone senza domandarsi mai qual è la moda del momento, ma rispondendo alla propria ispirazione e alla propria coscienza. E poi trovo abbia una sensibilità davvero speciale, che probabilmente gli deriva anche dalla febbre brasiliana che gli arde dentro, nel coniugare con originalità parola, melodia, armonia, ritmo e approccio vocale.  È una peculiarità che lo rende un ospite adattissimo a portare la propria testimonianza in un contesto come quello del concorso, dove le molteplici sfumature che concorrono a creare il fascino obliquo di certe canzoni sono particolarmente apprezzate.”

Mario Venuti non sarà l’unico ospite delle due serate di spettacolo del 4 e 5 maggio al Teatro Persiani, altri artisti amici del Festival saliranno sul palco di Recanati, continuando ad alimentare quel confronto espressivo intergenerazionale che è uno dei tratti salienti del progetto Musicultura, con i giovani in concorso agli inizi delle loro carriere artistiche da un lato e personalità che hanno già raccolto successi e raggiunto popolarità dall’altro.
Intanto la grande macchina organizzativa del Festival e gli uffici tecnici del Comune di Recanati scaldano i motori in preparazione della due giorni di grande musica live che vedrà l’esibizione dei 16 finalisti scelti tra le 56 proposte artistiche ascoltate dal vivo al Teatro Lauro Rossi di Macerata, precedentemente selezionate tra le 1.113 candidature iniziali.

I concerti saranno due, il 4 e il 5 maggio, al Teatro Persiani, in collaborazione con Rai Radio 1. La radio ufficiale di Musicultura, trasmetterà in diretta dalle ore 21, subito dopo il Gr, le due serate condotte da Marcella Sullo, Duccio Pasqua e John Vignola. Sono previste anche le dirette streaming dei concerti sulla pagina Facebook di Musicultura e la diretta televisiva sulla televisione regionale èTV Marche, nonché i collegamenti con il telegiornale della Tgr Marche prima di ogni serata.

 

I finalisti di Musicultura 2023 in concerto a Recanati il 4 e 5 maggio

Musicultura e il Comune di Recanati annunciano oggi le date del concerto dei finalisti 2023 che si terrà nella città dell’infinito nelle serate del 4 e 5 maggio.
Dopo il successo delle Audizioni live che ha visto l’esibizione dal vivo di 56 artisti, la presentazione di 112 canzoni e la presenza di oltre 4000 spettatori al Teatro Lauro Rossi di Macerata, il Festival sbarca nella sua città natale, Recanati, per l’attesa due giorni di concerti live in anteprima nazionale degli artisti finalisti di questa nuova edizione.

Nella splendida cornice di un altro grande teatro storico delle Marche, il Teatro Persiani di Recanati, i 16 finalisti selezionati sulle 1113 candidature iniziali e sui 56 artisti ascoltati nelle audizioni live, si esibiranno in diretta su Rai Radio1 storico media partner del Festival.

In attesa di conoscere i nomi dei 16 protagonisti dei concerti, ad oggi ancora al vaglio della giuria del Festival, Musicultura si prepara ad organizzare due serate di grande spettacolo live condotte dagli amici di Musicultura di Rai Radio 1 Marcella Sullo, Duccio Pasqua e John Vignola e che, come da tradizione, vedrà la presenza e l’esibizione di importanti ospiti.

“Veniamo dal grande successo delle audizioni live di Macerata e ci prepariamo a costruire due serate di grande spettacolo live nella città che ha visto nascere e crescere Musicultura grazie all’intuizione e al grande lavoro di Piero Cesanelli co-fondatore e direttore artistico storico del Festival – ha detto il direttore artistico di Musicultura Ezio Nannipieri– Ora stiamo ultimando la rosa dei 16 finalisti 2023, i cui nomi verranno annunciati in una conferenza stampa nazionale nelle prossime settimane. A Recanati avremo il piacere di ascoltarli dal vivo e di farli conoscere alla grande platea di Rai Radio 1.”

Le canzoni finaliste andranno a comporre il CD Compilation di Musicultura 2023 e passeranno in mano alla programmazione radiofonica di Rai Radio 1 e al vaglio del Comitato Artistico di Garanzia del Festival quest’anno composto da Francesca Archibugi, Enzo Avitabile, Claudio Baglioni, Diego Bianchi, Francesco Bianconi, Boosta, Fabrizio Bosso, Angelo Branduardi, Maria Grazia Calandrone, Luca Carboni, Alessandro Carrera, Guido Catalano, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Teresa De Sio, Cristina Donà, Giorgia, Irene Grandi, La Rappresentante di Lista, Dacia Maraini, Mariella Nava, Vasco Rossi, Ron, Enrico Ruggeri, Tosca, Paola Turci, Roberto Vecchioni, Sandro Veronesi.

Otto saranno i vincitori di Musicultura che si esibiranno con i prestigiosi ospiti italiani e internazionali nelle serate di spettacolo finali del Festival nel mese di giugno allo Sferisterio di Macerata. Lì sarà il voto del pubblico ad eleggere il vincitore assoluto del Concorso, al quale andrà il Premio Banca Macerata di 20.000 euro.
Per scoprire in anteprima i futuri vincitori del Festival 2023 l’appuntamento è a Recanati il 4 e 5 maggio al concerto dei 16 finalisti, i biglietti sono disponibili presso la Biglietteria del Teatro Persiani di Recanati (aperta dal mercoledì al sabato, dalle 17.00 alle 19.30), presso la Biglietteria dei Teatri di Macerata, in tutti i punti vendita Vivaticket e online su vivaticket.com.

Ecco come sono andate le Audizioni Live 2023

Le cose successe e le emozioni provate nelle dieci serate di Audizioni live di Musicultura 2023 sono troppe per racchiuderle in poche righe, ma proviamo a sfogliare le pagine a ritroso per chi non c’era e avrebbe voluto esserci, per chi ci sarà e vorrà recuperare le puntate precedenti, ma anche per chi c’è stato e prova già nostalgia.

I numeri

A distanza di pochi giorni dalla conclusione delle Audizioni il bilancio è più che positivo: 56 gli audizionati, 256 i musicisti, più di 4200 gli spettatori in teatro e una copertura social dell’evento che supera 2 milioni di persone raggiunte.

Gli artisti in gara

Il sipario del Teatro Lauro Rossi si è aperto su un vero e proprio spaccato della musica italiana di oggi, un mondo variegato di stili, sensibilità, storie, sonorità diverse. Un condensato dell’Italia che suona e scrive canzoni, da Aosta a Trapani, si è dato appuntamento alle Audizioni di Musicultura 2023 dove le 56 proposte artistiche in gara hanno interpretato due brani del proprio repertorio. Tutta la musica sfilata sul palco del Teatro Lauro Rossi nei dieci giorni consecutivi di spettacolo è stata suonata rigorosamente dal vivo.

Ascolta tutte le esibizioni degli artisti delle Audizioni live.

Gli ospiti

Anche quest’anno le sorprese non sono mancate: il palco del Teatro Lauro Rossi ha ha accolto alcuni ospiti:

  • il conduttore radiofonico John Vignola, che ci trasportato nel mondo del compositore Burt Bucharach,
  • Morgan, che, fra le altre cose, “ha costruito” al piano un inedito omaggio a Maurizio Costanzo;
  • il duo composto da Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello ha riletto, pianoforte e tromba, uno “standard” della canzone italiana, Je so’ pazzo di Pino Daniele;
  • Elisa Ridolfi ha regalato al pubblico delle Audizioni una versione acustica e suggestiva di Felicità di Lucio Dalla;
  • Margherita Vicario, finalista a Musicultura all’inizio della sua carriera nel 2013, ha interpretato alcuni suoi successi fra cui Piña Colada.

Contaminazione ed eclettismo hanno contraddistinto i loro interventi, con cui hanno tracciato un itinerario musicale che va dalla canzone d’autore americana a quella europea e italiana e dal pop, al jazz, al fado.

La stampa e l’indotto

10 collegamenti con il Tgr Rai Marche, articoli sulle testate nazionali e locali, dirette streaming in cross-posting ogni sera con media partner generalisti e di settore.
A chiudere questo primo appuntamento del Festival, la simbolica sfilata dello staff dalla platea al palco posta in apertura della serata finale. Più di 60 persone fra regia, produzione televisiva, redazione, tecnici e addetti ai lavori; più di 100 studenti fra Università di Macerata, Università di Camerino e Accademia di Belle Arti di Macerata. Per qualche minuto, tutti gli ingranaggi invisibili che compongono la grande macchina di Musicultura hanno fatto da protagonisti e si sono rivelati al pubblico.
La prossima tappa del Festival è Recanati, dove si terrà il concerto dei finalisti che verranno selezionati fra le 56 proposte ascoltate.

Come sono andate le ultime due serate di Audizioni Live

Con il Teatro Lauro Rossi stracolmo e il pubblico curioso di scoprire le nuove proposte della serata, si apre il nono appuntamento con le Audizioni di Musicultura 2023.

La prima artista a salire sul palco è Lamante con i brani Come volevi essere e L’ultimo piano. Scura, secca, tagliente come le donne contadine della sua famiglia è la voce della cantautrice vicentina; il suo suono è invece quello del folklore delle foreste nordiche o dell’entroterra dell’Africa più nera, spesso distorto, selvaggio e psichedelico.

È la volta di Lei, che si esibisce ne La caduta di Lucifero e Uh Ah Ah, un canto di irrequietezza generazionale. «Racconto spesso – spiega l’artista sul palco – la mia generazione e quelle più giovani». «Il mio nome d’arte? Lei – prosegue – è la storia di un passaggio tra due identità contrastanti: una ligia al dovere, l’altra, quella della musicista, più  folle e visionaria”.

Terzo a proporre la sua produzione è Caruccio. Baby blue – spiega l’autore prima della sua performance – è una canzone che racconta di due anime che, in un linguaggio di diffidente amore, saranno capaci di star vicine solo graffiandosi. Sarajevo, invece, è un brano dal «retrogusto da telenovela romantica da seconda serata».

Incanta la platea con un’intima esibizione pianoforte e voce Margherita Vicario; gradita ospite della serata, la cantautrice romana canta Come noi, Piñacolada e Nota bene, brano con quale aveva partecipato a Musicultura all’inizio della sua carriera, 10 anni prima. Con ABAUÉ (Morte di un trap boy) chiude la sua performance coinvolgendo il pubblico nel coro che accompagna il pezzo.

Spazio poi a Leyla El Abiri, che presenta Funerale e Cranio. «Penso che la tristezza – afferma sul palco – sia la base dell’arte e aiuti a scrivere». E la scrittura, a sua volta, aiuta a “liberarsi”: per la cantautrice, i minuti successivi alla stesura di un brano sono infatti quasi un momento d’estasi, di catarsi.

A chiudere la serata sono Luca Muscarella & AD1, una band numerosa di origini anglo-siciliane. I brani che propongono al vaglio della giuria del Festival sono Sofia con la H, una ballad romantica, e 2006. «Mettere insieme nove teste è difficile – spiegano – ma a farci da guida c’è sempre l’amore per la musica».

Ad aggiudicarsi la Targa Banca Macerata, attribuita grazie al voto del pubblico, è Lamante.

Per un’ultima volta il teatro Lauro Rossi apre le sue porte al pubblico di Musicultura: siamo giunti all’appuntamento finale con le Audizioni Live della XXXIV edizione del Festival.

Apre la serata Luigi Friotto, che si esibisce con Tutte le stelle dell’altro polo e Mirecah. Il primo singolo mutua l’Inferno dantesco: come il poeta scende nel regno ultraterreno del peccato, così il brano si prefigge di «affondare nel terreno minato della coscienza umana», spiega il suo autore.

La seconda a calcare il palco è Mira con Morire con te e Dio ti ho inventato io. Il secondo brano, come racconta la giovane artista, è una ricerca della fiducia in se stessi e un’esortazione ad amarsi: la protagonista è una ragazza che, per colmare una mancanza d’amore, dapprima si inventa un Dio, poi comprende che quel vuoto può essere sanato solo imparando ad amare se stessa.

È poi la volta del cantautore bresciano Matteo Faustini. Dopo Il girasole innamorato della luna, porta sotto i riflettori la tenerezza di Laura, dedicata alla sorella: «Sarò al tuo fianco a dirti che ti voglio bene, anche quando sbagli […] perché nella vita c’è anche spazio per sbagliare», recita il testo.

Cassio, invece, tra una fisarmonica, una chitarra acustica e una elettrica, propone Bene uguale e Marti, brano, quest’ultimo, che affronta il tema delicato della tossicodipendenza e, spiega il suo autore, «del vivere una vita ammanettati» a quest’ombra.

Quinta a esibirsi è Ro’Hara. Sa di te ricorda il sapore amaro di un abbandono; Filo d’oro parla della speranza che può nascere da un incontro favorevole in un momento buio della vita. Dopo aver presentato così i suoi brani, l’artista dichiara ai microfoni del Festival che ama ascoltare la musica isolandosi nella natura, dove può immergersi in un mondo intessuto di note.

E poi? E poi c’è Emilio Stella, che con Cose piccolissime lancia un invito: ricordare le preziose semplicità della vita che spesso si danno per scontate; la sensazione opprimente dopo un’aspra litigata, un cartone di pizza vuoto e un pennarello blu sono i tre ingredienti, invece, da cui nasce È un flusso di incoscienza.

A calcare per ultima il palco è Nudha, che propone MolossA e Oggi no, due pezzi, spiega dopo la sua esibizione, che la riguardano personalmente, nei quali riversa la sua rabbia ed esprime il suo desiderio di riscatto.

The winner is Luigi Friotto! Finisce nelle mani del cantautore abruzzese il Premio Banca Macerata, attribuito dal pubblico alla performance più gradita della serata.